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Incidenti sul lavoro: come la frenesia del profitto mette a rischio la vita?

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  • L'Inail segnala 502 vittime sul lavoro nei primi sei mesi del 2025.
  • Aumentano del 33.3% gli incidenti mortali “in itinere”.
  • Il 57% chiede supporto psicologico per difficoltà legate al lavoro.

Ondata di tragedie sul lavoro in Brianza: un’analisi approfondita

Il giorno 8 settembre 2025 si sono verificate in provincia di Monza e Brianza una serie di circostanze impreviste e inquietanti, focalizzando nuovamente l’attenzione sul tema della sicurezza nei contesti lavorativi. Un operaio quarantottenne ha tragicamente perso la vita a Monza, rimanendo schiacciato sotto il peso imponente di attrezzature utilizzate presso una fabbrica specializzata nella produzione di valvole industriali. La ricostruzione precisa dell’incidente rivela che l’operaio, originario della Guinea, fu colpito alla testa dalla leva del tornio; tale situazione resta attualmente oggetto d’analisi approfondita da parte degli esperti dell’Ats, nonché delle unità mediche del servizio sanitario emergenziale 118 e delle forze dell’ordine locali. Il macchinario implicato nell’incidente è stato prontamente messo sotto sigillo per agevolare le indagini necessarie al chiarimento dei fatti accaduti. Nello stesso ambito geografico, ma in zona Desio, si segnala anche il grave incidente occorso ad un altro operatore: questo trentasettenne è infatti precipitato dall’impalcatura, riportando lesioni molto gravi; la sua caduta dal ponteggio collocato sulla facciata esterna di un condominio privato ha raggiunto il piano sottostante dopo oltre dieci metri ed ora le sue condizioni risultano essere considerate estremamente critiche, stando ai referti medici forniti dal personale sanitario impegnato nel soccorso presso l’ospedale San Gerardo situato a Monza. Sul luogo dell’incidente hanno prontamente risposto le squadre dell’automedica, accompagnate da un’unità dell’ambulanza, dai servizi dei vigili del fuoco, della polizia locale e dall’Ats.

Tali tragici avvenimenti non costituiscono fenomeni isolati; si collocano invece in uno scenario nazionale profondamente preoccupante. Solo nelle successive 24 ore si sono verificati ulteriori decessi legati al lavoro in diverse località italiane: a Torino ha perso la vita un operaio; nel Catanese vi è stata una seconda vittima; infine a Roma abbiamo assistito alla morte drammatica di Daniele Cucchiaro, 47 anni, colpito fatalmente dal ribaltamento di un muletto mentre svolgeva operazioni sulla banchina del Tevere nei pressi di Piazza Trilussa. La sua attività consisteva nel caricare il mezzo su camion quando il veicolo avrebbe ceduto rovesciandosi sopra di lui senza che alcuna causa fosse ancora chiarita; era presente solo al momento della tragedia ed è stata necessaria la segnalazione da parte di uno spettatore attento per far scattare i soccorsi. Alla luce anche degli ultimi eventi occorre rimarcare con urgenza la necessità imperativa di permettere un sistema lavorativo più sicuro. L’aumento inquietante degli incidenti potenzialmente letali invita fortemente ad adottare strategie preventive ed efficaci condotte concordate fra tutte le entità coinvolte.

I dati sull’incidentalità lavorativa pubblicati dall’Inail rivelano un quadro inquietante per i primi sei mesi del 2025*: ci sono state 502* vittime nel contesto lavorativo. Si registra così un incremento di ben 33 unità se paragonato all’analogo intervallo temporale dell’anno precedente*, dove le perdite ammontavano a 469 (+7%). Entrando nei dettagli più specifici della questione: i decessi avvenuti direttamente sui luoghi di impiego hanno mostrato una lieve flessione; infatti sono scesi da 364* a solo 362*, corrispondente a una diminuzione dello (0.5%). D’altro canto, però, gli incidenti verificatisi durante gli spostamenti tra la propria abitazione e l’occupazione – definiti come “in itinere” – hanno visto un drammatico rialzo passando dai già preoccupanti 105* ai segnati 140*, ossia un esorbitante +(33.3%). Questi aumenti risultano coerenti con la crescita generale degli incidenti mortali che affliggono il Paese: per i soli primi sette mesi del 2025*, emergono dati allarmanti riguardo agli infortuni letali che raggiungono la cifra totale di 432. Nuovamente, questa tipologia di incidenti legati agli spostamenti ha incrementato complessivamente tale percentuale portando a uno sconvolgente +(24.4%) rispetto alle stesse settimane dell’anno passato.

Tale fenomenologia riveste una valenza significativa nell’ambito della psicologia cognitiva e comportamentale1, oltre a interessare dimensioni traumatiche, salute mentale e relatività medicinalmente pertinente all’argomento. Siamo davanti, infatti, a argomenti fondamentali

Un incidente sul posto di lavoro si manifesta non solo come una sciagura fisica, ma anche come un evento traumatico capace di esercitare profondi effetti sulla psiche delle vittime sopravvissute, così come sui colleghi e sui membri della famiglia coinvolti. La manifestazione del Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), purtroppo comune tra chi vive esperienze di grave infortunio o assiste a eventi drammatici, ne costituisce una diretta conseguenza. I sintomi associati sono variabili: dall’insorgere di flashback a incubi ricorrenti; dall’ansia intensa alla volontà di estraniarsi da situazioni o ambienti legati al trauma vissuto. Tale perturbazione emotiva ha il potenziale per compromettere drasticamente aspetti essenziali della vita quotidiana: dalla qualità relazionale alla riassunzione delle normali attività lavorative. L’approccio della psicologia cognitiva, nell’affrontare queste esperienze devastanti, rivela importanti indicazioni circa l’impatto su processi mnemonici ed elaborativi del pensiero—una ricerca delle distorsioni cognitive insite nel ciclo traumatizzato degli individui colpiti. Parallelamente, dal versante della psicologia comportamentale, ci si sofferma sulle risposte condizionate emerse dagli eventi traumatici stessi e sulle modalità disfunzionali correlate ai meccanismi adattivi sviluppati nei soggetti interessati. Frequentemente correlati al PTSD, trovano spazio sia stati d’ansia intensificata sia episodi depressivi—una combinazione patologica destinata ad articolarsi all’interno dell’unico modello clinico necessario per affrontare tale complessità terapeutica con coerenza ed efficacia. L’Università di Padova ha recentemente realizzato uno studio che mette in luce un aumento preoccupante dell’impatto psicologico sulle persone che subiscono incidenti lavorativi. I risultati mostrano una connessione significativa tra gli eventi traumatici e l’insorgenza di stati d’ansia, così come manifestazioni depressive, suggerendo una necessità urgente di attenzione per questo gruppo vulnerabile.

specialmente

Statistiche recenti sugli incidenti sul lavoro in Italia (2025) – 502 morti nei primi sei mesi, +7% rispetto al 2024. – 432 morti nei primi sette mesi, anche se sono stati registrati più incidenti “in itinere”. – Aumento del 24,4% degli incidenti durante il tragitto casa-lavoro.

Sul fronte della salute mentale, è cruciale riconoscere che il lavoro, inteso come luogo di produttività e realizzazione, può trasformarsi in fonte di grave sofferenza psicologica quando la sicurezza viene meno. La medicina correlata alla salute mentale offre strumenti diagnostici e terapeutici per affrontare queste patologie, ma la sfida più grande rimane la prevenzione. Non si tratta solo di curare, ma di creare un sistema che protegga attivamente la mente dei lavoratori, consapevole che un corpo illeso non garantisce una mente sana. Le conseguenze psicosomatiche degli infortuni, spesso trascurate, possono manifestarsi attraverso dolori cronici, disturbi del sonno e una generale diminuzione del benessere. Promuovere una cultura della sicurezza significa quindi promuovere una cultura del benessere psicologico, della resilienza e del supporto reciproco, elementi fondamentali per una società che valorizza la vita umana in tutte le sue dimensioni.

Immagine raffigurante uomini che sostengono strutture astratte, metafora delle sfide lavorative.

Le principali cause degli infortuni sul lavoro e la “frenesia del profitto”

Indagare le cause degli incidenti sul lavoro significa gettare luce su un problema complesso, che affonda le radici in dinamiche economiche, organizzative e umane. Le statistiche e le analisi condotte in Italia evidenziano come la “frenesia del profitto” sia spesso identificata come la causa principale. Questa logica, che privilegia il risparmio e il massimo guadagno, tende a sacrificare la qualità, il merito e, soprattutto, la sicurezza. Questo approccio economico contribuisce a un ambiente lavorativo in cui le misure preventive sono sottovalutate o insufficienti, portando a conseguenze devastanti per i lavoratori.

Le cause più comuni e ricorrenti di infortuni includono:

  • Movimentazione delle merci: principale responsabile, con oltre 300.000 casi registrati ogni anno rilevati dall’INAIL.
  • Cadute: rappresentano circa un quarto degli infortuni totali e possono causare lesioni gravi e invalidanti. I dati indicano che la caduta da ponteggi rimane una delle più letali.
  • Uso di utensili e masse in movimento: oltre il 15% degli infortuni sono legati a incidenti con macchinari, spesso causati da distrazione e fretta.

Un’analisi del contesto italiano mostra che le richieste di supporto psicologico sono aumentate notevolmente, segnalando un disastro non solo fisico, ma anche mentale: più del 57% delle persone che richiedono supporto dichiarano difficoltà legate al lavoro, con il burnout che colpisce un numero crescente di lavoratori, in particolare tra le fasce più giovani della popolazione.

Dati chiave sulla prevenzione degli infortuni – Aumento delle richieste di supporto psicologico legato al lavoro: +17,9% nel primo trimestre 2024. – Il burnout riguarda otto su dieci lavoratori in alcune aziende. – Le richieste di supporto provengono prevalentemente da lavoratrici (66,3%).

Glossario:

  • PTSD: Disturbo Post-Traumatico da Stress, condizione psicologica che può seguire eventi traumatici.
  • Burnout: Sindrome di esaurimento professionale causata da stress lavorativo protratto.
  • INAIL: Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro, ente italiano che gestisce l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.

Prevenzione e supporto psicologico: strategie per un futuro più sicuro

La prevenzione degli infortuni sul lavoro e il supporto psicologico per le vittime e i loro familiari sono due pilastri fondamentali per costruire un ambiente lavorativo più umano e sicuro. Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D. Lgs. 81/08) stabilisce un quadro normativo che mira a un sistema di gestione della sicurezza preventivo e permanente. Questo include l’identificazione dei fattori e delle sorgenti di rischio, la loro riduzione al minimo, il controllo continuo delle misure preventive e l’elaborazione di una strategia aziendale che integri tutti gli aspetti organizzativi, tecnologici e operativi. È riconosciuto che la sicurezza non è solo un obbligo delle aziende, ma richiede un’implicazione individuale e collettiva per diminuire i rischi.

Le buone pratiche per la prevenzione sono molteplici e includono:

  • Valutazione dei rischi accurata: fondamentale per identificare potenziali pericoli.
  • L’aggiornamento costante dei lavoratori: è imprescindibile affinché ogni dipendente sia al corrente delle normative riguardanti la sicurezza sul luogo di lavoro.
  • L’uso appropriato dei dispositivi di protezione individuale (DPI): rappresenta una componente critica per garantire la propria integrità durante le ore dedicate al lavoro.

Nella sfera della prevenzione emerge anche con vigore il tema del sostegno psicologico, che risulta essere uno strumento d’importanza cruciale per ridurre gli effetti collaterali legati a incidenti occorsi. Gli individui colpiti da eventi avversi nel contesto lavorativo presentano spesso sintomi variegati come il citato disturbo da stress post-traumatico (PTSD), oltre a forme d’ansia ed episodi depressivi. Queste problematiche psichiche possono dimostrarsi estremamente limitanti quanto le stesse ferite fisiche riportate. Indagini scientifiche attestano che l’intervento immediato ed accuratamente orientato nell’ambito della salute mentale possa apportare risultati positivi notevoli nel processo di recupero così come nelle modalità d’integrazione sia sociale sia professionale degli interessati. Entità come il C. N. O. P. (Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi), insieme all’A. N. M. I. L. (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro), hanno riconosciuto tale esigenza promuovendo attivamente iniziative progettuali volte alla creazione di efficaci servizi dedicati al sostegno psicologico rivolti a chi ha vissuto severe esperienze traumatiche sul piano lavorativo, nonché ai loro familiari costretti a far fronte alle conseguenze mortali legate agli incidenti sul posto di lavoro.

La resilienza e l’ecosistema del benessere lavorativo

Il fenomeno degli incidenti sul lavoro, al di là delle cifre e delle statistiche, ci interpella profondamente sulla natura della nostra psiche e sulla sua capacità di fronteggiare eventi traumatici. È qui che la psicologia cognitiva ci offre una lente preziosa. Dopo un infortunio, la mente umana tende a elaborare l’evento in modi che possono facilitare o ostacolare il recupero. Una nozione fondamentale è quella della “rimuginazione” o “ruminazione mentale”: la tendenza a ripensare continuamente all’evento traumatico, analizzandolo in ogni dettaglio. Questo processo, apparentemente finalizzato a trovare un senso o una soluzione, può in realtà intrappolare l’individuo in un ciclo di ansia e paura, impedendo l’elaborazione emotiva e prolungando la sofferenza.

Per affrontare questa sfida, la psicologia comportamentale ci fornisce strumenti pratici. Tecniche come la “defusione cognitiva”, che insegna a osservare i propri pensieri senza lasciarsi sopraffare da essi, o l’esposizione graduale a stimoli legati al trauma (come tornare sul luogo dell’incidente o riprendere attività simili in un ambiente protetto), sono fondamentali per ristrutturare le risposte emotive e comportamentali. Si tratta di “ri-addestrare” il cervello a non percepire più il pericolo dove non c’è, o a gestirlo in modo funzionale dove il rischio è reale. Il supporto psicologico, in questo senso, non è solo un “conforto” ma un vero e proprio percorso di riabilitazione cognitiva e comportamentale.

Guardando a una nozione più avanzata di psicologia della salute, possiamo introdurre il concetto dell’“ecosistema del benessere lavorativo”. Non si tratta solo di eliminare i pericoli fisici, ma di creare un ambiente dove il lavoratore si senta supportato, riconosciuto e psicologicamente sicuro. Questo include aspetti come la formazione sulla gestione dello stress, la promozione di relazioni interpersonali positive, la chiarezza dei ruoli e la possibilità di esprimere preoccupazioni senza timore di ritorsioni. Un ecosistema del benessere lavorativo è un sistema olistico in cui la sicurezza fisica e quella psicologica sono indissolubilmente legate. Se un lavoratore è oberato di lavoro, sotto pressione costante per obiettivi irrealistici, o se percepisce un’atmosfera di scarsa considerazione per la sua persona, la sua attenzione e la sua prontezza ai rischi diminuirà drasticamente, rendendolo più vulnerabile agli incidenti, anche laddove le protezioni fisiche siano presenti. Il percorso di riflessione individuale che emerge da tali argomentazioni rivela una questione cruciale: quanta volontà abbiamo di dedicare risorse alla salute mentale e al benessere generale dei lavoratori? Non possiamo continuare a considerare la sicurezza come un elemento secondario o come spesa da ridurre. Si tratta piuttosto di un investimento fondamentale, sia nella vita delle persone che nella produttività duratura, così come nella qualità della collettività in cui viviamo. Ogni episodio tragico accaduto sul posto di lavoro costituisce una ferita profonda non soltanto per il diretto interessato e i suoi cari, ma anche per l’intero contesto sociale; questo subisce infatti il colpo dell’uscita dal circuito attivo di individui estremamente qualificati ed esperti e osserva affievolirsi il proprio senso di fiducia nei meccanismi istituzionali. Si presenta quindi l’urgenza imperiosa di trascendere l’ottica puramente commerciale legata all’ambito lavorativo, abbracciando invece un approccio più umanistico ed etico; questa evoluzione deve portare al riconoscimento che alla base dello sviluppo si colloca la salvaguardia dell’essere umano, considerando ogni sua sfumatura.


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