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Incidenti agricoli: come la mancanza di sicurezza impatta la salute mentale

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  • Nel 2023, l'INAIL ha registrato 26.546 denunce di infortunio, in calo del 19,7% rispetto al 2019.
  • Incidenti mortali nel primo trimestre 2025: aumento del 27% rispetto all'anno precedente.
  • L'età media dei soggetti coinvolti in incidenti agricoli è di 49 anni.
  • Il 46,8% degli incidenti si verifica nel nord Italia, ma il 29,2% dei decessi nel sud.
  • Il tasso di suicidi nel settore agricolo è del 20% superiore.

L’Italia continua a vivere nell’angoscia dopo l’ultima tragica perdita sul posto di lavoro: un giovane uomo di soli sedici anni ha perso la vita nella Val d’Arno toscana in seguito al capovolgimento del suo trattore. Questo evento scioccante non rappresenta semplicemente una singola fatalità; esso rientra invece in una realtà ben più inquietante che investe l’agricoltura italiana. Si tratta infatti di una problematica frequentemente ignorata nel discorso pubblico nazionale; tuttavia le sue implicazioni risultano fondamentali tanto sul piano fisico quanto su quello psicologico.

Secondo i rilievi forniti dall’INAIL relativi al periodo 2019-2023 – sebbene emerga una leggera diminuzione delle segnalazioni complessive degli incidenti – la statistica suggerisce comunque numeri preoccupanti con circa 150 decessi registrati annualmente. Emerge poi la possibilità che tali dati possano essere anche superiori, poiché occorre tener conto della vasta dimensione del mercato sommerso e delle restrizioni inerenti alla registrazione ufficiale degli eventi avversi lavorativi. Un aspetto cruciale messo in luce dall’Osservatorio indipendente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali dell’Università Statale di Milano (DiSAA), particolarmente attento ai decessi causati da ribaltamenti dei mezzi agricoli come i trattori. Questo osservatorio, attraverso una metodologia di ricerca basata sull’analisi delle notizie pubblicate sui media locali, fornisce una stima più realista del fenomeno, rivelando che il solo ribaltamento dei trattori causa oltre 120 decessi all’anno, superando di gran lunga le statistiche ufficiali che includono tutte le tipologie di incidenti.

Statistiche recenti: Nel 2023 l’INAIL ha registrato 26.546 denunce complessive di infortunio, un dato stabile rispetto al 2022 ma in netta diminuzione (-19,7%) rispetto al 2019, quando le denunce superavano le 33.000 unità.

Nel 2023, l’INAIL ha registrato 26.546 denunce complessive di infortunio, un dato stabile rispetto al 2022 ma in netta diminuzione (-19,7%) rispetto al 2019, quando le denunce superavano le 33.000 unità. Un calo simile si osserva negli infortuni mortali, che nel 2023 sono scesi a 138, quattro in meno rispetto all’anno precedente e trentatré in meno rispetto al 2019. Nonostante questo apparente trend positivo, i dati provvisori del 2024 dipingono uno scenario più complesso, con una riduzione dell’1% nelle denunce totali ma un preoccupante aumento del 10,1% nei casi mortali rispetto ai dati provvisori del 2023. Ciò suggerisce che, pur calando gli infortuni complessivi, la loro gravità e letalità rimangono una questione critica. È fondamentale considerare anche il calo dell’occupazione nel settore agricolo, che contribuisce solo in parte alla diminuzione degli infortuni, evidenziando comunque un miglioramento relativo nella sicurezza.

Le statistiche dell’INAIL mostrano che, nel quinquennio 2015-2019, si sono verificati complessivamente 788 incidenti mortali, mentre nel quinquennio 2019-2023 il numero è calato a 740, pari a una media di 145 decessi all’anno. Nonostante ciò, gli incidenti mortali relativi al primo trimestre del 2025 sono stati 19, segnando un incremento del 27% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Anno Denunce infortuni Infortuni mortali

33. Il contesto del settore agricolo è contraddistinto da una forza lavoro che presenta evidenti segni di invecchiamento; infatti circa il cinquanta percento delle persone coinvolte negli incidenti sul lavoro sono agricoltori autonomi. Le statistiche del 2023 rivelano che una netta predominanza degli incidenti ha interessato uomini sopra i cinquant’anni, raggiungendo un apice nella fascia d’età compresa tra i 55 e i 59 anni. È particolarmente inquietante osservare come dai dati relativi agli incidenti fatali emerga che quasi il settanta percento dei decessi appartiene alla categoria dei lavoratori over 55, mettendo ancor più in risalto le cifre preoccupanti relative ai gruppi comprendenti gli individui fra 65 e 69 anni, registrando un’incidenza del sedici virgola sette percento (16.7%), mentre anche coloro oltre i settantaquattro (12.5%) mostrano valori significativi nel totale delle vittime occorse nel settore. Tali risultati rimarcano chiaramente l’importanza dell’età come indicatore cruciale del rischio professionale esistente nel campo dell’agricoltura; essenziale diventa considerare come continui ad esserci l’abitudine di proseguire l’attività lavorativa molto al di là della soglia prevista per il pensionamento ufficiale utilizzando attrezzature spesso obsolete. Si evidenzia come l’età media dei soggetti coinvolti in incidenti agricoli si attesti su valori pari a 49 anni, superando significativamente i 43 anni tipici degli ambiti lavorativi alternativi. La situazione diviene ancor più allarmante considerando che tra coloro che hanno oltre 64 anni ben 40% delle vittime incappa per fatalità all’interno dell’agricoltura rispetto a un esiguo 8% della stessa fascia d’età negli altri campi professionali. Rispondendo alle variabili geografiche, emerge come le regioni settentrionali mostrino una prevalenza nel numero totale di incidenti registrati – con un preoccupante 46,8%. D’altro canto, però, le statistiche sul tasso degli incidenti letali pongono il Sud al primo posto con uno sconvolgente 29,2%.

Gli aspetti maggiormente critici del processo produttivo comprendono azioni come quella legata alla preparazione del suolo (24.8%) ed alle pratiche zootecniche (24.0%), nelle quali l’uso intensivo della tecnologia gioca un ruolo chiave nella proliferazione delle disgrazie occorse. Analizzando le origini predominate delle lesioni subite dai lavoratori tramite le categorie definite dall’INAIL (classificazione Esaw/3), queste emergono come dovute principalmente a cadute (27%) ed agli insuccessi nella gestione sicura dei mezzi operativi – inclusa l’incapacità nel mantenimento dell’equilibrio durante manovre rischiose – verificatisi rispettivamente nel (23%).

Ulteriormente rilevanti risultano anche i problemi correlati ai carichi fisici derivanti da sforzi ripetuti non visibilmente appesantiti con l’incremento dell’attività motoria (20%), coadiuvati da situazioni dove non emerge alcun apparente affaticamento (non impegno fisico evidente). Una nota grave riguarda i decessi dipendenti dalla manipolazione errata operativa sul parco macchine; ciò vale a mettere in evidenza quanto siano preoccupanti gli sbalzi corporei causati dalle esibizioni lamentabili molte volte riscontrate. Le ricadute psicologiche aventi seguito a queste tragiche esperienze tendono frequentemente a essere sottovalutate, poiché generano difficoltà riconoscibili principalmente mediante sintomi legati all’ansia, percettiva al caos, vivencia profonda contemporaneamente, se mai andando coscientemente a sentire idee irrazionali abnormemente smottate. Mentre taluni studi globalizzando artefatti viabilissimi rendono plausibile relazioni dirette, inducono completamente dati precisi a finestre predecimali sull’aumento inaudito sopra citato, stimiamo ratio approssimativamente anziché piuttosto sovradimensionato, sospesi in una drammatica rivelazione mantenuta proporzionalità dal breve periodo accuratamente vicino all’estremo.

La problematica dei mezzi obsoleti e la resistenza al cambiamento

Stime recenti: La rivista specializzata _L’Informatore Agrario_ stima che in Italia ci siano circa 670.000 trattori non conformi alle attuali misure di sicurezza, specialmente per quanto riguarda la protezione contro il ribaltamento. Molti di questi veicoli hanno un’età compresa tra i trenta e i cinquanta anni, e alcuni sono addirittura più vecchi.

La prevalenza degli incidenti in agricoltura è strettamente legata all’età e alle condizioni dei mezzi agricoli. La struttura di protezione contro il ribaltamento (ROPS, acronimo di _Rollover Protection Structure_), obbligatoria per i trattori venduti dal 1974, è spesso assente nei mezzi più datati o, se presente, viene rimossa o mantenuta in posizione abbassata. Questo comportamento, in particolare per i trattori da vigneto e frutteto, è motivato dalla macchinosità delle operazioni di abbassamento e rialzo del ROPS, oltre alla necessità di operare sottochioma per evitare danni alla vegetazione.


Il professor Domenico Pessina, fondatore dell’Osservatorio indipendente sulle morti da ribaltamento dei trattori del DiSAA, sottolinea che _il ROPS da solo non è sufficiente_ a garantire la sicurezza del conducente. Per un’efficacia completa, deve essere _abbinato all’uso della cintura di sicurezza_. Tuttavia, la scarsa diffusione dell’uso della cintura tra gli agricoltori rappresenta un ulteriore fattore di rischio. Gli operatori lamentano che la cintura impedisca i movimenti, considerandola un intralcio per le frequenti discese dal mezzo necessarie per controllare il lavoro. Questo atteggiamento, sebbene comprensibile dal punto di vista pratico immediato, _ignora le conseguenze potenzialmente fatali in caso di ribaltamento_, dove il conducente senza cintura può essere sbalzato fuori dall’abitacolo e schiacciato dal mezzo stesso, o addirittura urtare contro il ROPS progettato per proteggerlo.

Il tasso di irregolarità per 100 occupati nel biennio 2021-2022 è diminuito a poco più del 20%. In un settore dove spesso il lavoratore vive sul luogo di lavoro, il tasso di irregolarità è del 30% per i lavoratori dipendenti.

Initiatives for Safety: Negli ultimi anni sono state lanciate diverse iniziative per migliorare la sicurezza: l’Accademia dei Georgofili e l’INAIL hanno collaborato a corsi di formazione per sensibilizzare gli agricoltori sull’importanza dell’uso dei dispositivi di protezione.

Le statistiche drammatiche dell’Osservatorio, che annualmente registrano oltre cento morti causate dal ribaltamento dei trattori, con picchi di 140 decessi, confermano che _nonostante gli strumenti di protezione esistenti, la cultura della sicurezza è ancora insufficiente_.

Nel 2006 l’INAIL aveva pubblicato delle linee guida volte ad adeguare tutti i trattori, inclusi i più vecchi, con il ROPS. Tuttavia, essendo solo linee guida e non norme vincolanti, i controlli sono stati molto scarsi e l’attuazione di queste misure è rimasta limitata. Un tentativo legislativo più decisivo risale al 2015, quando fu approvato un decreto che imponeva la revisione periodica di trattori e macchine agricole, analogamente a quanto avviene per le autovetture. A distanza di dieci anni, però, i decreti attuativi sono ancora in attesa. Ogni anno, il cosiddetto decreto “Milleproroghe” include una proroga di questa legge, posticipandone l’applicazione. Le ragioni di questo continuo rinvio sono principalmente politiche ed economiche. Il parco trattori italiano è mediamente molto datato, e un’applicazione rigorosa della legge comporterebbe per molti mezzi la necessità di interventi di adeguamento costosi, spesso superiori al loro valore, rendendo la rottamazione quasi inevitabile. Questo scenario genererebbe un malcontento generalizzato tra gli agricoltori, di cui nessun esponente politico finora ha voluto o avuto il coraggio di farsi carico.

Purtroppo, le statistiche parlano di oltre 600 trattori sprovvisti di ROPS e di oltre 1 milione di trattori mancanti di cintura di sicurezza. I finanziamenti e gli incentivi offerti dallo Stato mirati a svecchiare il parco mezzi si sono rivelati avere un effetto piuttosto contenuto. Spesso insufficienti rispetto all’elevato costo dei trattori moderni — i quali possono superare addirittura i _100.000 euro_ — tali fondi sono stati distribuiti attraverso modalità quali i _click day_. Questi ultimi hanno favorito una rapida presentazione delle domande anziché fornire un’analisi dettagliata riguardo alle vere necessità delle imprese agricole; in tal modo, molte piccole realtà o quelle dotate di risorse tecniche limitate sono state escluse dalla partecipazione ai bandi previsti. Nonostante le case produttrici continuino a evolvere soluzioni tecnologiche innovative come il _geofencing_, capace di arrestare autonomamente i veicoli in situazioni potenzialmente pericolose, queste stesse innovazioni risultano privilegiate da grandi corporation in grado di effettuare ingenti investimenti economici. Di conseguenza, la maggior parte degli agricoltori italiani è costretta a utilizzare attrezzature obsolete ed è costantemente esposta a notevoli rischi quotidiani. La questione della sicurezza agricola trascende il mero aspetto tecnico; essa incarna un’inerzia politica e riflette l’incapacità culturale di allinearsi a parametri contemporanei di protezione. Tale situazione comporta effetti distruttivi sia sulla vita che sulla salute psicologica degli attori coinvolti nel settore.

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L’impatto sulla salute mentale degli agricoltori

L’immagine idilliaca dell’agricoltore che lavora a contatto con la natura, in ritmi rilassati e in un ambiente sereno, è purtroppo _lontana dalla realtà quotidiana_ di un settore caratterizzato da _un elevato grado di incertezza e stress cronico_. Gli agricoltori vivono costantemente sotto pressione, senza avere il controllo su fattori produttivi cruciali come le condizioni meteorologiche, il costo di fertilizzanti, gasolio e agrofarmaci, né sul prezzo di vendita dei propri prodotti. Aumentano così l’ansia e la sensazione di impotenza di fronte a variabili esterne incontrollabili. A questo si aggiunge un peggioramento della percezione sociale del mestiere: se in passato l’agricoltura era vista come un lavoro umile ma fondamentale per la nutrizione e la tutela del territorio, oggi gli agricoltori sono spesso percepiti come “inquinatori” o “parassiti” che si lamentano pur ricevendo sussidi statali.


La fatica fisica inerente a un lavoro tra i più usuranti, l’esposizione a sostanze potenzialmente nocive e la frequenza di infortuni – con un tasso di mortalità sul lavoro superiore del 233% e un tasso di infortuni del 18% più alto rispetto ad altri settori, secondo Eurostat nel 2020 – contribuiscono a creare un _contesto psicologicamente logorante_. L’isolamento geografico, tipico delle aree rurali, amplifica queste difficoltà, rendendo più arduo per gli individui in sofferenza cercare aiuto. La mentalità tradizionale dell’uomo “tutto d’un pezzo”, che crede di dover cavarsela da solo, ostacola ulteriormente la richiesta di supporto. In questo ambiente, forme di stress, _burnout_ e depressione trovano terreno fertile per diffondersi.

Nei paesi come l’Irlanda si verifica un suicidio di un agricoltore ogni due giorni. Un dato drammatico che evidenzia un vero e proprio stato di emergenza.

Il tasso di suicidi nel settore agricolo è del 20% superiore rispetto ad altri settori produttivi: una statistica drammatica rimasta a lungo sottaciuta per la tendenza a minimizzare il malessere psicologico in questo ambito. Tuttavia, come testimoniano iniziative come quella presso l’Accademia dei Georgofili e l’attenzione crescente a livello europeo, la sensibilità verso il problema sta aumentando. Il documento elaborato dal Thematic Group on Supporting the Mental Health of Farmers and Farming Communities, nell’ambito della rete EIP-AGRI, ha identificato dodici “ingredienti chiave” per affrontare sistemicamente la questione.

Tra questi, _l’abbattimento dello stigma associato alla salute mentale_ è il primo passo: campagne di comunicazione sono necessarie per normalizzare il tema e incoraggiare a chiedere aiuto. _Contrastare l’isolamento è vitale_, attraverso progetti come Farmwell e SafeHabitus, che promuovono nuove forme di socialità e creano reti di sostegno tra pari, dove agricoltori con esperienze simili possono dialogare e offrire supporto pratico e psicologico. In Irlanda e Polonia, ad esempio, sono stati creati programmi di mentoring tra pari, mentre in alcuni casi sono state sviluppate reti specifiche per le donne in agricoltura per affrontare pressioni aggiuntive.

Il ruolo di tecnici, veterinari e consulenti che frequentano le aziende agricole è cruciale, in quanto possono essere i primi a cogliere i segnali di disagio. Programmi come On Feírm Ground (Irlanda) formano questi professionisti per riconoscere i sintomi di stress e depressione e indirizzare gli agricoltori verso i servizi adeguati. La prevenzione si rafforza con l’informazione: in Austria, il programma _Lebensqualität Bauernhof_ offre percorsi formativi su gestione dello stress e conflitti familiari, mentre in Belgio, _Seeds of Happiness_ lavora con i giovani agricoltori per rafforzare le loro competenze relazionali e psicologiche. A livello comunitario, sono essenziali servizi di ascolto e consulenza accessibili, come un numero verde gratuito e volontari o psicologi e consulenti specializzati. L’anonimato è garantito da linee telefoniche riservate e servizi online.

Programmi come _Embrace Farm_ in Irlanda supportano le famiglie colpite da incidenti agricoli, creando spazi di memoria e sostegno.

L’approccio comunitario è fondamentale: i gruppi di agricoltori devono avere accesso a reti di supporto che possano aiutarli nei momenti di crisi. Nel contesto francese, la Mutualité Sociale Agricole (MSA) ha messo a punto un significativo Piano nazionale volto alla _prevenzione del suicidio_, cercando di integrare gli interventi relativi alla salute mentale all’interno dell’architettura della protezione sociale. L’attuazione duratura delle varie iniziative è sostenuta da finanziamenti sistematicamente stabili e dalla loro assimilazione ai regimi previdenziali; una situazione parallela si riscontra in Finlandia attraverso il progetto denominato _Mela_. Sul fronte tedesco, la SVLFG ha fatto sì che le misure riguardanti la salute mentale venissero incorporate nelle polizze assicurative disponibili; questo include servizi come linee d’emergenza specifiche per tali problematiche nonché formazione adeguata e obbligatoria sull’analisi dei rischi psicosociali. Tutti questi elementi convergono verso quello che può essere definito un _ecosistema di supporto_, capace di connettere differenti entità quali istituzioni pubbliche, comunità locali e professionisti dell’agricoltura. Ciò nondimeno, è opportuno sottolineare come queste pratiche continuino a prevalere soprattutto tra le nazioni nord-europee; tale osservazione mette in luce una differenza culturale significativa che impatta negativamente sulla stabilità sociale delle realtà agricole nel bacino mediterraneo.

Una riflessione necessaria sulla vulnerabilità e la resilienza

In agricoltura si verificano incidenti dai risvolti tanto fisici quanto psicologici; questi episodi rappresentano una ferita profonda nel contesto sociale e lavorativo del nostro Paese. La salute mentale degli agricoltori è indissolubilmente legata ai traumi causati da tali esperienze negative, oltreché al perpetuo senso d’incertezza alimentato dalle pressioni associate alla loro attività professionale. Le conseguenze possono essere gravi: si assiste infatti all’insorgere di un considerevole distress psicologico, il quale si palesa mediante sintomi quali depressione ansiosa fino ad arrivare, nei casi più estremi, a tratti suicidari.

Secondo la psicologia cognitiva, come interpretiamo gli avvenimenti influisce sul nostro equilibrio emotivo. Per gli operatori agricoli questa percezione della mancanza d’autocontrollo su variabili ambientali ed economiche – associata alla sovraesposizione a rischi concreti nonché a uno stato frequente di isolamento sociale, accentuato dal tipo stesso della loro occupazione – può determinare l’insorgere di pattern mentali disfunzionali. Questa situazione amplifica le possibilità per lo sviluppo di disturbi post-traumatici da stress (PTSD) conseguenti agli incidenti occorsi nella propria attività lavorativa. Un aspetto rilevante nella _neurobiologia del trauma_ è rappresentato dalla capacità degli eventi stressanti e traumatici di influire sulla chimica cerebrale. Questi fattori possono alterare le reazioni allo stress così come la regolazione delle emozioni. Situazioni di pericolo protratto o esperienze dolorose, come quelle legate a perdite economiche o infortuni significativi, possono determinare una _disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA)_, comportando cambiamenti nei livelli di cortisolo e incidendo negativamente sulla nostra abilità nel gestire lo stress.

È essenziale che la società italiana acquisisca un’autentica consapevolezza riguardo a questa problematica e riesca a fornire il supporto necessario. In un contesto sociale che celebra l’innovazione e l’efficienza produttiva, non possiamo trascurare il prezzo umano pagato da un’agricoltura che frequentemente fallisce nella protezione dei suoi lavoratori. Ogni incidente sul lavoro, oltre a rappresentare una tragedia immediata, lascia un’ombra lunga e dolorosa sulla vita delle persone, delle loro famiglie e delle comunità. La prevenzione non deve essere solo tecnocratica, legata alla revisione dei mezzi o all’implementazione di nuovi dispositivi, ma deve abbracciare anche un approccio olistico che includa il benessere psicologico. Investire nella salute mentale degli agricoltori non è solo un dovere etico, ma una necessità per la resilienza e la sostenibilità di un settore fondamentale per il nostro Paese.

Glossario:

  • ROPS: Rollover Protection Structure, struttura di protezione contro il ribaltamento progettata per proteggere gli operatori dei trattori.
  • INAIL: Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ente previdenziale in Italia che gestisce le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro.
  • PTSD: Disturbo post-traumatico da stress, una condizione psicologica che può svilupparsi in seguito a un evento traumatico.

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