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Incidente in moto: svela i segreti per superare il trauma e ritrovare la serenità

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  • Nel 2024, si sono verificati 173.364 incidenti stradali in Italia.
  • Circa il 45% dei sopravvissuti mostra segni di PTSD entro 6 mesi.
  • Incidenti in moto: il 30% delle richieste al Trauma Team.

I recenti ed inquietanti accadimenti lungo la Strada Statale 45 hanno riportato all’attenzione non soltanto il tema della sicurezza viaria, ma anche delle significative implicazioni psicologiche derivate da tali sinistri. La vicenda riguardante un motociclista gravemente lesionato a Bobbio—trasferito d’urgenza presso gli ospedali parmigiani—assieme ai diversi casi in cui sono stati coinvolti altri centauri feriti o addirittura scivolati giù dai dirupi tra Montebruno e Quadrelli di Travo evidenzia quanto sia vulnerabile l’esistenza quando si è colti da situazioni impreviste e drammatiche. Tali incidenti spesso originano da fattori complessi quali il mancato controllo del mezzo stesso oppure tentativi di evitare animali selvatici in corsa; inoltre possono avvenire scontri con veicoli già presenti sulla carreggiata. È sorprendente constatare come una vita possa attraversare un alterazione sostanziale in pochi attimi. Gli interventi tramite eliambulanza insieme alle indagini avviate dai Carabinieri miranti alla ricostruzione degli eventi— andando dal blocco stradale fino alle interminabili code—si trasformano così nel concreto emblema dell’improvvisa cessazione della routine quotidiana oltre ad essere sintomi tangibili del trauma che investe individui su più piani: dal corporeo al psichico.

I processi dissociativi e la soggettività del trauma

Dopo il verificarsi di un incidente stradale, si possono innescare processi dissociativi, i quali esercitano una notevole influenza sul benessere psico-fisico dell’individuo coinvolto. Tali meccanismi non solo modificano gli aspetti innati e appresi della persona stessa, ma creano anche segni permanenti; si manifestano in effetti come autentiche ferite nell’anima, con il potenziale di danneggiare seriamente l’attività quotidiana. Recentemente il dolore cronico ha assunto il ruolo di uno dei maggiori indicatori delle ripercussioni psicologiche che seguono l’incidente stesso, aggravando così sintomatologie legate all’ansia e alla depressione. [GuidaPsicologi]

Molte vittime di incidenti stradali, pur manifestando un’intensità emotiva notevole, spesso dichiarano “Non ricordo niente”. Questa reazione può derivare da un tentativo inconsapevole di affrontare un dolore troppo forte, distanziandosi così dall’esperienza vissuta e agendo “come se nulla fosse accaduto”.

La complessità dello stress post-traumatico e della disfunzione bio-psico-sociale che ne consegue, evidenzia come non sia l’evento in sé a determinare un vissuto traumatico. Ogni persona, infatti, integra e attribuisce significato all’esperienza traumatica all’interno della propria complessa rete di relazioni e della sua personale “mappa cognitivo-affettiva”, sviluppatasi nel proprio contesto di appartenenza. È in questa prospettiva che gli eventi acquisiscono coerenza, venendo organizzati in relazione alla costruzione individuale del mondo e al soggettivo modo di percepire, conoscere e riconoscere la realtà.

Statistiche sugli incidenti stradali: Nel 2024, si sono registrati 173. 364 incidenti stradali in Italia, che hanno provocato 3.030 vittime e oltre 233.000 feriti. [Paco online]

I processi dissociativi possono servire da meccanismo di difesa, proteggendo l’individuo da un’esperienza dolorosa e inaccettabile. Tuttavia, la loro rigidità può impedire di attribuire un senso e un significato nuovo all’esperienza traumatica, trasformandosi in un vincolo. Il senso di irrealtà sperimentato durante l’incidente, per esempio, può modificare la percezione del tempo, dando l’impressione di vivere un incubo, un film al rallentatore, con i sensi acutizzati.

Tra i fenomeni più frequenti si riscontra la depersonalizzazione, descritta come un “buco nero” o un vuoto mentale. Questa condizione, caratterizzata da un senso di irrealtà e distacco da sé, si manifesta con la sensazione di essere separati dal proprio corpo, di vivere un’esperienza di passività alienante e di perdere la consapevolezza e il controllo delle proprie azioni. Le vittime, in questi momenti, possono vivere contemporaneamente in prima e in terza persona, quasi a voler comunicare a se stesse: “non sono io che sto vivendo questa brutta esperienza; non sta succedendo veramente a me, ma al mio corpo, mentre la mia mente è altrove”.

Accanto alla depersonalizzazione, si manifesta la derealizzazione, un distacco dall’ambiente circostante, come osservare il mondo attraverso una lastra di vetro, percependo gli elementi esterni come strani, irreali o persino artificiali. Subito dopo un incidente, si può agire in una sorta di “pilota automatico”, percependola in modo distaccato e meccanico. Questa fuga da sé stessi e dal mondo, però, finisce per isolare la persona in una vera e propria gabbia.

Illustration depicting psychological trauma after a motorcycle accident in neoplastic style.

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Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD): manifestazioni e implicazioni

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD) viene diagnosticato quando un’esperienza traumatica scatena una reazione emotiva complessa, generando un grado di sofferenza così acuto che va a interferire pesantemente con le normali attività della vita quotidiana. Considerato un disturbo serio sia nella medicina sia nella psicologia, questa condizione è caratterizzata dalla presenza costante di sintomi che non si esauriscono con il passare del tempo dall’accaduto. [Istituto di Psicopatologia]

Le manifestazioni più comuni includono incubi ricorrenti, flashback dissociativi in cui il soggetto rivive il trauma con vividezza realistica, e una marcata reattività a stimoli sonori o visivi collegati all’incidente. A tali esperienze psicologiche si affiancano disturbi fisici quali difficoltà nella concentrazione, una notevole irritabilità e marcati problemi legati al sonno. Un aspetto fondamentale del PTSD consiste nell’evitare tutti gli stimoli associati al trauma, impiegando meccanismi difensivi che spaziano dalla negazione dei ricordi angoscianti alla volontaria separazione da ambienti e relazioni connesse all’evento traumatico. Diverse ricerche recenti evidenziano come circa il 45% delle persone sopravvissute a incidenti automobilistici manifestino segni di PTSD nel giro di sei mesi dall’incidente, sintomatologia questa in grado di persistere anche per un arco temporale significativo, arrivando fino a tre anni. [Fronteirs In Psychiatry]

Casi di PTSD tra personaggi famosi: Un esempio toccante è quello di George Clooney, che ha raccontato il suo incidente in Sardegna nel 2018, rivelando di aver subito un trauma psicologico di cui è riuscito a parlare solo di recente.

Ma il PTSD non si limita agli incidenti: anche eventi come la perdita di una persona cara (in particolare il lutto perinatale, per cui in Sicilia sono stati stanziati 100mila euro nel 2025 per il supporto psicologico), diagnosi di malattie gravi, abusi in relazioni tossiche o violente, ed esposizione a catastrofi naturali (terremoti, incendi, alluvioni) possono scatenarlo. È fondamentale notare che questo fenomeno non coinvolge solo chi vive il trauma in prima persona, ma anche chi assiste passivamente o ne viene a conoscenza tramite persone significative. Un’analisi approfondita di queste dinamiche è cruciale per interventi rapidi e appropriati nel percorso di guarigione.

Statistiche Globali: Circa 1,25 milioni di persone muore ogni anno a causa di un incidente stradale nel mondo, e tra 20 e 50 milioni subiscono traumi non mortali [Organizzazione Mondiale della Sanità].

Il trauma psicologico, dal greco “ferita”, non è solo una reazione a un singolo evento, ma può derivare da una serie di circostanze altamente stressanti. L’elaborazione di tali esperienze varia significativamente da individuo a individuo. La psicologia moderna ha evidenziato come le esperienze dolorose non elaborate possano avere un impatto non solo sulla persona direttamente coinvolta, ma persino sulle generazioni successive, configurando il cosiddetto trauma intergenerazionale. Ciò sottolinea l’importanza di un approccio olistico e incisivo nella gestione degli eventi traumatici, che va oltre le immediate ripercussioni fisiche. La capacità di un individuo di affrontare un trauma è influenzata da molteplici fattori, tra includendo lo stile di attaccamento infantile, le predisposizioni genetiche a specifiche reazioni allo stress e i livelli variabili di cortisolo (l’ormone dello stress), tutti elementi che possono modificare il livello di resilienza personale.

Modelli comportamentali come l’evitamento o l’invasione mentale causata da pensieri indesiderati, insieme al rimuginio incessante, sono dinamiche comuni nell’elaborazione del trauma. Le manifestazioni qui analizzate producono effetti peculiari sulla salute psicofisica a lungo termine, incidendo in particolare su aspetti quali i disturbi cardiovascolari complessi, le malattie autoimmuni e una varietà di forme depressive. Questa situazione evidenzia la profonda interconnessione esistente tra mente e corpo in scenari caratterizzati da eventi traumatici. Sul piano statistico, è opportuno notare che gli incidenti motociclistici ammontano al 30% delle richieste d’intervento del Trauma Team. Solo nel corso del 2023, negli Stati Uniti si sono verificati ben 6.335 decessi fra i motociclisti; inoltre, più di 82.000 persone hanno riportato ferite nell’anno precedente (2022). Nonostante i motociclisti costituiscano appena il 3% della flotta totale dei veicoli registrati sul territorio nazionale, essi rappresentano una preoccupante proporzione pari al 15% degli incidenti mortali sulle strade; addirittura, la loro incidenza fatale per ogni miglio percorso è pari a ventidue volte quella degli occupanti degli altri tipi di mezzi.

Approcci terapeutici e percorsi di guarigione

L’affrontare efficacemente un trauma psicologico richiede un metodo terapeutico che sia tanto basilare quanto sfaccettato, tenendo presente le complesse reazioni degli esseri umani agli eventi stressanti. Lo scopo principale della terapia è guidare l’individuo verso la consapevolezza e la revisione dei pensieri distruttivi e delle credenze disadattive derivate dall’esperienza traumatica. Ciò facilita una rielaborazione produttiva, volta a liberarsi dai sintomi d’ansia, restituendo equilibrio alla vita del soggetto.

Nell’ambito delle soluzioni all’avanguardia per affrontare il PTSD nel 2025 emergono strumenti quali l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), la rinomata Terapia Comportamentale Dialettica (DBT), oltre a metodologie avanzate basate sulle neuroscienze come il rivoluzionario Deep Brain Reorienting (DBR). In particolare, l’EMDR si distingue per il suo focus sulla rielaborazione delle memorie traumatiche utilizzando movimenti oculari guidati; tale approccio punta a ridurre la carica emotiva legata ai ricordi stessi senza cercare di sopprimerli totalmente, dando così al paziente opportunità di reinterpretarli attraverso una narrazione più equilibrata e utile alla propria guarigione.

Nella giornata del 27 marzo a Piacenza ha avuto luogo un sottolineato incontro nazionale, dedicato all’EMDR, segno evidente dell’aumento della sua rilevanza. Il DBR propone invece una nuova visione nella psicoterapia corporea che interviene in profondità sulle memorie corporee associate ai traumi. La Trauma-Focused ACT (Acceptance and Commitment Therapy) segue un approccio caratterizzato dalla compassione e dall’esposizione; questo facilita non solo l’accettazione delle esperienze interne complesse, ma promuove anche azioni in sintonia con i propri principi etici. In aggiunta, la terapia di esposizione prolungata (PE), frequentemente associata alla pratica della DBT-PE, è fondamentale per il trattamento del PTSD: offre ai pazienti un’opportunità graduale d’incontro con le paure all’interno di uno spazio sicuro al fine di attenuarne gli effetti emotivi. Un aspetto cruciale della cura consiste nella ristrutturazione cognitiva, utile nell’individuare ed alterare credenze errate o negative rispetto a se stessi, agli altri e al mondo stesso. Vari metodi per gestire l’ansia – dalla respirazione diaframmatica al rilassamento progressivo fino ad approcci distraenti – forniscono strumenti concreti durante gli eventi avversi.

L’integrazione tra approcci “bottom-up” (EMDR, neurofeedback, che agiscono sulle risposte fisiologiche e subconsce) e “top-down” (terapia cognitivo-comportamentale, che agisce sui processi di pensiero) è essenziale per un trattamento completo ed efficace.

La medicina psicosomatica, inoltre, enfatizza la profonda connessione tra mente e corpo, evidenziando come i traumi psicologici possano manifestarsi anche attraverso sintomi fisici persistenti, quali cefalee tensive, malattie cardiovascolari o autoimmuni. Lo stato psicologico di una persona, così, può venire riflesso nei sintomi fisici ed è un’importanza crescente il ruolo del sistema immunitario nell’affrontare lo stress post-traumatico. L’evento traumatico può compromettere le capacità protettive del corpo, aumentando il rischio di malattie.

La guarigione da un trauma grave è un percorso complesso e profondamente individuale, dipendente da fattori quali il sostegno esterno, la personalità, il quadro clinico preesistente e la tempestività dell’intervento terapeutico. Sebbene in alcuni casi poche sedute possano portare a miglioramenti significativi, in altri il trattamento può prolungarsi per mesi, fino a dodici, per completare tutte le fasi di elaborazione e integrazione. La psicoterapia è uno strumento indispensabile che va oltre la soppressione dei sintomi, indagando in profondità le cause del malessere e aiutando la persona a esternare e risolvere le problematiche irrisolte.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo Post-Traumatico da Stress, una condizione psicologica che si sviluppa in seguito a eventi traumatici.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, una terapia utilizzata per trattare il trauma e il PTSD.
  • DBT: Terapia Comportamentale Dialettica, una forma di terapia cognitivo-comportamentale efficace per il trattamento di disturbi emotivi.

Attraverso tecniche specifiche di rilassamento, si mira all’allentamento delle rigidità psicofisiche e alla scomparsa dei sintomi. La medicina psicosomatica evidenzia come le “ferite dell’anima” possano mantenere attive memorie corporee per anni, manifestandosi in depressione o attacchi di panico se non adeguatamente elaborate. Nella psicologia cognitiva e comportamentale, il trauma non è un semplice ricordo, ma una memoria “bloccata” nel sistema nervoso in uno stato non elaborato, che può riattivarsi attraverso trigger specifici, provocando risposte fisiologiche ed emotive intense. Il riconoscimento e l’elaborazione di questi trigger sono un passo fondamentale nella guarigione.

A un livello più avanzato, la Teoria Polivagale di Stephen Porges esplora il ruolo del sistema nervoso autonomo nella risposta al trauma, suggerendo che le nostre reazioni al pericolo non sono solo lotta o fuga, ma anche “freezing” o “collapse” mediati dal nervo vago. Comprendere l’attivazione e la disattivazione di questi sistemi neurali è cruciale per la regolazione emotiva e per aiutare gli individui a ritrovare il senso di sicurezza interiorizzata compromesso dal trauma.

Oltre il trauma: consapevolezza e libertà

In seguito a un evento traumatico, l’individuo può inconsapevolmente costruire un “mondo parallelo”, un rifugio fantastico che lo porta a porsi sullo sfondo della propria esistenza, diventando spettatore anziché protagonista di una realtà che, alla lunga, non sentirà più come propria. È qui che interviene il potere della ri-significazione. Non è l’evento in sé a definire chi siamo, ma il modo in cui lo integriamo nella nostra narrazione personale. La psicologia cognitiva ci insegna che i nostri pensieri e le nostre interpretazioni influenzano direttamente le nostre emozioni e i nostri comportamenti. In un contesto traumatico, pensieri disfunzionali e irrealistici possono intrappolarci in un ciclo di angoscia, ansia e depressione. Riconoscere questi schemi di pensiero e, attraverso la psicoterapia, imparare a ristrutturarli, consente di spezzare le catene del dolore e di riappropriarci della nostra autonomia emotiva. Questo processo non significa dimenticare o minimizzare l’accaduto, ma attribuirgli un nuovo significato che permetta di superare la sofferenza paralizzante. La libertà che si conquista non è l’assenza di cicatrice, ma la capacità di guardarla con occhi diversi, come un segno di forza e resilienza.

Nel percorso di guarigione, è fondamentale comprendere il ruolo della memoria e di come essa venga elaborata. La psicologia comportamentale evidenzia che il trauma può generare memorie non integrate, che rimangono “bloccate” nel sistema nervoso. Attraverso tecniche specifiche, come l’esposizione graduale e l’EMDR, è possibile rielaborare queste memorie, riducendo la loro capacità di scatenare risposte emotive e fisiologiche intense. Inoltre, la neurobiologia del trauma ci offre una prospettiva avanzata sulla modulazione ormonale e sulle risposte del sistema nervoso autonomo – come la Teoria Polivagale – che influenzano la nostra capacità di reagire allo stress. Sviluppare una maggiore consapevolezza di queste dinamiche interne, attraverso pratiche di mindfulness o biofeedback, ci permette di agire in modo proattivo per regolare le nostre risposte allo stress, potenziando la nostra resilienza e riducendo l’impatto dei potenziali trigger.

Visual representation of PTSD symptoms featuring a shadowy figure at the edge of a road.


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