Disturbo dissociativo dell’identità: cosa rivelano le neuroscienze?

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  • Traumi infantili e dissociazione: uno «scudo psicologico» del cervello.
  • Anomalie cerebrali: ippocampo con volume ridotto e amigdala iperattiva.
  • L'EMDR facilita l'integrazione delle memorie traumatiche riducendo i sintomi dissociativi.

Una Realtà Neuroscientifica

I disturbi dissociativi, in particolare il Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID), rappresentano una sfida complessa nel campo della psicopatologia. Per lungo tempo avvolti da stigma e incomprensioni, questi disturbi sono ora al centro di studi neuroscientifici che ne confermano la base biologica. La ricerca rivela che traumi, cervello e identità sono interconnessi in un equilibrio delicato, aprendo nuove strade per la comprensione e il trattamento.

Le interruzioni della coscienza, della memoria, del senso di sé e della percezione sono le caratteristiche distintive della dissociazione, che può presentarsi in forme variegate. Da lievi sensazioni di distacco a gravi condizioni come il DID, dove la persona sperimenta stati identitari distinti che alternativamente prendono il controllo del comportamento. Per decenni, l’esistenza stessa del DID è stata oggetto di dibattito, ma le neuroscienze moderne forniscono prove concrete della sua realtà, radicata in processi neurobiologici misurabili.

Le scoperte neuroscientifiche mettono in luce l’importanza cruciale di superare il pregiudizio e considerare la dissociazione come uno spettro che va dalla normalità alla condizione patologica.

Il Trauma come Scudo Psicologico

È stata evidenziata una correlazione significativa tra i disturbi dissociativi e i traumi subiti precocemente, in particolare gli abusi fisici, psicologici o sessuali durante l’infanzia. In queste situazioni, la dissociazione emerge come un meccanismo di difesa, uno “scudo psicologico” che permette al cervello in via di sviluppo di frammentare l’esperienza traumatica, isolandola dalla coscienza per ridurre l’impatto emotivo. Questa strategia, inizialmente adattiva, può portare a un sé diviso, con memorie, emozioni e stati identitari compartimentati. Comprendere appieno questo processo è cruciale per evitare giudizi affrettati e per sviluppare approcci terapeutici davvero efficaci.

È essenziale riconoscere che la dissociazione non è una scelta, ma una risposta a eventi traumatici che sopraffanno le capacità di elaborazione del cervello.

Attraverso le tecniche di neuroimaging, sono state identificate anomalie strutturali a carico dell’ippocampo e dell’amigdala, due aree cerebrali di vitale importanza per la memoria e la gestione delle emozioni. L’ippocampo, che spesso mostra un volume ridotto nei pazienti con DID, suggerisce un deficit nell’integrazione dei ricordi. L’amigdala, al contrario, manifesta frequentemente un’iperattività, mantenendo il cervello in una costante condizione di vigilanza. Studi funzionali hanno altresì dimostrato che i diversi stati identitari nei pazienti con DID sono associati a schemi cerebrali distinti, suggerendo che ogni stato possieda una propria “firma neurale”.

Inoltre, la rete neurale di default (DMN), il cui ruolo è integrare la memoria personale e la percezione di sé, si mostra disconnessa nei soggetti che presentano disturbi dissociativi, il che complica il mantenimento di una storia di vita personale coerente. Riassumendo, la dissociazione sembra originare da uno squilibrio tra sistemi cerebrali: un’amigdala eccessivamente attiva che intensifica le emozioni traumatiche e una corteccia prefrontale ipoattiva incapace di moderare tali reazioni generando la frammentazione identitaria caratteristica di questa condizione.

Ricapitolando, la dissociazione pare nascere da uno sbilanciamento tra i diversi sistemi cerebrali: un’amigdala iperattiva amplifica le emozioni connesse al trauma, mentre una corteccia prefrontale meno attiva non riesce a smorzare tali reazioni, determinando quella frammentazione dell’identità tipica di tale problematica.

Questi risultati neuroscientifici forniscono una base solida per comprendere la dissociazione come una condizione reale e non come una semplice simulazione o costruzione culturale.

Cosa ne pensi?
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  • 🤔 Ma siamo sicuri che non ci sia un'eccessiva medicalizzazione...?...
  • 🔄 Interessante vedere la dissociazione non come patologia ma......

Nuove Frontiere Terapeutiche

La comprensione neurobiologica dei disturbi dissociativi apre a nuove prospettive per la cura. La psicoterapia conserva un ruolo primario, in particolare gli approcci che si concentrano sulla rielaborazione del trauma e sul consolidamento di un’identità integrata. Metodologie innovative, quali l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), possono favorire l’assimilazione dei ricordi traumatici e attenuare la sintomatologia dissociativa. La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è oggetto di ricerca sperimentale per modulare le reti cerebrali che risultano ipo o iperattive nei pazienti con disturbi dissociativi. Queste tecniche possono fungere da catalizzatori neurobiologici riattivando circuiti compromessi e migliorando la connessione tra memoria emozione e identit con l obiettivo di favorire una maggiore coesione del s.

Questi approcci possono agire come elementi di accelerazione neurobiologica, risvegliando circuiti compromessi e potenziando il legame tra memoria, emozione e identità, con lo scopo di promuovere una più forte unione del sé.

L’EMDR, già validata per il disturbo da stress post traumatico, sembra facilitare l’integrazione delle memorie traumatiche e ridurre i sintomi dissociativi.

È importante sottolineare che il trattamento dei disturbi dissociativi richiede un approccio integrato e personalizzato, che tenga conto della complessità del trauma e delle specifiche esigenze del paziente. La combinazione di psicoterapia, interventi neuroscientifici e supporto sociale può offrire ai pazienti la possibilità di recuperare la coerenza identitaria e migliorare la loro qualità di vita.

L’AISTED APS (Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione) ha accolto con favore la sentenza che assolve il collega Claudio Foti dalle precedenti accuse, sottolineando l’importanza di un sistema sanitario e giuridico capaci di comprendere il ruolo e le specificità del lavoro dei traumatologi. L’associazione si impegna attivamente nella raccolta e nella diffusione delle pratiche migliori e delle più recenti scoperte scientifiche, in un ambito particolarmente delicato e impegnativo come la prevenzione, la protezione, la diagnosi e il trattamento della traumatizzazione precoce e complessa e il funzionamento dissociativo in età evolutiva.

Verso un Futuro di Cura e Comprensione

I disturbi dissociativi rappresentano una realtà clinica tangibile, corroborata da solide prove neuroscientifiche. La dissociazione, ben lungi dall’essere una finzione, si manifesta come una reazione estrema del cervello a traumi precoci, trasformandosi nel tempo in una fonte di sofferenza protratta. La ricerca futura è orientata verso una stretta sinergia tra psicoterapia e neuroscienze. Programmi di cura su misura potrebbero non solo alleviare i sintomi, ma anche ripristinare la coerenza del sé e la capacità integrativa del cervello. Riconoscere e curare il trauma significa offrire ai pazienti l’opportunità di narrare la propria vicenda in maniera più coesa, meno dolorosa e con un maggiore controllo.

Guardare avanti implica la fusione di neuroscienze, psicoterapia e sensibilità umana, aprendo nuove prospettive per il trattamento e il benessere delle persone affette da disturbi dissociativi. È fondamentale superare lo stigma e promuovere una maggiore consapevolezza di questi disturbi, per garantire che chi ne soffre possa ricevere il supporto e il trattamento di cui ha bisogno.

L’eccessiva esposizione ai social media e l’idealizzazione del mondo digitale possono indurre un malessere più o meno palese, che si estende dalle nuove forme di dipendenza ai dilemmi identitari, fino a dinamiche relazionali sbilanciate. Un’analisi multidimensionale e polifonica di tali fenomeni potrebbe favorire l’integrazione dei frammenti esistenziali e la costruzione di rappresentazioni più complete e realistiche di sé e degli altri.

Ricostruire l’Io: Un Viaggio di Guarigione

Amici, affrontare il tema dei disturbi dissociativi può sembrare complesso, ma è fondamentale ricordare che dietro ogni diagnosi c’è una persona con una storia unica. Una nozione base di psicologia cognitiva ci insegna che i nostri pensieri, emozioni e comportamenti sono interconnessi e influenzati dalle nostre esperienze passate. Nel caso dei traumi, la dissociazione può essere vista come un meccanismo di difesa che il cervello mette in atto per proteggerci da un dolore insostenibile. Una nozione più avanzata ci spiega come la plasticità neuronale, ovvero la capacità del cervello di modificarsi e adattarsi nel tempo, possa essere sfruttata attraverso terapie mirate per rielaborare i traumi e favorire l’integrazione dell’identità.

Vi invito a riflettere su come la nostra società spesso stigmatizzi le persone con disturbi mentali, alimentando un circolo vizioso di isolamento e sofferenza. Cerchiamo di essere più empatici e comprensivi, offrendo il nostro sostegno a chi ne ha bisogno e promuovendo una cultura della salute mentale che valorizzi la diversità e l’inclusione. Ricordiamoci che la guarigione è un viaggio, non una destinazione, e che tutti possiamo contribuire a creare un mondo più accogliente e compassionevole.


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