- Il 50% delle giovani donne (18-34) non è interessata alla maternità.
- Il tasso di fecondità è sceso a 1.2 figli per donna nel 2023.
- Circa il 15% della popolazione giovanile si identifica come childfree.
La scelta “childfree”: tra liberazione e stigma sociale
La decisione di non avere figli, un tempo considerata atipica, sta diventando un fenomeno sempre più discusso e analizzato nel panorama psicologico e sociale contemporaneo. Questo trend, spesso sintetizzato con il termine “childfree”, sottolinea l’intenzionalità e la consapevolezza di una scelta che, lungi dall’essere un’assenza, costituisce una precisa e ponderata direzione di vita. Se da un lato molte donne vivono questa non-maternità come una profonda liberazione e l’opportunità di perseguire altre forme di realizzazione personale – come la carriera, le relazioni interpersonali o lo sviluppo individuale – dall’altro, questa scelta è ancora fortemente sottoposta a pressioni sociali e stereotipi negativi.
Le aspettative culturali, che per lungo tempo hanno associato la femminilità alla maternità come un passaggio quasi obbligato, possono generare un senso di “anormalità” nelle donne che deviano da questa norma. La psicologa Lucia Montesi, in un articolo del 2019, evidenzia come le donne childfree siano spesso oggetto di sospetto, diffidenza e persino di una sorta di stigma sociale, quasi fossero considerate “incompiute” o autrici di scelte “egoistiche”. Queste percezioni possono innescare dubbi interni, un senso di colpa o persino la paura del rimorso futuro, come sottolineato in un approfondimento di Psicologi Online del 2024. Nonostante ciò, chi opta per questa strada dichiara spesso di trovare un profondo significato e una piena realizzazione in ambiti diversi dalla genitorialità, costruendo vite ricche di relazioni, obiettivi professionali e impegni sociali, un concetto su cui si sofferma anche un articolo di Unobravo del novembre 2024.
Fonte: Neodemos, 2025.
La psicologia del ciclo di vita offre strumenti per comprendere come le donne costruiscano nuove identità e trovino altre fonti di soddisfazione e significato, adattandosi psicologicamente a una maternità non vissuta, sia per scelta che per circostanza. È pertanto fondamentale che la società riconosca la pluralità delle scelte e delle identità femminili, rispettando percorsi che non prevedono la maternità come elemento essenziale della propria realizzazione. Un’ulteriore prospettiva di analisi riguarda le motivazioni dietro la scelta childfree, che possono essere molteplici: dai motivi personali e professionali a quelli filosofici, oppure legati al desiderio di una vita priva degli impegni e delle responsabilità della genitorialità. A volte, la motivazione può risiedere anche nella mancanza di un desiderio materno intrinseco, come evidenziato in testi di approfondimento sulla psicologia della mancata maternità. È interessante notare come l’intenzionalità di questa scelta la distingua dalla “mancata maternità involontaria”, che si riferisce a situazioni in cui il desiderio di avere figli è presente, ma è ostacolato da fattori esterni come infertilità, difficoltà economiche o problemi relazionali.
Motivazioni per la scelta “Childfree” | Dettagli |
---|---|
Personali | Desiderio di realizzazione individuale e professionale |
Filosofiche | Scelte etiche contro il sovraffollamento globale |
Pragmatiche | Costi elevati e responsabilità legate alla genitorialità |
Sociali | Critiche e stigma associati al non avere figli |
Il dibattito sulla scelta di non avere figli è dunque complesso e sfaccettato, richiedendo una comprensione olistica delle motivazioni personali e delle dinamiche sociali che lo influenzano. Un’analisi accurata di questo fenomeno non può prescindere da una profonda riflessione sui traumi psicologici che potrebbero sottostare a tale decisione, specialmente quando le esperienze passate hanno plasmato una visione della famiglia e della genitorialità non sempre idilliaca.
Il trauma come catalizzatore della scelta “childfree”: l’ombra delle esperienze avverse
Le esperienze traumatiche, in particolare quelle vissute durante l’infanzia, possono lasciare un’impronta profonda e duratura sull’individuo, influenzando non solo la sua salute mentale, ma anche le sue decisioni più intime e personali, inclusa la scelta di non avere figli. Questa correlazione tra trauma e decisione riproduttiva è un campo di studio sempre più rilevante in psicologia, soprattutto quando si esplora la dinamica della scelta childfree. Un articolo di Reddit del 2021 suggerisce un legame tra la “scelta di essere childfree” e la “terapia per traumi”, indicando una possibile motivazione profonda derivante da esperienze avverse.
- Childfree: persone che scelgono consapevolmente di non avere figli.
- Childless: persone che desiderano avere figli ma non possono, per varie ragioni.
- Trauma intergenerazionale: trauma che si trasmette da una generazione all’altra, influenzando le scelte e le percezioni successive.
Il concetto di trauma intergenerazionale gioca un ruolo cruciale in questa analisi. Come evidenziato da IPSICO in un articolo del luglio 2025, le esperienze traumatiche non elaborate possono avere un impatto non solo sulla persona che le vive, ma anche sui suoi eredi. Questo significa che i modelli familiari disfunzionali, le dinamiche relazionali problematiche o le sofferenze non risolte possono essere ereditate a livello psicologico e influenzare la visione che un individuo ha della genitorialità e della famiglia. Ad esempio, una donna cresciuta in una famiglia numerosissima, come quella di Dreya Cociuba (Fanpage, maggio 2025), che si è trovata ad assumere responsabilità genitoriali precoci, potrebbe sviluppare una ferma convinzione di non volere figli, vedendo la maternità come un onere piuttosto che una gioia. Tale scelta può essere una reazione diretta a un trauma emotivo legato all’infanzia e alla responsabilità familiare eccessiva.
L’attaccamento insicuro e la paura dell’intimità, spesso radici di esperienze traumatiche o di relazioni familiari complesse, possono ugualmente influenzare la decisione di non avere figli. Chi ha sviluppato un attaccamento insicuro potrebbe percepire la genitorialità come una minaccia alla propria autonomia o temere di non essere in grado di offrire un ambiente sicuro e amorevole per i propri figli, finendo per replicare i modelli disfunzionali appresi. Questa paura, se non affrontata, può bloccare la capacità di immaginarsi in un ruolo genitoriale, portando alla scelta di evitarlo completamente. La psicoterapia, in questo contesto, emerge come uno strumento fondamentale: essa offre uno spazio sicuro per esplorare questi sentimenti di perdita, lutto, dubbi o ambivalenze legati alla maternità (Unobravo, novembre 2024), ma anche per affrontare i traumi passati e i modelli relazionali appresi.
La sofferenza di non poter avere figli, seppur diversa dalla scelta childfree, condivide alcuni aspetti psicologici legati al trauma. Il Centro di Psicoterapia, per esempio, affronta la sofferenza della mancata genitorialità e suggerisce che la terapia di coppia o un intervento di psicologia clinica individuale possano ristabilire un equilibrio interiore. Invece nel caso di un trauma che porta alla decisione di non avere figli, il percorso terapeutico aiuta a operare un vero e proprio “svincolo dalle credenze disfunzionali”, proiettando la persona in una nuova dimensione e prospettiva di sé, come descritto in un approfondimento di Unobravo.
La scelta di non avere figli, dunque, può essere una manifestazione complessa di un processo di auto-conservazione, dove l’individuo cerca di proteggersi da possibili repliche di dolore o disfunzioni familiari, una sorta di “volare da soli” come metaforicamente discusso da Domani nel luglio 2023, riferendosi ai figli d’arte che devono staccarsi dalla figura genitoriale. Questa consapevolezza rende ancora più cruciale il ruolo della psicologia nel supportare gli individui affinché possano prendere decisioni riproduttive informate e consapevoli, libere dal peso di un passato non elaborato.
Pressione sociale, identità e benessere psicologico nella scelta “childfree”
La scelta di non avere figli, pur essendo un atto deliberato e personale, si scontra spesso con una significativa pressione sociale che può avere ripercussioni profonde sull’identità e sul benessere psicologico degli individui. La società, in molte culture, tende ancora a percepire la maternità e la paternità come tappe quasi obbligatorie e naturali nel percorso di vita di una persona, soprattutto per le donne. Questo idealismo della genitorialità porta a un senso di “normalità” che può stigmatizzare chi decide di uscirne.
Le persone che scelgono di non avere figli, e in particolare le donne, si trovano spesso a dover fronteggiare giudizi esterni, curiosità invadenti e, talvolta, vere e proprie critiche. Un articolo di psicologia del 2019 evidenzia come le donne childfree siano viste con sospetto, diffidenza e persino considerate “incomplete” o portatrici di scelte “egoistiche”. Questo non solo può generare sentimenti di emarginazione o inadeguatezza, ma anche un senso di isolamento, soprattutto quando amici e coetanei iniziano a vivere le fasi della genitorialità.
Frasi come “Vediamo tutte le coppie di amici andare avanti e noi invece restare sempre allo stesso punto” (Unobravo, novembre 2024) riflettono un auto-giudizio severo, esacerbato dal confronto con le aspettative e le regole sociali. La pressione esercitata dalle aspettative culturali che associano la femminilità alla maternità può far sì che le donne che scelgono di non avere figli si sentano “diverse” o “anormali”. In contesti più conservatori o religiosi, questa scelta può essere ulteriormente stigmatizzata, dando origine a discriminazioni e critiche.
Anche in società considerate più progressive, dove le scelte individuali sono teoricamente maggiormente rispettate, il senso di isolamento può comunque manifestarsi. Da un punto di vista psicologico, affrontare questa pressione richiede un lavoro significativo sull’identità personale. L’individuo, specialmente la donna, è chiamato a ridefinire il proprio senso di sé al di fuori del ruolo di madre, costruendo nuove narrazioni sull’essere donna.
Il supporto, anche di coppia, può aiutare a superare le tensioni che questa scelta può generare all’interno delle relazioni, facilitando una comunicazione efficace tra i partner (Unobravo, novembre 2024).
La complessità di questa decisione, tra autonomia personale e condizionamento sociale, mette in luce la necessità di un’accettazione più ampia e inclusiva delle diverse configurazioni familiari e individuali. Nell’ambito di realtà sociali dove continua a prevalere l’ideale della famiglia tradizionale, l’opzione childfree si configura come un’autentica provocazione ai valori consolidati. Essa sottolinea l’importanza del diritto personale per ciascun soggetto nell’individuare il proprio cammino esistenziale e nella formulazione del significato di successo e autorealizzazione.
Riflessioni sulla scelta di non avere figli in un’ottica psicologica
Affrontare la decisione di non avere figli, sia essa una scelta volontaria e profondamente meditata o la conseguenza dolorosa di circostanze involontarie, ci porta inevitabilmente a navigare in territori complessi della psiche umana. Non è semplicemente una questione riproduttiva, ma un crocevia di identità, aspettative sociali, esperienze passate e aspirazioni individuali. La psicologia cognitiva e comportamentale ci offrono strumenti preziosi per comprendere questi percorsi, mettendo in luce come le nostre interpretazioni della realtà e i nostri schemi di pensiero (cognizione) influenzino profondamente le nostre emozioni e i nostri comportamenti.
Quando una persona pondera la possibilità di non avere figli, essa non elabora solo dati concreti, ma anche le narrazioni interne che ha costruito attorno alla genitorialità, spesso filtrate da esperienze traumatiche o da modelli familiari appresi. Da un’ottica di psicologia cognitiva di base, potremmo considerare che ogni individuo possiede degli “schemi” sulla genitorialità, ovvero delle strutture mentali che organizzano le informazioni e le esperienze relative all’essere genitori o all’avere figli. Questi schemi possono essere positivi, se associati a gioia, realizzazione e amore, o negativi, se connessi a sacrificio, dolore, perdita di libertà o, nel caso di traumi, a sofferenza e disfunzione.
La scelta di non avere figli, in questo senso, può essere una riprogrammazione consapevole di uno schema negativo, una decisione proattiva per evitare un esito percepito come sfavorevole, anche se non direttamente vissuto. È un tentativo di dare un senso di controllo su un aspetto della vita che, per altri versi, potrebbe evocare stati di ansia o vulnerabilità.
A un livello più avanzato, la psicologia comportamentale con la sua vertice sul trauma-informed care ci insegna che i vissuti traumatici, anche quelli apparentemente lontani nel tempo, plasmano profondamente le nostre risposte emotive e comportamentali presenti. Un trauma non elaborato, specialmente se di natura relazionale o familiare, può innescare una serie di meccanismi di difesa che influenzano la decisione riproduttiva.
La terapia psicologica, in particolare quelle orientate all’elaborazione dei traumi (come l’EMDR o la terapia sensomotoria), non mira a imporre una scelta, ma a consentire all’individuo di accedere liberamente ai propri desideri, depurandoli dal peso del passato. Si tratta di disattivare le risposte automatiche e di facilitare l’emergere di una scelta autentica, non dettata dalla paura o dalla riproduzione inconsapevole di cicli dolorosi.
Invito a riflettere: quanto delle nostre decisioni più intime è realmente libero e quanto invece è modellato da ombre o echi del passato? La scelta di non avere figli, come molte altre scelte di vita, ci offre l’opportunità di interrogarci su chi siamo, su cosa desideriamo veramente e su come possiamo costruire un futuro che sia un’espressione autentica di noi stessi, al di là delle aspettative esterne o delle catene invisibili del trauma. È un percorso che richiede coraggio, introspezione e, a volte, il prezioso accompagnamento di un professionista che ci aiuti a illuminare i sentieri più nascosti della nostra anima.