- Un terzo degli atleti infortunati mostra segni di depressione.
- Il 73% degli atleti agonisti olandesi soffre di disagio mentale.
- L'ansia colpisce il 34% degli atleti professionisti e olimpionici.
La presenza de La Molisana, insieme a esperti nel campo medico-sportivo, è stata fondamentale per esplorare i danni non solo fisici ma anche psicologici inflitti agli atleti colpiti da incidenti agonistici. L’importanza cruciale delle figure professionali come fisioterapisti e psicologi è emersa chiaramente nell’incontro; questi professionisti sono essenziali per garantire la prestazione atletica ottimale e il mantenimento della salute globale dell’atleta.
Diverse analisi effettuate sugli atleti vittime di infortuni hanno evidenziato risultati allarmanti: c’è infatti una notevole incidenza di disturbi della sfera emotiva fra questi individui. Ricerche indicano che circa un terzo dei soggetti manifesta segni riconducibili a forme moderate o severe di depressione, evidenziando così le ramificazioni più profonde del trauma subito nello svolgimento della loro attività sportiva. Un’indagine realizzata dall’UMC di Amsterdam ha rivelato che il 73% degli atleti agonisti nei Paesi Bassi sperimenta forme di disagio mentale, una cifra che si allinea sorprendentemente con quella rilevata tra gli sportivi non professionisti. [30Science.com]. I dati attuali rivelano chiaramente non solo la fragilità psicologica degli individui coinvolti, ma mettono altresì in risalto l’urgenza di un approccio integrativo alla riabilitazione, capace di andare al di là della semplice cura fisica.
Il controverso confronto tra i problemi legati alla salute mentale e gli incidenti fisici ha ripreso vigore dopo il clamoroso ritiro dalla competizione olimpica da parte dell’atleta Simone Biles nel 2021. Recentemente, nel 2023, è stata resa nota la testimonianza del portiere juventino Perin; egli ha descritto con franchezza come una sequela di infortuni abbia generato una perdita di interesse nei confronti del calcio stesso. Tale vicenda dimostra chiaramente che richiedere supporto rappresenta un atto audace, ribadendo l’importanza cruciale della bellezza psicologica sia all’interno del terreno da gioco che nella vita quotidiana. L’emergere delle esperienze personali provenienti da figure sportive illustri gioca dunque un ruolo decisivo nell’abbattere i pregiudizi persistenti associati alla salute mentale nell’ambiente atletico, promuovendo conversazioni improntate su trasparenza e produttività.
L’incidenza dei disturbi quali ansia e depressione tra gli sportivi trascende le situazioni limite o i contesti disciplinari particolari. Un’analisi sistematica ha evidenziato una diffusione dell’ansia e della depressione, che raggiunge il sorprendente valore di 34%, tra gli atleti professionisti e olimpionici. Prendendo in considerazione il rugby d’élite come caso specifico, è stato osservato che l’incidenza del disturbo da ansia generalizzata ammontava al 14,6%, prima dell’inizio della stagione sportiva, per poi ridursi al 10,1%, nel corso della stessa. [Giornale Italiano di Psicologia dello Sport]. I dati forniti mettono in luce una situazione che necessita di vigilanza continua e programmi di sostegno specifici. L’infortunio non si limita a causare semplicemente danni fisici; esso diventa infatti un profondo traumatismo, imponendo una sfida psicologica in grado di compromettere seriamente tanto l’identità quanto il benessere dell’atleta.
Strategie di coping e il ruolo del supporto psicologico nella riabilitazione
L’affrontare una lesione sportiva comporta l’inizio di un cammino articolato e impegnativo in cui le strategia di coping rivestono importanza fondamentale. La resilienza mentale, qualità intrinseca degli atleti, è sottoposta a seri stress test;pertanto, l’abilità nel fronteggiare tensione emotiva, frustrazione e il timore del ritorno a prestazioni precedenti gioca un ruolo cruciale per garantire una ripresa totale e proficua. L’assistenza psicologica emerge così non come una scelta marginale, ma piuttosto come parte integrante della riabilitazione stessa. Come dimostrato durante il summit tenutosi a Roma, il professionista della psicologia sportiva riveste significatività sia nel periodo che segue l’infortunio sia nell’attività preventiva nei confronti del malessere psicologico. [Psicologo dello Sport]. La risposta agli infortuni non segue un modello prestabilito; ogni sportivo affronta tale situazione con un proprio vissuto personale che è profondamente influenzato da variabili psicologiche distintive e dalle interazioni del contesto bio-psico-sociale circostante. Tuttavia è possibile riconoscere alcune fasi ricorrenti nel cammino verso il ripristino fisico ed emotivo. Nelle prime fasi del suo percorso, un atleta potrebbe attraversare sentimenti quali shock, negazione e rabbia, prima di confrontarsi con emozioni come tristezza, ansia e isolamento. In queste circostanze delicate si rivela cruciale il supporto professionale: uno specialista ha infatti la possibilità d’intervenire per guidarlo nella rielaborazione dell’evento traumatico, nell’identificazione degli obiettivi futuri nonché nel mantenimento della motivazione durante le lunghe giornate della riabilitazione fisica. Un elemento chiave nelle pratiche attuate per far fronte all’infortunio consiste nell’auto-efficacia percepita; avere fiducia nelle proprie abilità nell’affrontare questa sfida rappresenta una forza propulsiva essenziale sul sentiero del recupero. Gli esperti psicologi si dedicano quindi al potenziamento della sicurezza interiore dell’atleta attraverso metodologie come visualizzazioni mentali efficaci, impostazioni realistiche dei traguardi da raggiungere ed infine fornendo sostegno affettivo duraturo.<sup [J. Sport Rehab].
Un altro elemento cruciale è la gestione dell’ansia da infortunio. La paura di re-infortunarsi, la preoccupazione di non essere all’altezza e la pressione del ritorno alla competizione possono ostacolare il processo di recupero, anche quando la guarigione fisica è completa. Questo “freno psicologico” può manifestarsi con nervosismo, incertezza e una tendenza a evitare situazioni che richiamano l’evento traumatico. Qui entrano in gioco tecniche di rilassamento, mindfulness e ristrutturazione cognitiva, che aiutano l’atleta a disattivare le risposte ansiogene e a sviluppare una prospettiva più equilibrata e positiva. Perina, l’apertura di Rebeca Andrade che ha superato tre infortuni al crociato anteriore, come menzionato per la Giornata Mondiale della Salute, offre un esempio concreto di come la condivisione delle esperienze e la ricerca di supporto possano infondere conforto e ispirazione [Scienza e Sport]. Queste narrazioni di resilienza non solo motivano gli atleti infortunati, ma contribuiscono anche a normalizzare la ricerca di aiuto psicologico, percepito ancora troppo spesso come un segno di debolezza anziché di forza e consapevolezza.

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Neuroscienze cognitive e psicofisiologia della resilienza
Il nesso esistente tra infortuni sportivi e benessere psicologico trascende la mera dimensione psichica; affonda le proprie radici nel funzionamento biologico del cervello così come nelle reazioni psicofisiologiche del corpo umano. Indagini recenti hanno rivelato l’importanza di integrare i fattori neurobiologici all’interno della strategia di recupero dagli infortuni. È fondamentale comprendere che un infortunio non rappresenta semplicemente una lesione ai tessuti corporei; esso costituisce piuttosto un evento capace di perturbare il delicato equilibrio omeostatico dell’organismo stesso, generando così una serie complessa di reazioni a livello neuroendocrino e immunitario che possono avere ripercussioni sull’umore oltre che sul comportamento individuale. [Routledge].
Quando un atleta subisce un infortunio, il cervello attiva le regioni coinvolte nella percezione del dolore, ma anche quelle legate all’emozione e alla memoria. L’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale, ad esempio, sono strutture chiave che modulano la risposta allo stress e alla paura. Un trauma, sia esso fisico o psicologico, può lasciare una “impronta” duratura in queste reti neurali, rendendo l’atleta più vulnerabile ad ansia e depressione. La psicofisiologia offre strumenti preziosi per comprendere e misurare l’impatto degli infortuni sulla salute mentale. Parametri come la variabilità della frequenza cardiaca (HRV), le risposte galvaniche della pelle (GSR) e i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) possono fornire indicatori oggettivi dello stato di stress e resilienza dell’atleta. La buona notizia è che il cervello possiede una straordinaria capacità di plasticità neurale. Ciò significa che le reti neurali possono essere modificate e rafforzate attraverso esperienze e interventi specifici. Pratiche quali il neurofeedback, la meditazione mindfulness e l’attività fisica (compresa quella adattata per le fasi di riabilitazione) esercitano un impatto benefico sulla neurochimica del cervello. Questi metodi favoriscono infatti un incremento nella sintesi di neurotrasmettitori come serotonina e dopamina, essenziali per mantenere un equilibrio sano nell’umore e nel senso generale di benessere.
Oltre la superficie: la complessità della mente nello sport
Il confronto tra infortuni sportivi e salute mentale invita ad un’analisi più profonda rispetto alla semplice considerazione dei sintomi; si tratta piuttosto di esplorare i complessi meccanismi della psiche umana all’interno delle elevate prestazioni sportive. È chiaro come l’atleta – benché possa sembrare forte e imbattibile – sia essenzialmente un essere umano fragile. Le sue risorse psicologiche sono infatti sotto continua pressione non soltanto dalle sfide competitive ma anche dagli imprevisti capaci di interrompere bruscamente sia la carriera sia quella passione ardente per lo sport.
In chiave psicologica cognitiva, si potrebbe concepire l’infortunio come un evento traumatico, in grado di modificare i modelli cognitivi così come le aspirazioni individuali dell’atleta stesso. L’inevitabile scollamento fra ciò che l’atleta credeva fosse possibile fare e il nuovo stato caratterizzato dall’immobilità obbligatoria conduce frequentemente ad una grave forma di dissonanza cognitiva, alimentando pensieri catastrofici accompagnati da prospettive future pessimistiche. Tuttavia, gli atleti sostenuti da adeguate strategie riescono non solo a ristabilire il proprio benessere ma anche – attraverso pratiche psico-pedagogiche specifiche – a redigere un racconto favorevole piuttosto che sfavorevole riguardo alla propria esperienza dolorosa.
Passando alla psicologia comportamentale, il trauma dell’infortunio può innescare risposte condizionate di paura e ansia che si manifestano non solo sul campo, ma anche nella vita quotidiana. Le tecniche di esposizione graduale e desensibilizzazione sistematica possono risultare utili per ripristinare la fiducia negli atleti e permettere loro di ritornare nel loro ambiente competitivo.
- Resilienza: capacità di affrontare le difficoltà e riprendersi dopo eventi traumatici.
- Dissonanza cognitiva: stato di conflitto psicologico che si verifica quando le persone devono affrontare due o più pensieri o credenze contrastanti.
- Neurofeedback: tecnica che implica il monitoraggio dell’attività cerebrale per migliorare il funzionamento neurologico.

