- Studio dell'Università di Torino: le relazioni sono "farmaci sociali".
- Supporto emotivo riduce i sintomi di stress post-traumatico (PTSD).
- Nel 2021 l'OMS ha riconosciuto la solitudine come fattore di rischio.
- Dal 2020 il supporto sociale è integrato nel trattamento del PTSD.
Glossario:
-
Resilienza: capacità di un individuo di adattarsi positivamente a
eventi stressanti o traumatici. -
Supporto sociale: rete di relazioni interpersonali che offre
sostegno emotivo, informativo e pratico. -
Trauma: esperienza profondamente negativa o perturbante che lascia
segni duraturi sulla psiche. -
Farmaci sociali: concetto che fa riferimento al sostegno che le
relazioni interpersonali possono fornire in modo simile ai trattamenti
farmacologici.
Il panorama contemporaneo della salute mentale
Il panorama contemporaneo della salute mentale è sempre più focalizzato
sull’importanza delle dinamiche relazionali e sul loro impatto sulla capacità
umana di fronteggiare e superare eventi traumatici. Un recente studio condotto
presso l’Università degli Studi di Torino ha gettato nuova luce su questa
complessa interdipendenza, suggerendo che amici e partner possano agire come
veri e propri “farmaci sociali”, capaci di influenzare significativamente la
resilienza individuale post-traumatica. Questa prospettiva, che si inserisce
nel più ampio contesto della psicologia comportamentale e cognitiva, propone una
revisione profonda del modo in cui concepiamo la prevenzione e il trattamento
dei disturbi legati al trauma, enfatizzando il ruolo cruciale del supporto
interpersonale. Si tratta di una notizia di primaria rilevanza nel campo,
poiché sposta l’attenzione dalla mera farmacologia o terapia individuale a un
approccio più olistico, che integra la dimensione sociale come componente attiva
e fondamentale del processo di guarigione e adattamento psicologico. La
comprensione dei meccanismi attraverso i quali le relazioni contribuiscono a
mitigare gli effetti dei traumi offre nuove strade per interventi più efficaci
e personalizzati, aprendo la strada a strategie innovative nel campo della
salute mentale moderna.

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Il ruolo delle relazioni interpersonali nella resilienza post-traumatica
La ricerca scientifica ha da tempo riconosciuto l’importanza del contesto
sociale nella modulazione delle risposte individuali allo stress e al trauma.
Tuttavia, lo studio dell’Università di Torino, pubblicato il 09/12/2025,
approfondisce questa comprensione esaminando specificamente come le
interazioni con amici e partner possano fungere da pilastri
fondamentali per la costruzione della resilienza post-traumatica. Questo
concetto di “farmaci sociali” va oltre la semplice presenza di un network di
supporto; implica una serie di meccanismi comportamentali e psicologici che si
attivano all’interno di relazioni significative e che contribuiscono
attivamente al processo di recupero. La resilienza, ovvero la capacità di un
individuo di adattarsi positivamente a situazioni avverse, viene influenzata da
diversi fattori, tra cui la genetica, le esperienze di vita precedenti e, in
maniera preponderante, la qualità delle relazioni interpersonali. In un
contesto post-traumatico, la capacità di elaborare l’evento, di gestire le
emozioni intense e di ricostruire un senso di normalità è profondamente
intrecciata con la disponibilità di un supporto emotivo autentico e funzionale.
Nell’ambito delle interazioni umane positive si riconosce come le relazioni
supportive possano fungere da contenitore sicuro, permettendo
l’espressione del dolore condiviso e affrontando paure profonde mediante
validazione esperienziale; questi aspetti risultano essenziali nella lotta
contro l’isolamento sociale, evitando che i sintomi diventino cronici. Un
esempio emblematico è rappresentato dal supporto offertovi da un partner: egli
può contribuire alla normalizzazione delle reazioni emotive intensificate;
similmente, gli amici forniscono visioni esterne capaci di facilitare processi
cognitivi rielaborativi riguardo agli eventi vissuti. Studi recenti hanno messo
in luce gli effetti differenti associati ai vari tipi d’interrelazione – dalle
connessioni familiari ai gruppetti d’amicizia – sottolineando così quanto una
variegata rete supportativa possa attivare risorse integrative e
utilitaristiche. Se da una parte le dinamiche familiari tendono a infondere
stabilità emotiva attraverso quella sensazione intrinseca di continuità,
dall’altra parte le amicizie consentono momenti dedicati allo scambio
reciproco tra individui paritari; ciò consolida quindi il sentimento comune
d’unità nelle difficoltà quotidiane. L’evidenza scientifica punta verso
l’importanza della presenza costante di un
partner affettivo stabile e responsivo, confermando questo tipo
d’interesse nei confronti della salute mentale quale difesa prevalente contro
conseguenze avverse derivanti da traumi vissuti.
Questo non implica che la mancanza di un partner sia un ostacolo insormontabile,
ma sottolinea il potenziale terapeutico delle relazioni intime ben
consolidate. Il focus dello studio è sui meccanismi specifici che rendono
queste relazioni così potentemente terapeutiche, spostando l’attenzione da una
generica nozione di “supporto” a una comprensione più dettagliata delle sue
componenti attive. La ricerca ha coinvolto un campione significativo di
partecipanti, monitorati per un periodo di diversi anni post-trauma,
raccogliendo dati sia attraverso questionari psicometrici che mediante
interviste qualitative. I risultati preliminari del 2025 indicano una
correlazione diretta tra l’intensità e la qualità del supporto percepito e la
riduzione dei sintomi di stress post-traumatico (PTSD) e depressione, con una
significativa influenza sulla capacità di riprendere le normali attività
quotidiane e di ristabilire un senso di benessere generale.
Meccanismi comportamentali e psicologici del supporto sociale
Dallo studio comportamentale realizzato presso l’Università di Torino emergono
vari elementi fondamentali attraverso cui le connessioni umane facilitano il
processo di guarigione dai traumi vissuti. Queste componenti si manifestano come
entità non fisse ma piuttosto vibranti e reciprocamente connesse all’interno di
una rete complessa ed operante su molteplici fronti. Si evidenzia soprattutto
il supporto emotivo, considerato fra i più rapidi ed evidenti fattori
nel contesto delle relazioni interpersonali. L’opportunità offerta
dell’espressione libera delle emozioni—che spaziano dalla tristezza alla
rabbia fino alla paura e alla confusione—in spazi privi di giudizio risulta
essenziale nell’elaborare situazioni traumatiche passate; amici oppure partner
dotati della capacità d’ascolto empatico sono in grado non solo d’assecondare
tali emozioni ma anche d’incoraggiare una sensazione profonda d’accoglienza da
parte dell’altro senza ridurre o semplificare la gravità della situazione
avvertita dal soggetto stesso. Questa forma d’accettazione totale svolge
quindi una funzione terapeutica potentemente preventiva nei confronti della
vergogna e dell’isolamento frequentemente associati alle esperienze
traumatiche.
Aggiungendosi a ciò vi è l’importanza della validazione.
Dopo un trauma, le vittime possono mettere in discussione la propria percezione
della realtà, sentirsi “impazzire” o dubitare delle proprie reazioni. La
validazione offerta da persone di fiducia, che riconoscono la legittimità delle
emozioni e delle esperienze vissute, aiuta a ristabilire un senso di normalità e
a ricostruire la fiducia in sé stessi. La frase “È normale sentirsi così dopo
quello che hai passato” può avere un impatto profondamente curativo,
rinforzando l’idea che le proprie reazioni non sono anomale o errate.
La regolazione affettiva è un processo più complesso, ma altrettanto
vitale. Le relazioni supportive possono agire come co-regolatori emotivi,
aiutando l’individuo a gestire e modulare stati d’animo intensi.

Questo può avvenire attraverso diverse modalità: la distrazione positiva, il
fornire una prospettiva più equilibrata, l’aiuto nel trovare strategie di
coping efficaci o semplicemente la presenza rassicurante che aiuta a calmare il
sistema nervoso. A titolo esemplificativo, si consideri la figura del partner
capace non solo d’individuare i momenti giusti per distogliere l’attenzione
mediante attività ludiche, ma anche quelli in cui risulta preferibile fornire
un ascolto sussurrante. Questo comportamento favorisce
significativamente la regolazione emotiva. Recentemente uno
studio condotto nel 2023 ha dimostrato come le interazioni costruttive con i
pari siano in grado d’inibire l’attività dell’amigdala – area del cervello
intimamente legata alle emozioni della paura – rivelando così una base
neurologica a supporto della co-regolazione.
D’altra parte, il senso d’appartenenza, inteso come necessità
intrinseca dell’essere umano, risulta frequentemente minacciato dai traumi
vissuti. Tali eventi possono indurre negli individui una sensazione profonda
d’alienazione e differenza rispetto agli altri o addirittura generare
sentimenti d’inadeguatezza rispetto all’amore e al legame sociale. Tuttavia,
sono proprio le relazioni autentiche a restituire questo cruciale senso
identitario; esse riecheggiano nella mente della persona conferendole
consapevolezza del suo ruolo all’interno della comunità e assicurandole amore
e stima reciproca. È dunque attraverso tale reintegrazione sociale che si può
ricostruire l’identità personale, oltre a riacquistare una visione piena dello
scopo esistenziale. La squadra investigativa ha messo in rilievo che ciò che
conta maggiormente non è tanto quante siano le interazioni, ma bensì quanto
valore portino queste ultime nella vita individuale.
Relazioni caratterizzate da reciprocità, fiducia e profonda empatia sono quelle
che producono gli effetti più benefici, agendo come un vero e proprio scudo
protettivo contro gli effetti deleteri del trauma.
Un dato interessante emerso dalla ricerca del 2024 è che la percezione
soggettiva del supporto è altrettanto importante del supporto oggettivo
ricevuto; sentirsi compresi e sostenuti, anche se il supporto non è sempre
materialmente presente, ha un impatto significativo sulla resilienza. La
disponibilità di un “porto sicuro” emotivo, dove si può sempre tornare, è un
pilastro per la stabilità psicologica post-traumatica.
Coltivare relazioni sane: una strategia preventiva e terapeutica
Alla luce di queste scoperte, è evidente che coltivare relazioni sane e
supportive può e deve diventare una strategia fondamentale, sia in termini di
prevenzione che di trattamento, nel contesto dei disturbi mentali
post-traumatici. Non si tratta solo di reagire al trauma, ma di costruire una
rete di protezione emotiva prima che gli eventi avversi si manifestino. Per
esempio, le politiche di promozione della salute pubblica nel 2022 hanno
iniziato a integrare programmi volti a rafforzare le competenze relazionali,
riconoscendo il loro valore preventivo.
La prevenzione attraverso le relazioni implica l’investimento consapevole nel
mantenere e sviluppare legami significativi. Questo significa dedicare tempo ed
energia agli amici e ai familiari, praticare l’ascolto attivo, esprimere
gratitudine e reciprocare il supporto. Sociologicamente, l’erosione dei legami
comunitari in molte società moderne rappresenta una sfida significativa, poiché
riduce le opportunità di costruire queste “farmacie sociali” naturali. La
solitudine, di fatto, è stata riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità nel 2021 come un fattore di rischio significativo per la salute mentale.
La consapevolezza di quanto queste interazioni siano vitali dovrebbe spingere
gli individui a
prioritizzare la costruzione e il mantenimento di relazioni autentiche, investendo in esse con la stessa serietà con cui ci si dedica, ad esempio,
alla cura fisica.

Dal punto di vista terapeutico, l’integrazione del supporto sociale nei piani di
trattamento è sempre più riconosciuta. Sebbene la terapia individuale rimanga
un pilastro, l’incoraggiamento a ripristinare o rafforzare i legami sociali può
amplificare l’efficacia degli interventi. I terapeuti possono aiutare i
pazienti a identificare le risorse relazionali esistenti, a superare le
difficoltà nella comunicazione e a sviluppare strategie per chiedere e
accettare aiuto. Questo può includere la partecipazione a gruppi di supporto,
l’impegno in attività sociali o la riattivazione di vecchi legami.
L’intervento psicoterapeutico rivolto alle coppie o alle famiglie
si configura come uno strumento prezioso in grado di elevare il livello delle
relazioni primarie al fine di trasformarle in una risorsa terapeutica proficua.
A partire dal 2020, talune indicazioni cliniche riguardanti il trattamento del
PTSD hanno cominciato ad esortare l’inserimento nel percorso
terapeutico di pratiche volte al supporto sociale come supplemento agli
approcci tradizionali. La ricerca condotta nella città torinese evidenzia che
gli interventi dovrebbero focalizzarsi sia sul rafforzamento della resilienza
individuale sia sulla necessità di
suscitare un ambiente relazionale più favorevole. Questo
implica offrire formazione ai partner e agli amici affinché sappiano fornire un
sostegno adeguato; occorre dare loro gli strumenti necessari per meglio
interpretare e affrontare le esigenze della persona colpita da traumi. Ad
esempio, insegnando loro come riconoscere i segni distintivi legati al trauma
emotivo oppure come evitare scorciatoie interpretative riguardo alle reazioni
negative. Mantenere sempre pazienza ed empatia nei momenti difficili diventa
essenziale per chi ha il compito oneroso ma gratificante di assistere una
persona amata.
L’educazione focalizzata su una comunicazione efficace insieme
a strategie per la gestione dei conflitti ha il potere di
convertire relazioni che potrebbero causare stress in veri e propri bastioni di
stabilità e recupero. Il vero compito consiste nel rendere operativa questa
conoscenza scientifica tramite modalità tangibili e fruibili, introducendo
un’ottica sociale che permea ogni fase dell’assistenza nella sfera della salute
mentale, estendendosi dalla prevenzione primaria fino alla
riabilitazione post-traumatica.
Il tessuto invisibile della cura: riflessioni sulle connessioni umane
Nell’arduo cammino della nostra esistenza terrestre vi sono momenti decisivi in
cui ci troviamo a confrontarci con verità sconvolgenti: l’idea che “non siamo
isole” emerge potente. Questo aspetto cruciale emerge dalla disciplina della
psicologia cognitiva e comportamentale: il benessere individuale non esiste in
isolamento; al contrario, esso è saldamente intrecciato con le esperienze
condivise nel vasto universo sociale.
L’importanza delle relazioni diventa ancor più lampante quando si discute dei
traumi subiti. Elementi fondamentali della psicologia cognitiva chiariscono come
esperienze traumatiche possano distorcere la nostra comprensione del mondo
esterno così come quella interna; fortunatamente, però, relazioni sane offrono
uno spazio ricostruttivo: una cornice alternativa. Questa
cornice rappresenta la possibilità concreta di rielaborare visioni problematiche
ed essere nuovamente aperti alla fiducia e alla sicurezza nel vivere
quotidiano. Coloro che consideriamo amici o partner svolgono ruoli essenziali
nelle fasi dolorose del recupero – non solo spettatori passivi – ma attori
incisivi nella nostra personale narrazione verso la guarigione, fungendo da veri
e propri catalizzatori della resilienza.
Immaginate i loro sorrisi, le loro parole, il semplice essere lì, come mattoni
che ricostruiscono le mura di una casa interiore danneggiata. Questo è il cuore
della medicina correlata alla salute mentale, che sempre più riconosce nel
sociale un aspetto terapeutico imprescindibile.
Andando oltre, una nozione più avanzata di psicologia comportamentale e
neurobiologia ci rivela che le relazioni positive non solo offrono supporto
emotivo, ma influenzano direttamente la nostra biologia. L’interazione sociale
positiva è in grado di modulare il sistema di risposta allo stress, riducendo i
livelli di cortisolo, l'”ormone dello stress”, e promuovendo il rilascio di
ossitocina, l'”ormone dell’amore e dell’attaccamento”, che è associato a
sentimenti di calma e connessione. Questo non è solo un effetto psicologico,
ma una modificazione biochimica tangibile che aiuta il
cervello a processare e superare l’evento traumatico in modo più efficace.
Le relazioni umane, quindi, non sono solo un conforto, ma un vero e proprio
farmaco biologico capace di influenzare la neuroplasticità, ovvero la
capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi. Cosa significa tutto
questo per ognuno di noi, nel nostro quotidiano? Significa che investire nelle
nostre relazioni non è un lusso, ma una necessità vitale. Non si tratta solo di
avere qualcuno con cui condividere la gioia, ma di costruire una rete di
sicurezza invisibile che ci sosterrà quando la vita ci metterà alla prova.
Significa imparare a essere presenti per gli altri, ad ascoltare senza
giudizio, a offrire un “porto sicuro” anche quando non abbiamo tutte le
risposte. E significa anche avere il coraggio di chiedere aiuto, di ammettere
la propria vulnerabilità, di permettere agli altri di essere quel “farmaco
sociale” di cui a volte abbiamo disperatamente bisogno.
Riflettiamo su questo: forse il più grande dono che possiamo fare a noi stessi
e agli altri è semplicemente quello di essere umani, connessi, vulnerabili e,
proprio per questo, incredibilmente forti insieme.








