- Negli ultimi 8 mesi, 2 incidenti mortali a Spoleto sollevano interrogativi sulla sicurezza.
- In Umbria, nei primi 9 mesi del 2024, si sono registrati almeno 13 decessi per infortuni.
- Nel 2024, l'industria e i servizi hanno visto 4.623 denunce, con un notevole aumento a Spoleto.
Il tema della sicurezza sul lavoro si configura come una questione fondamentale che meriterebbe maggiore attenzione; tuttavia viene frequentemente trascurato fino al momento in cui la cronaca porta alla luce tragici episodi.
Recentemente, nella cittadina umbra di Spoleto, si sono verificati vari eventi dolorosi che hanno contrassegnato i giorni passati: queste circostanze drammatiche pongono interrogativi rilevanti sull’efficacia delle misure protettive per i lavoratori.
Esaminando le evidenze disponibili, si delinea una realtà inquietante costituita da drammi individuali e collettivi.
In effetti, nei recenti otto mesi, due fatali incidenti hanno colpito questa comunità: nel settembre scorso ha perso la vita uno stimato operaio sessantunenne proveniente da Foggia; il decesso è avvenuto dopo essere stato schiacciato sotto il peso imponente di alcuni pannelli fotovoltaici mentre operava nell’area Poreta.
A seguito della tragedia, è scattata una rapida procedura giudiziaria con sequestro del sito per effettuare indagini approfondite.
Non si può tralasciare nemmeno l’incidente che aveva precedentemente visto coinvolto un altro individuo poco prima nella stessa estate: nello specifico, ad agosto era stata rinvenuta una persona deceduta nelle campagne vicine; sembra plausibile supporre che tale triste epilogo fosse collegato a problematiche accidentali sorte dall’utilizzo del trattore.

Questi avvenimenti non sono isolati e si inseriscono in un contesto più ampio di incidenti sul lavoro che coinvolgono diverse professionalità e settori.
Dall’analisi dei recenti rapporti emerge che, nei primi nove mesi del 2024, l’Umbria ha registrato almeno tredici morti per infortuni sul lavoro, con un aumento del 3% delle denunce di infortunio rispetto all’anno precedente [La Nazione].
In modo specifico, il comparto maggiormente danneggiato risulta essere quello dell’industria e dei servizi.
Questi settori hanno mostrato una crescita delle segnalazioni pari a 4.623 denunce durante i primi sette mesi del 2024, evidenziando un notevole aumento degli episodi, soprattutto nella regione di Spoleto.
[Corriere dell’Umbria].
I numeri forniti indicano chiaramente l’esigenza di una riflessione critica sull’argomento; non si può semplicemente limitarsi a riportare notizie, ma è necessario interrogarsi sui diversi aspetti e sulle dinamiche che conducono alla formazione di contesti lavorativi pericolosi.
Il comportamento umano e i bias cognitivi: il fattore spesso sottovalutato
Al di là delle cause tecniche e organizzative, che pure meritano un’attenzione scrupolosa, è fondamentale esplorare il ruolo del comportamento umano negli incidenti sul lavoro.
La psicologia della sicurezza, in particolare lo studio dei bias cognitivi, offre una chiave di lettura essenziale per comprendere perché, nonostante le normative e la formazione sui rischi, persistano comportamenti pericolosi.
I bias cognitivi sono delle distorsioni sistematiche nel nostro modo di pensare che possono portarci a prendere decisioni irrazionali o a valutare in modo distorto la realtà.
Un esempio di tale distorsione è il “bias dell’ottimismo irrealistico”, che porta gli individui a ritenere di essere meno a rischio rispetto ad altri, sottovalutando la probabilità di subire un incidente.
L'”euristica della disponibilità”, invece, ci induce a sovrastimare la probabilità di eventi di cui abbiamo sentito parlare di recente, ma non necessariamente a tradurre questa consapevolezza in un cambiamento duraturo del comportamento.

Questi meccanismi mentali possono influenzare sia i lavoratori che i datori di lavoro.
Un operaio potrebbe non indossare i dispositivi di protezione individuale perché “tanto non succede a me”, o un datore di lavoro potrebbe non investire sufficientemente in misure di sicurezza perché “non è mai successo niente di grave qui”.
Un’importante iniziativa in Umbria ha visto i sindacati richiedere una maggiore attenzione alla sicurezza sul lavoro, sottolineando che il settore più toccato è l’industria e servizi, che ha registrato un aumento di 4623 denunce nei primi sette mesi del 2024 [Corriere dell’Umbria].
L’analisi del comportamento, nota come Behavior Analysis e Behavior Based Safety – BBS, ha l’intento specifico di sottoporre a scrutinio e trasformare le condotte individuali.
È fondamentale comprendere che gli infortuni possono derivare non soltanto da malfunzionamenti meccanici, ma principalmente da interventi o mancanze umane.
Questo metodo fonda la sua efficacia su una base di rispetto reciproco ed affidabilità, cercando di incoraggiare pratiche sicure; enfatizza pertanto quelle abitudini virtuose, piuttosto che concentrarsi esclusivamente sugli errori commessi.
La disciplina della psicologia della sicurezza analizza con attenzione i motivi profondi per cui molte persone tendono a trascurare avvertimenti cruciali circa potenziali rischi, rendendosi protagoniste nel compiere scelte imprudenti; essa offre inoltre strumenti strategici utilissimi volti ad intervenire sul piano psico-cognitivo ben prima dell’insorgere di eventi dannosi.
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- Trovo semplicistico attribuire gli infortuni solo ai bias cognitivi......
- E se invece di concentrarci sui bias, cambiassimo il sistema? 🤔......
L’applicazione della psicologia comportamentale per migliorare la sicurezza
Comprendere i bias cognitivi e i meccanismi psicologici che influenzano il comportamento è il primo passo per implementare strategie di prevenzione più efficaci.
La psicologia comportamentale offre diverse tecniche per favorire comportamenti sicuri sul posto di lavoro.
La “gamification”, ad esempio, applica elementi e meccaniche tipiche dei giochi a contesti non ludici per incentivare la partecipazione e l’engagement.
In un programma di sicurezza, ciò potrebbe significare l’introduzione di punteggi, badge o competizioni amichevoli per premiare i comportamenti sicuri e aumentare la motivazione dei lavoratori a rispettare le procedure.

In questo contesto, lo studio della psicologia positiva dimostra che creare una cultura della sicurezza in azienda è fondamentale.
L’approccio mira a migliorare le comunicazioni tra lavoratori e datori di lavoro, enfatizzando le abitudini positive e premiando i comportamenti sicuri, piuttosto che punire gli errori.
Questo approccio ha mostrato risultati significativamente migliori nella riduzione degli infortuni rispetto ai metodi tradizionali che si concentrano sulla repressione.
L’introduzione di occasioni dedicate alla sicurezza, come i check-in, contribuisce significativamente a promuovere la comunicazione e a rafforzare il senso di responsabilità dei dipendenti nei confronti della propria protezione.
[Sicurezza Comportamentale].
Oltre la norma: La sicurezza come fatto umano e cognitivo
Se la normativa e la formazione rappresentano pilastri fondamentali per garantire la sicurezza sul lavoro, le recenti tragedie ci ricordano che l’adesione formale alle disposizioni non è sempre sufficiente a prevenire gli infortuni.
La sicurezza, in ultima analisi, è un fatto umano, profondamente radicato nel nostro modo di pensare e di agire.

Affrontare la tematica solo dal punto di vista tecnico-legale rischia di ignorare una dimensione cruciale: quella psicologica.
È qui che si innesta il contributo della psicologia cognitiva e comportamentale, offrendo una prospettiva che va oltre il mero rispetto delle regole.
Una nozione base di psicologia cognitiva, applicabile al contesto della sicurezza, è l’esistenza di bias che influenzano la nostra percezione del rischio.
Tendiamo a essere eccessivamente ottimisti riguardo alla nostra sicurezza personale, credendo che gli incidenti accadano “agli altri”, non a noi.
Stimolare una riflessione personale su questi meccanismi è fondamentale.
In quale misura siamo pronti ad ammettere che la nostra mente – pur essendo una macchina incredibilmente potente – è anche soggetta a valli oscure, le quali potrebbero condurci verso azioni poco razionali, specialmente nell’ambito della sicurezza?
Riconoscere tale verità non implica minimizzare le nostre responsabilità sia individuali che collettive; al contrario, serve ad ampliare la nostra comprensione delle origini degli incidenti e a perfezionare gli approcci preventivi.
In quest’ottica, la sicurezza psicologica nel contesto lavorativo emerge come un aspetto fondamentale: essa garantisce un ambiente dove il personale può esternare liberamente dubbi e inquietudini senza temere conseguenze negative.
Questo consente l’emersione dei pericoli che i pregiudizi cognitivi hanno celato nelle singole valutazioni.
In sintesi, per prevenire gli incidenti occorre necessariamente sviluppare una maggiore consapevolezza del nostro io interiore e comprendere le intricate dinamiche cognitive che influenzano le scelte quotidiane.
Solo così sarà possibile edificare luoghi di lavoro autenticamente sicuri: spazi nei quali il rispetto della vita e della salute trascenda l’ambito normativo per diventare un principio profondamente radicato e costantemente perseguito giorno dopo giorno – malgrado le vulnerabilità intrinseche del pensiero umano.