Errori umani al lavoro: come l’effetto Dunning-Kruger minaccia la sicurezza

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  • Nel 2023, gli infortuni sul lavoro in Italia sono diminuiti del 16,1%.
  • L'80-90% degli incidenti è attribuibile a errori umani.
  • Circa l'80% degli automobilisti si ritiene superiore alla media.

La sicurezza sul lavoro rappresenta una sfida complessa, dove l’elemento umano emerge spesso come il fattore più critico e imprevedibile. Ogni anno, a dispetto delle normative sempre più stringenti e delle tecnologie avanzate, continuano a verificarsi incidenti e infortuni che palesano le profonde implicazioni degli errori umani. Dal singolo gesto distratto alla mancata percezione di un rischio, le decisioni e i comportamenti dei lavoratori sono al centro di una disciplina che cerca di anticipare e mitigare le conseguenze negative. La psicologia cognitiva e comportamentale offre strumenti fondamentali per comprendere le dinamiche sottostanti a tali errori, svelando come meccanismi mentali apparentemente innocui possano condurre a situazioni di pericolo.

Office environment with people working and interacting.

Non si tratta solo di disattenzione o negligenza, ma di processi mentali complessi che influenzano la percezione, il giudizio e le azioni. L’analisi degli incidenti rivela spesso pattern ricorrenti, legati a fattori come lo stress, il sovraccarico di lavoro (incluso il cosiddetto “technostress” generato dall’interazione con tecnologie sempre più complesse), il lavoro in multitasking e una generale sottovalutazione del pericolo. La digitalizzazione, pur promettendo efficienza e riduzione degli errori grazie a una maggiore precisione, introduce anche nuove sfide, richiedendo una pianificazione rigorosa, un monitoraggio costante e la condivisione delle migliori pratiche, oltre all’adozione di una vera e propria “igiene digitale”.

Dati recenti sulla sicurezza sul lavoro: Nel 2023, gli infortuni sul lavoro in Italia sono stati 375.578, con una diminuzione del 16,1% rispetto all’anno precedente. Gli infortuni mortali accertati sono stati 550, mostrando un calo significativo rispetto agli anni precedenti.
[Relazione INAIL 2023]

Il dibattito sulla sicurezza in ambito lavorativo si è arricchito negli ultimi anni con l’introduzione di modelli proattivi come il Behavior-Based Safety (BBS), un approccio che supera la tradizionale visione reattiva degli incidenti per focalizzarsi sui comportamenti sicuri. La BBS trascende la mera funzione identificativa degli atteggiamenti pericolosi; essa ambisce invece a incoraggiare con vigore pratiche positive mediante sistemi premianti basati su criteri meritocratici. Questo segna un profondo cambiamento paradigmatico, orientando il focus dal semplice rispetto delle normative verso lo sviluppo autentico di una cultura della sicurezza. In questo contesto evoluto ogni membro dell’organizzazione è sollecitato a svolgere un ruolo fondamentale nella prevenzione dei rischi. Il successo rivelato da tali modelli emerge chiaramente attraverso la loro efficacia nel contenere il verificarsi d’incidenti; esso lavora sull’aspetto motivazionale ed epistemologico del personale coinvolto. Adottando una prospettiva proattiva si riconosce che considerare la sicurezza come solo un peso da tollerare rappresenta una visione limitata: al contrario, deve costituire un valore strategico da affermare con energia mediante l’attuazione deliberata di comportamenti responsabili. Così facendo, la formazione deve necessariamente superare il mero trasferimento informativo: essa ha l’obiettivo primario di alterare in maniera positiva sia i comportamenti sia le modalità percettive, dotando gli individui delle competenze necessarie per individuare ed affrontare efficacemente i propri limiti oltre alle circostanze potenzialmente avverse.

La gestione della sicurezza in settori ad alto rischio, come l’aviazione, ha sviluppato metodi sofisticati di crew resource management (CRM) per migliorare la collaborazione e la comunicazione all’interno dei team, riducendo le probabilità di errori concatenati. Questi principi, nati in contesti altamente regolamentati, trovano applicazione anche in altri ambiti lavorativi, dove la coordinazione e la consapevolezza situazionale sono elementi cruciali per prevenire gli infortuni. L’esperienza dell’aviazione insegna che l’errore non è mai il frutto di una singola causa, ma una complessa interazione di fattori umani, tecnici e organizzativi.

Modelli analitici: L’analisi dei “fattori umani” e l’implementazione di modelli analitici come HFACS, SHELL e Safety-II permettono alle aziende di progettare sistemi di sicurezza più robusti e resilienti.
[PuntoSicuro]

In quest’ottica, la comprensione dei “fattori umani” diventa una leva strategica per le aziende, che possono avvalersi di modelli analitici come HFACS, SHELL e Safety-II per progettare sistemi di sicurezza più robusti e resilienti. Questi modelli permettono di mappare le interazioni tra l’individuo, il compito, le attrezzature, l’ambiente e l’organizzazione, identificando i punti di debolezza e le aree di miglioramento. L’obiettivo è creare un ambiente dove l’errore, pur non essendo eliminabile del tutto, sia meno probabile e, quando si verifica, non abbia conseguenze catastrofiche.

Sicurezza del paziente: Gli sforzi globali per ridurre gli errori diagnostici nella sicurezza del paziente sottolineano l’importanza della cognizione e del comportamento nelle decisioni cliniche.
[State of Healthcare, WHO]

Bias cognitivi: le scorciatoie mentali che ingannano la sicurezza

All’origine di molti errori umani e, di conseguenza, di numerosi incidenti sul lavoro, si trovano i cosiddetti bias cognitivi. Questi sono vere e proprie distorsioni del giudizio razionale, scorciatoie mentali che il nostro cervello adotta per elaborare rapidamente le informazioni, ma che possono portare a percezioni errate o deformate. Uno dei più rilevanti per la sicurezza è l’Effetto Dunning-Kruger, che descrive la tendenza delle persone, in particolare quelle meno competenti in un dato settore, a sopravvalutare enormemente le proprie capacità, sottostimando, di conseguenza, i rischi associati.

Infographics about cognitive biases and their impact on safety.

Questo fenomeno ha implicazioni gravissime in contesti lavorativi, dove la consapevolezza dei propri limiti è cruciale per la prevenzione degli infortuni. Un esempio eclatante di tale bias è la storia, risalente al 1995, di McArthur Wheeler, un rapinatore che, convinto di diventare invisibile alle telecamere cospargendosi di succo di limone, agiva in pieno giorno senza travestimenti, rimanendo incredulo di fronte alla sua cattura. Questo episodio, studiato dagli psicologi David Dunning e Justin Kruger della Cornell University, ha rivelato con chiarezza quanto l’illusione di competenza possa ingannare.

Statistiche sugli errori umani: Il 80-90% degli incidenti sul lavoro è attribuibile a errori umani, una statistica che sottolinea l’importanza della formazione e della consapevolezza.
[YouFactors]

L’Effetto Dunning-Kruger è ampiamente osservabile anche nella vita quotidiana: uno studio ha rilevato che circa l’80% degli automobilisti si ritiene superiore alla media, una proporzione statisticamente impossibile che spiega in parte l’eccessiva fiducia nelle proprie capacità di guida e, di conseguenza, l’incidenza di incidenti stradali. Di fronte a questo bias, l’incompetenza non solo conduce a errori, ma impedisce anche la capacità di riconoscerli, ostacolando ogni forma di miglioramento.

In contrasto con l’Effetto Dunning-Kruger, ma con risvolti altrettanto significativi per la sicurezza, vi è la sindrome dell’impostore. Coniata alla fine degli anni Settanta dalle psicologhe Clance e Imes, questa condizione psicologica descrive la paura, diffusa tra persone di successo, di essere “smascherati” come incompetenti nonostante le evidenti dimostrazioni di capacità. Chi ne soffre attribuisce i propri successi a fattori esterni, come la fortuna, e vive con un costante timore di non essere all’altezza.

Glossario:
  • Effetto Dunning-Kruger: bias cognitivo in cui individui con scarse competenze sovrastimano la propria capacità.
  • Sindrome dell’impostore: fenomeno psicologico che porta individui di successo a dubitare delle proprie capacità.

Entrambi i fenomeni sottolineano un’unica, fondamentale verità: la consapevolezza è il cardine della sicurezza. Come affermava Confucio, “La vera conoscenza sta nel conoscere il livello della propria ignoranza”, e come ribadiva Darwin, “L’ignoranza genera fiducia più spesso della conoscenza”.

La presenza di bias cognitivi non si limita alla percezione delle proprie competenze. Nelle indagini sugli infortuni e nelle verifiche aziendali, possono portare a errori di valutazione e a conclusioni errate. Bias come quello di conferma (la tendenza a cercare o interpretare informazioni che confermano le proprie ipotesi preesistenti) o l’ingroup bias (la percezione più positiva delle persone simili a noi) possono distorcere l’analisi degli eventi, impedendo l’identificazione delle vere cause profonde.

L’implementazione di sistemi di gestione della sicurezza che tengano conto di questi bias può migliorare significativamente l’efficienza e l’efficacia delle pratiche di prevenzione. Progettare la formazione, ad esempio, richiede una profonda comprensione di come euristiche e bias cognitivi influenzano l’apprendimento e il comportamento. Non basta fornire informazioni; è necessario strutturare percorsi che aiutino i lavoratori a riconoscere e correggere le proprie distorsioni cognitive, favorendo l’adozione di un approccio più critico e riflessivo alla sicurezza.

È possibile sperimentare Bias Potenziali: Questi includono:
  • Bias di conferma: la tendenza a cercare informazioni che confermano le convinzioni preesistenti.
  • Bias di gruppo: percezione più positiva delle persone appartenenti al nostro stesso gruppo.
Cosa ne pensi?
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Strategie per coltivare la consapevolezza e mitigare i rischi

Contrastare l’impatto dei bias cognitivi come l’Effetto Dunning-Kruger e la sindrome dell’impostore richiede un approccio multifattoriale e continuativo. Fondamentale è promuovere l’autovalutazione obiettiva: incoraggiare i lavoratori a confrontare le proprie competenze con standard oggettivi e a utilizzare test di autovalutazione può favorire una percezione più realista delle proprie capacità. Il feedback costruttivo gioca un ruolo cruciale; riceverlo regolarmente da colleghi, superiori ed esperti aiuta a identificare le aree di miglioramento che altrimenti rimarrebbero inosservate.

Formazione continua: La formazione è un pilastro fondamentale: non solo mantiene aggiornate le competenze, ma aiuta a riconoscere i propri limiti.

È altresì indispensabile coltivare una profonda umiltà intellettuale, un’apertura all’apprendimento che riconosca l’esistenza di un sapere sempre nuovo da acquisire, mitigando così l’illusione di superiorità.

L’adozione di programmi di mentorship e coaching può fornire una prospettiva esterna preziosa, guidando i lavoratori verso una comprensione più accurata delle proprie abilità e contribuendo a costruire fiducia in un ambiente di supporto. Infine, una consapevolezza diffusa sui bias cognitivi stessi, attraverso percorsi educativi specifici, può aiutare i lavoratori a riconoscere e correggere questi errori di giudizio.

Per un manager HSE, la sfida è creare un ambiente di lavoro che non solo prevenga gli incidenti fisici, ma che nutra anche la sicurezza psicologica, raddoppiando la motivazione e triplicando la felicità dei dipendenti, come suggerito da recenti studi. Questo significa promuovere una cultura del feedback aperta e accogliente, dove la critica costruttiva sia vista come un’opportunità di crescita e il riconoscimento dei successi (piccoli e grandi) sia una pratica costante.

Cultura della sicurezza: Creare riconoscimenti e premi per i successi può incrementare l’impegno verso la sicurezza.

L’implementazione di programmi di mentorship e coaching è altrettanto essenziale per supportare lo sviluppo professionale e personale. La formazione, poi, deve trascendere i tecnicismi e includere moduli specifici sull’autostima e sulla gestione dello stress, elementi che possono aggravare la sindrome dell’impostore.

È fondamentale creare una cultura che celebri i successi, offrendo premi, menzioni speciali o semplicemente un ringraziamento pubblico, e che sia inclusiva e di supporto, dove i dipendenti si sentano liberi di esprimere preoccupazioni senza temere il giudizio. Incoraggiare l’auto-consapevolezza, ad esempio tenendo un diario dei propri successi, può aiutare a contrastare i pensieri negativi.

Strategie chiave:
  • Incoraggiare l’autovalutazione obiettiva.
  • Fornire feedback costruttivo regolarmente.
  • Promuovere l’umiltà intellettuale attraverso programmi di mentorship.

Infine, promuovere un sano equilibrio tra lavoro e vita privata è cruciale per ridurre lo stress e il burnout, fattori che possono esacerbate la sindrome dell’impostore e compromettere la lucidità decisionale.

In sintesi, la prevenzione degli infortuni non si esaurisce nell’applicazione di norme tecniche, ma si estende alla comprensione profonda delle dinamiche psicologiche. L’organizzazione Mondiale della Sanità, nel suo rapporto Patient Safety del 2019, riassumeva gli aspetti principali della sicurezza sanitaria in quattro aree fondamentali, evidenziando il ruolo centrale della dimensione umana.

Riassunto chiave della sicurezza del paziente: Migliorare la diagnosi per la sicurezza del paziente è un obiettivo fondamentale per la salute pubblica.

Migliorare la diagnosi per la sicurezza del paziente, tema della VI Giornata della Sicurezza dei Pazienti, è un esempio tangibile di come la riduzione degli errori, anche in contesti complessi, dipenda da una maggiore consapevolezza e da sistemi di supporto adeguati. Sviluppare un metodo che dia priorità alla sicurezza psicologica, affrontando i bias cognitivi e incoraggiando una cultura incentrata sul feedback e sull’assistenza reciproca, rappresenta l’elemento cruciale per realizzare spazi lavorativi non soltanto performanti, ma altresì profondamente protetti ed ecologicamente rispettosi delle esigenze umane.

La complessità della mente umana nella safety quotidiana: una riflessione

Navigare la complessità del mondo lavorativo, specialmente quando si tratta di sicurezza, richiede una costante auto-riflessione. La psicologia cognitiva ci insegna che il nostro cervello, per quanto straordinario, è costantemente alla ricerca di scorciatoie. Queste scorciatoie, le famose “euristiche”, sono spesso efficienti, ma a volte ci portano fuori strada, creando i bias cognitivi.

Pensiamo all’Effetto Dunning-Kruger: quante volte ci siamo sentiti o abbiamo visto altri sentirsi esperti in qualcosa, solo per poi scoprire che la realtà era ben diversa? È una nozione base della psicologia cognitiva: il nostro giudizio sulle nostre stesse capacità può essere notevolmente distorto. Rendersene conto è il primo passo per migliorare. Non si tratta di mancanza di intelligenza, ma di un intrinseco funzionamento del nostro sistema cognitivo.

Approfondendo una nozione più avanzata della psicologia comportamentale, occorre considerare come i nostri schemi mentali influenzino non solo la nostra percezione, ma anche le nostre azioni concrete. Un esempio è il “bias di ottimismo”, la tendenza a credere che gli eventi negativi siano più probabili per gli altri che per noi stessi. Questo può manifestarsi sul lavoro come una sottostima dei rischi personali, portando a comportamenti meno cauti.

A group of colleagues collaborating in an office setting.

La chiave è capire che il mero sapere “cosa fare” non è sufficiente; è necessario che questo sapere si traduca in un comportamento automatico e consapevole, anche grazie all’esposizione ripetuta a simulazioni e scenari che stimolino risposte appropriate. La “sicurezza psicologica” di cui abbiamo parlato non è solo un concetto astratto; è la capacità di un ambiente lavorativo di permetterci di essere autentici, di porre domande, di ammettere errori senza paura di ripercussioni.

È un antidoto potente contro la sindrome dell’impostore e l’Effetto Dunning-Kruger, perché crea un contesto dove il feedback onesto è valorizzato e l’apprendimento dai fallimenti è una risorsa, non una condanna. Pertanto, riflettiamo su quanto siamo effettivamente disposti a scrutinare le nostre percezioni e i nostri comportamenti. Abbiamo l’apertura necessaria per apprendere cose nuove anche quando ciò implica interrogarsi sulle convinzioni consolidate? È bene ricordare che la vera sicurezza scaturisce dalla comprensione del fatto che il limite rappresenta non una fragilità, bensì un’opportunità per espandere i propri orizzonti.


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