Libero arbitrio sotto attacco: Neuroscienze e AI minacciano la nostra essenza?

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  • Le neuroscienze evidenziano attività cerebrali che precedono la presa di decisione consapevole.
  • La libertà potrebbe essere «relegata a un calcolo probabilistico» di opzioni predeterminate.
  • Daniel Dennett esplora la compatibilità del libero arbitrio con il determinismo.
  • Il «Rome Call for AI Ethics» promuove una gestione responsabile dell'intelligenza artificiale.
  • La nostra mente conserva una capacità straordinaria di plasmare la realtà e sé stessa, anche se influenzata da milioni di variabili.

Il dissolversi delle certezze: Il libero arbitrio nell’era delle neuroscienze e dell’AI

Il libero arbitrio rappresenta una delle basi essenziali per definire l’essenza umana ed è al contempo fulcro delle nostre riflessioni sulla responsabilità. Al giorno d’oggi, però, questo tema sta attraversando una fase intensa di dibattito a causa dei progressi esponenziali nei campi della biologia e delle neuroscienze, oltre all’emergere dell’intelligenza artificiale. La questione fondamentale ha smesso di essere esclusivamente filosofica; ora permea anche la nostra vita quotidiana: possiamo davvero affermare con certezza che controlliamo il nostro destino o le decisioni prese sono solo delle illusioni, frutto complesso dell’attività neuronale e degli algoritmi predittivi? Tale dilemma alimenta importanti confronti durante eventi significativi come quello tenutosi recentemente al Meeting di Rimini. Si palesa così uno scontro significativo tra la necessaria ricerca della libertà autentica da parte degli individui e le prove scientifiche sempre più consolidate che mettono seriamente in discussione questa idea.

Se in epoche passate veniva ritenuta indiscutibile l’importanza della libertà come principio fondamentale dell’esistenza umana, oggi essa è oggetto di scrupolosa analisi. Le neuroscienze hanno messo in evidenza attività cerebrali che precedono il momento stesso della presa consapevole della decisione. A questo punto emerge un interrogativo inquietante: ciò che consideriamo frutto della libera scelta potrebbe semplicemente risultare dall’esecuzione anticipata operata dal nostro cervello rispetto alla cognizione stessa del processo decisionale. Questo non significa azzerare la capacità di optare tra diverse possibilità, ma piuttosto ridefinire il campo stesso della libertà: essa potrebbe essere relegata a un calcolo probabilistico di opzioni predeterminate, o addirittura a fenomeni accidentali e immotivati. La tesi di un determinismo biologico integrale, tuttavia, si scontra con l’esperienza intima di sentirsi liberi, di poter iniziare qualcosa di nuovo, di non essere semplici reazioni a stimoli preesistenti.

La neuroscienza ha scoperto che l’attività cerebrale può preavvisare la decisione, il che pone interrogativi sulla vera natura delle nostre scelte. Questa osservazione ci invita a riflettere sul significato del libero arbitrio nel contesto delle neuroscienze contemporanee.

Questa “pietra d’inciampo” per la filosofia e le scienze della mente rivela una lacuna: la difficoltà di conciliare i dati empirici con la complessità dell’esperienza umana, che non può essere ridotta a un semplice concatenarsi di cause ed effetti. La libertà, del resto, non è solo l’assenza di coercizione, la cosiddetta “libertà negativa”, ma anche la capacità di aderire a valori riconosciuti come beni superiori, attuando un fiorire della condizione umana, come suggerirebbe la “libertà positiva”. Comprendere l’esperienza della libertà, quindi, significa riconoscere il momento in cui si passa da uno stato di costrizione a uno di realizzazione di sé, percependo una vera e propria scoperta della propria capacità di iniziativa.

La mente non-condizionata: Il sogno dell’inizio e la sfida dell’AI

Il viaggio evolutivo ci ha dotati, in quanto agenti biologici, di una flessibilità di risposta sorprendente agli stimoli ambientali. Ci si chiede se questa flessibilità sia l’unica forma di libertà concessa alla nostra specie, o se esista la possibilità di una mente veramente non-condizionata, capace di iniziare qualcosa di nuovo senza essere mera conseguenza di pre-condizioni. Questo interrogativo si amplifica esponenzialmente quando si volge lo sguardo al futuro digitale, dominato dall’intelligenza artificiale.

Secondo un articolo pubblicato su “Le Scienze”, l’idea di libero arbitrio potrebbe esistere anche se non operasse nel modo in cui lo immaginiamo intuitivamente.

L’AI, con la sua promessa di moltiplicare le nostre possibilità e di liberarci da compiti gravosi, porta con sé un’ombra: il rischio di un progressivo indebolimento della nostra azione libera e responsabile. Se le previsioni di alcuni si avverassero, e l’AI raggiungesse un livello di “generalità” tale da includere scelte libere, lo scenario distopico un tempo confinato alla fantascienza potrebbe divenire realtà.

Il dibattito contemporaneo non può prescindere da figure di spicco come Daniel Dennett, filosofo della mente ed evoluzionista, che ha sempre sostenuto l’imprescindibilità del dialogo tra filosofia e scienza, ammonendo contro l’ignoranza dei dati empirici. Le sue riflessioni, pur controverse, hanno spinto a considerare la mente come una funzione emergente di processi fisici complessi, senza necessariamente negare la possibilità di una forma di libertà. Le neuroscienze, come sottolineato da Giorgio Vallortigara, ricercatore di spicco in neuroscienze, ci offrono una lente potente per osservare i meccanismi decisionali, ma non possono esaurire la questione ultima della libertà umana.

Daniel Dennett, influente filosofo e logico, ha esplorato la compatibilità del libero arbitrio con il determinismo, sostenendo che il libero arbitrio necessario per la responsabilità morale è compatibile con un mondo determinato.

La mente, così come la coscienza, non è una semplice somma di impulsi elettrici o algoritmi, ma il frutto di un intreccio dinamico tra processi cerebrali, esperienze individuali, apprendimento e interazioni sociali. La plasticità cerebrale, la memoria e l’autocontrollo sono fattori che ampliano lo spettro della scelta umana oltre la mera causalità lineare, opponendosi a riduzionismi eccessivi che oscurerebbero la ricchezza dell’esperienza vissuta.

Brain and person in light blue

AI e autocoscienza: Il confine sfumato della responsabilità

L’ascesa dell’intelligenza artificiale solleva interrogativi cruciali sulla nostra autonomia. Gli algoritmi, che governano sempre più aspetti della nostra vita – dalla selezione lavorativa alla diagnosi medica, dalla guida autonoma alla personalizzazione dei contenuti – ci promettono una liberazione da innumerevoli oneri, ma allo stesso tempo ci espongono al rischio di una progressiva delega delle decisioni. Questa delega potrebbe non solo limitare la nostra capacità di discernimento e di scelta consapevole, ma anche renderci sempre più prevedibili, minando la nostra stessa autonomia.

Secondo Mario De Caro, professore di filosofia morale, l’essere umano non può essere ridotto a un insieme di impulsi elettrici o a un algoritmo, sottolineando che proprio in questa irriducibilità risiede la chiave per una nuova teoria della libertà.

Diventa impellente la necessità di conservare un’etica della responsabilità. La delimitazione delle responsabilità tra esseri umani e macchine è un nodo cruciale, con implicazioni etiche, giuridiche e sociali di vasta portata. La sfida non è solo tecnologica, ma eminentemente culturale, richiedendo un rafforzamento degli strumenti critici affinché l’individuo rimanga l’arbitro della propria esistenza. La coscienza, spesso evocata come baluardo della nostra umanità, è anch’essa oggetto di studio e dibattito.

Il “Rome Call for AI Ethics”, lanciato da Papa Francesco, richiama l’attenzione su principi etici fondamentali per una gestione responsabile dell’intelligenza artificiale, evidenziando l’importanza della trasparenza, inclusione e responsabilità.

L’Istituto Mario Negri, ad esempio, si interroga su quanto siamo vicini alla sua produzione in laboratorio. Sebbene l’ingegnerizzazione della coscienza possa sembrare un orizzonte lontano, non si esclude la sua emersione spontanea in contesti complessi. Questa prospettiva apre scenari stimolanti e vertiginosi, che ci obbligano a ripensare non solo il concetto di scelta, ma anche la natura intima di ciò che ci rende umani.

Elogio della complessità: Verso una nuova concezione di libertà

La sintesi del dibattito, come quella che emerge dagli eventi del Meeting di Rimini, ci invita a un elogio della complessità. Non si tratta di rassegnarsi a un determinismo ineluttabile né di abbracciare un idealismo cieco. La libertà emerge piuttosto come un fenomeno emergente, che trascende la somma dei suoi componenti – neurali, culturali o tecnologici. Riconoscere la forza delle determinazioni biologiche e degli influssi tecnologici è fondamentale, ma altrettanto essenziale è riaffermare la centralità della scelta, della consapevolezza e della responsabilità personale. La nostra capacità di adattarci, di modificare il nostro comportamento e di imparare, evidenziata dalle neuroscienze, rappresenta una flessibilità che nessuna macchina ha ancora eguagliato.

La nuova definizione di libertà, secondo alcuni filosofi contemporanei, implica un’equilibrata coesistenza tra determinismo e libertà, in cui l’agente umano è sempre in grado di esercitare un certo grado di controllo sulle proprie azioni. Nel delicato incrocio fra scienza e filosofia emerge un concetto rinnovato di libertà: essa non rappresenta né l’assoluto né la pura illusione. Piuttosto assume la forma preponderante di un campo dinamico ed incessante, in cui coesistono determinismo ed opportunità potenziale. È cruciale adottare un metodo interdisciplinare; le discipline come fisica o biologia necessitano dell’interazione con antropologia, filosofia, sociologia affinché si evitino giudizi precipitati. La lotta a favore della libertà deve basarsi su una simbiosi innovativa delle varie forme del sapere, integrando etica a tecnologia così come razionalità ad intuizioni profonde.

Secondo i principi della psicologia cognitiva risulta evidente che il cervello umano agisca non come semplice ricettore passivo d’informazioni; esso funziona piuttosto come un architetto attivo della propria percezione del mondo. Attraverso l’interpretazione degli stimoli esterni vi realizza significati articolati ed elaborati nel tempo; questa attività interpretativa risulta essenziale nella nostra concezione stessa di libertà poiché le decisioni personali nascono dalla sinergia complessa fra processi cognitivi, emozioni profonde e il contesto sociale in cui si vive. Pensate alla dissonanza cognitiva, un concetto chiave della psicologia comportamentale: quando le nostre azioni o credenze sono incoerenti, proviamo un disagio che ci spinge a modificare la nostra percezione o il nostro comportamento.

Questa capacità di auto-regolazione e di ricerca di coerenza evidenzia la nostra intrinseca tendenza a creare significato e a esercitare, in qualche modo, un controllo sulla nostra esperienza.

È un promemoria potente: anche di fronte alle prospettive più audaci delle neuroscienze e dell’intelligenza artificiale, la nostra mente conserva una capacità straordinaria di plasmare la realtà e sé stessa. Riflettete su questo: anche se le nostre azioni fossero influenzate da milioni di variabili, la nostra percezione di agire liberamente e il nostro senso di responsabilità sono forze potentissime che orientano le nostre vite. Cosa significa questo per voi, nel vostro quotidiano? Quanto siete disposti a lasciare che gli algoritmi prendano decisioni per voi, e quanto vi sentite capaci di affermare la vostra singolarità?

Glossario:
  • Libero arbitrio: la capacità di fare scelte autonome, non determinate da fattori esterni.
  • Neuroscienze: campo di studio che esplora le strutture e le funzioni del sistema nervoso.
  • Autocoscienza: consapevolezza di sé e della propria identità in relazione al mondo.
  • Dissonanza cognitiva: disagio psicologico che si verifica quando vi è incoerenza tra convinzioni e azioni.

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