Cbt: come la terapia cognitivo-comportamentale trasforma la tua mente

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  • La CBT è efficace quanto gli psicofarmaci per depressione e ansia, studio dell'Associazione per la Psicologia Cognitiva.
  • La CBT-E è il trattamento di prima scelta per i disturbi alimentari secondo il NICE.
  • La CBT-E prevede fino a 40 sedute per pazienti sottopeso.

La Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT) si posiziona come uno degli approcci psicoterapeutici più validati ed estesi a livello globale, rappresentando un fondamento essenziale nel trattamento di svariati disturbi psicologici. Le sue radici affondano nelle intuizioni di pionieri che, fin dagli anni ’60 e ’70, hanno esplorato l’interconnessione tra pensieri, emozioni e comportamenti. L’assunto centrale della CBT è che le esperienze emotive e i comportamenti disfunzionali siano fortemente influenzati da pensieri automatici e credenze irrazionali. Pertanto, intervenire sulla sfera cognitiva si configura come la via principale per indurre un mutamento positivo nel vissuto complessivo dell’individuo. L’evoluzione della CBT non si è arrestata alle formulazioni originarie; nel corso degli anni, ha dato vita a numerosi protocolli specifici, calibrati per affrontare le particolarità di ciascun disturbo.

Recenti sviluppi: Secondo uno studio dell’Associazione per la Psicologia Cognitiva, la CBT ha dimostrato risultati superiori o almeno uguali agli psicofarmaci per la depressione e i disturbi d’ansia, evidenziando come sia efficace anche nel prevenire le ricadute[APC SPC]. Un notevole impulso alla diffusione della Cognitive Behavioral Therapy (CBT) si deve all’emergere delle chiamate terapie di terza onda. Tali modalità terapeutiche conservano integra la fondazione empirica e l’architettura metodologica tipica della CBT, integrando però aspetti innovativi come l’accettazione, pratiche di consapevolezza (mindfulness) e metacognizione. Rientrano in questa categoria diverse tecniche ben conosciute quali l’Acceptance and Commitment Therapy (ACT), la Dialectical Behavior Therapy (DBT), la Metacognitive Therapy (MCT) ed altri interventi focalizzati sulla mindfulness. La fusione di queste nuove angolazioni terapeutiche estende le potenzialità dell’intervento clinico, favorendo un’accentuata flessibilità psicologica mentre invita il soggetto a instaurare una nuova relazione con i propri pensieri ed esperienze interiori. Il traguardo perseguito da tali sistemi è frequentemente quello di insegnare al soggetto ad attuare una forma efficace di de-fusione, che permette loro non solo di identificare i pensieri come meri fenomeni mentali ma anche di evitare di attribuirvi significati definitivi o considerazioni minacciose.

La capacità dimostrata dalla CBT nell’affrontare una vasta gamma di disturbi trova ampia conferma in varie fonti d’evidenze scientifiche convergenti. studi di grande portata, come metanalisi, hanno dimostrato effetti significativi su disturbi quali quello ossessivo-compulsivo, il disturbo d’ansia generalizzato e il disturbo acuto da stress. Sebbene con effetti da lievi a moderati, la CBT ha mostrato benefici anche nel disturbo post-traumatico da stress, nel disturbo d’ansia sociale e nel disturbo di panico. L’applicazione della CBT si estende anche a contesti clinici più complessi, come i disturbi di personalità, dove si osserva una riduzione della sintomatologia e un miglioramento del funzionamento psicosociale dei pazienti. Tuttavia, la ricerca continua a esplorare ulteriori aree di applicazione e a perfezionare gli interventi per sottotipi di disturbi meno studiati.

La Terapia Cognitivo Comportamentale Migliorata (CBT-E) è il trattamento di prima scelta per Disturbi Alimentari, approvato dalle linee guida del National Institute for Clinical Excellence (NICE).

La pratica della CBT si articola in un processo strutturato e collaborativo. Il cammino verso il benessere psicologico si apre mediante una scrupolosa valutazione del soggetto e attraverso l’instaurarsi di un dialogo proficuo volto alla determinazione degli obiettivi comuni. Tale fase risulta imprescindibile per elaborare una formulazione del caso individualizzata, che funge da chiave interpretativa riguardo alla sofferenza emotiva manifestata dal paziente; al contempo fornisce le fondamenta logiche su cui poggia il piano d’intervento proposto. È fondamentale notare che questa formulazione è dinamica piuttosto che fissa: essa subisce continui aggiustamenti in funzione dell’osservanza delle variabili cliniche coinvolte; ciò consente eventuali rivisitazioni rispetto agli obiettivi inizialmente stabiliti o adeguamenti nell’approccio terapeutico scelto. La CBT si distingue in modo significativo poiché incoraggia il soggetto a rivestire un ruolo proattivo e pienamente consapevole nel proprio itinerario terapeutico. Le sessioni seguono normalmente uno schema predeterminato: si parte da un aggiornamento iniziale sullo stato attuale del paziente; segue poi l’analisi degli esercizi svolti a casa nel precedente incontro (passaggio fondamentale affinché i progressi raggiunti possano essere consolidati); successivamente avviene insieme al paziente l’organizzazione dell’agenda dell’incontro stesso; quindi ci si addentra nelle tematiche ritenute prioritariamente urgenti mediante specifiche tecniche d’intervento adottate; infine si progettano nuovi compiti da svolgere fino al prossimo incontro, accompagnati dalla sintesi conclusiva dello scambio avvenuto.

Tecniche e interventi specifici: gli strumenti della CBT

Il repertorio della Terapia Cognitivo-Comportamentale è costituito da un’ampia gamma di metodologie e approcci specificamente orientati al trattamento. Un aspetto cardine di questo indirizzo terapeutico è rappresentato dal modello ABC, un acronimo definito da tre componenti fondamentali: Situazione Attivante (A), Pensieri Automatici (B – Beliefs nell’originale inglese) ed infine le Conseguenze Emotive e Comportamentali (C). Tale metodologia mira all’automonitoraggio delle esperienze soggettive, rendendo possibile per il paziente una maggiore comprensione delle relazioni causali tra gli eventi scatenanti comportamenti dati, le riflessioni interne scaturite dalla contingenza stessa ed infine le risposte emotive o comportamentali risultanti dall’intero processo. Grazie all’uso dell’ABC, l’individuo impara a disarticolare quei complessi fenomeni psichici spesso avvertiti come difficoltà nel proprio vissuto personale. Il percorso comincia dall’identificazione dell’incidente iniziale (“A”), proseguendo quindi verso una scrutinosità rispetto ai pensieri automatici suscitati nella circostanza esaminata (“B”) attraverso domande rivolte al soggetto circa ciò che lo attraversava mentalmente; culmina poi con la ricerca delle emozioni percepite insieme alle azioni adottate durante quella situazione finale (“C”).

Dopo aver acquisito competenza nell’individuazione dei propri schemi mentali negativamente automatizzati davanti ad eventi sfidanti, così come nella comprensione degli effetti delle medesime reattività su se stessi, ci si apre alla fase cruciale del percorso trasformativo: quella della ristrutturazione cognitiva. Questa consiste in un insieme di strategie collaborative e strutturate finalizzate a esplorare, valutare e, se necessario, sostituire i pensieri, le interpretazioni e le credenze disfunzionali che contribuiscono al mantenimento dei disturbi psicologici. In termini più semplici, la ristrutturazione cognitiva insegna al paziente a osservare i propri pensieri con una certa distanza critica, a metterne in dubbio la veridicità, l’appropriatezza, l’utilità o la logica, e a elaborare valutazioni alternative più funzionali. Per facilitare questo processo, la CBT si avvale sia di tecniche prettamente cognitive, come il disputing (una forma di dibattito razionale sui pensieri disfunzionali), sia di esercizi comportamentali. Questi ultimi, come l’esposizione comportamentale, permettono al paziente di confrontarsi direttamente con le situazioni temute al fine di smentire le proprie convinzioni disfunzionali e acquisire nuove informazioni e apprendimenti.

Un caso paradigmatico dell’applicazione della CBT è rappresentato dal Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC). Caratterizzato dalla presenza di ossessioni (idee, pensieri, impulsi o immagini intrusive e intrusive) e/o compulsioni (azioni mentali o comportamentali attuate per neutralizzare l’ansia generata dalle ossessioni), il DOC colpisce una percentuale significativa della popolazione, manifestando una tendenza alla cronicizzazione. Le ossessioni sono spesso vissute come prive di senso e la persona tende a contrastarle e a sentirsi responsabile per il loro contenuto. Le compulsioni, che forniscono un sollievo solo temporaneo, possono assumere forme diverse: controlli ripetuti (di aver chiuso il gas, la porta), rituali di pulizia (in caso di timori di contaminazione), comportamenti volti a ristabilire ordine e simmetria, o azioni superstiziose attuate per prevenire eventi negativi. Il DOC da Relazione, ad esempio, si caratterizza per ossessioni e compulsioni legate alla relazione di coppia. Il trattamento primario per il DOC è rappresentato dalla CBT e dalla sua metodica nota come Esposizione con Prevenzione della Risposta (ERP). Quest’ultima prevede un’esposizione graduale ed elaborata del paziente agli stimoli o alle circostanze capaci di suscitare ossessioni. Durante questo approccio terapeutico, si richiede al soggetto di astenersi dalle compulsioni tipiche. Tale procedura permette alla persona coinvolta di rendersi conto che l’ansia tende a diminuire progressivamente nel corso del tempo anche in assenza dei rituali normalizzanti; inoltre dimostra come gli eventi negativi temuti raramente accadano realmente. Parallelamente all’ERP, la CBT mira a una ristrutturazione cognitiva efficace contro concezioni distorte quali l’eccessivo senso di responsabilità, l’impellenza nella gestione dei pensieri e una bassa tolleranza verso l’incertezza; queste credenze sono spesso responsabili della perpetuazione del disturbo stesso.

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La CBT-E: una terapia avanzata per i disturbi alimentari

Un settore cruciale in cui si applica la Terapia Cognitivo-Comportamentale è quello inerente ai disturbi alimentari; qui si impiega una forma avanzata concepita espressamente per tale ambito diagnostico: la Cognitive Behavior Therapy Enhanced (CBT-E). Questa metodologia ha visto la luce grazie a Christopher G. Fairburn presso il Centre for Research on Eating Disorders at Oxford all’inizio degli anni 2000 ed è stata ufficialmente riconosciuta dalle normative internazionali come un approccio valido ed efficace per fronteggiare ogni tipo di disturbo alimentare negli adulti, comprendendo l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il binge-eating disorder. Il pregio principale della CBT-E risiede nella sua dimensione transdiagnostica, che le consente di focalizzarsi sugli aspetti psicologici centrali comuni ai vari tipi di disturbi alimentari; questi aspetti sono caratterizzati dalla valutazione eccessiva del peso corporeo, delle forme fisiche associate e delle abitudini alimentari, oltre al loro controllo.

Il programma CBT-E affronta diverse dinamiche fondamentali che giocano un ruolo determinante nel perpetuarsi della patologia. Tra questi figurano: l’eccessiva preoccupazione per il peso, la forma del corpo e il controllo dell’alimentazione; la dieta ferrea e le regole alimentari rigide; gli episodi di abbuffata e l’uso di metodi di compenso (vomito autoindotto, lassativi, diuretici); l’esercizio fisico eccessivo; i check ossessivi sull’alimentazione, sul peso e sulla forma del corpo; l’evitamento del contatto visivo o fisico con il proprio corpo; e la sensazione di “sentirsi grassi” indipendentemente dal peso reale.

Fasi della CBT-E Descrizione
Fase Uno Ingaggia il paziente, identifica processi di mantenimento e fornisce psicoeducazione.
Fase Due Analizza i progressi fatti e gli ostacoli al cambiamento.
Fase Tre Affronta i meccanismi principali del Disturbo Alimentare.
Fase Quattro Assicura che i cambiamenti ottenuti si mantengano nel tempo. La terapia viene articolata in diverse fasi, generalmente stabilite intorno a 20 sedute per i pazienti con peso normale e fino a 40 per coloro che risultano sottopeso. Si adotta un metodo che integra procedure cognitive, comportamentali e interventi psicoeducativi. La CBT-E aspira a facilitare il distanziamento dell’individuo dalle ansie legate al peso corporeo, alla silhouette fisica e alla gestione dell’alimentazione; ciò si traduce nella modifica dei meccanismi intrinseci al disturbo stesso. In tal modo si mira a garantire all’individuo una rinnovata flessibilità e autonomia nei rapporti sia col cibo che col proprio corpo.

Pregi, limiti e prospettive future della CBT

In un contesto terapeutico variegato come quello della salute mentale, la Terapia Cognitivo-Comportamentale si distingue per i suoi punti di forza insieme alle sue limitazioni, suscitando non poche discussioni tra esperti. Una delle caratteristiche più rilevanti della CBT risiede nel suo profondo legame con il metodo scientifico e la ricerca empirica, che ne sostiene l’efficacia mediante metodi rigorosi di verifica. La CBT si distingue per l’attenzione scrupolosa dedicata alla misurazione dei risultati ottenuti attraverso le tecniche impiegate; tale approccio contribuisce a conferire una qualità empiricamente dimostrabile al trattamento stesso. In particolare, il focus sui sintomi concreti facilita un intervento mirato soprattutto nelle fasi iniziali della terapia, momento in cui il malessere del paziente è molto intenso ed esige soluzioni rapide ed efficaci. Di conseguenza, questo orientamento pratico colloca tale metodologia nell’ambito delle psicoterapie brevi, contraddistinte da una durata significativamente inferiore rispetto ad altre forme terapeutiche.

Tuttavia, le critiche verso questa impostazione non mancano; alcuni critici mettono in evidenza come un’applicazione meccanica delle tecniche, priva di uno scambio relazionale adeguato tra terapeuta e paziente, possa portare a risultati insoddisfacenti o addirittura a resistenze da parte del paziente stesso nei confronti della terapia o all’abbandono precoce dello stesso percorso curativo. È importante sottolineare come la focalizzazione esclusiva sul sintomo possa portare alla trascuratezza delle problematiche profonde, intrinsecamente legate alla personalità dell’individuo nell’ambito della terapia cognitivo-comportamentale (CBT).

In situazioni simili a questa descritta precedentemente, il mero alleviamento del sintomo superficiale rischia di far mancare la possibilità di attuare una vera ristrutturazione duratura. Tale scenario potrebbe consentire a difficoltà basilari di emergere ulteriormente in ambiti cruciali quali i rapporti interpersonali o le decisioni professionali dei pazienti stessi, producendo così nuove vie per esperienze dolorose. Tuttavia vale la pena notare che, adottando un utilizzo elastico della CBT all’interno di forti legami terapeutici, questa metodica si è rivelata molto fruttuosa nel trattamento dei disturbi limitati e assennatamente poco intricati nella personalità.

Osservando al futuro della CBT, ci si accorge immediatamente del suo potenziale evolutivo impressionante; infatti, un’integrazione con gli approcci cognitivi-emozionali contemporanei sta ampliando costantemente il suo orizzonte operativo, oltre a incoraggiare continui affinamenti delle pratiche già impiegate. Infine, va messo in risalto anche quanto il progresso tecnologico contribuisca a rivoluzionari strumenti applicativi, tra cui spiccano la terapia online e il coinvolgimento dell’intelligenza artificiale nel settore psicologico, (anche se esclusivamente a supporto—non quale sostituto—del terapeuta), permettendo così interventi più accessibili ed efficaci ai soggetti affetti da tali disturbi emotivi complessi. Il campo della ricerca scientifica continuerà a rivestire un’importanza preponderante nell’identificare gli ambiti di maggior efficacia legati alla CBT e nella creazione di protocolli altamente specializzati che rispondano alle sfide intricate associate alla salute mentale moderna.

Alla base della Terapia Cognitivo-Comportamentale c’è il principio che i nostri pensieri hanno un impatto significativo su ciò che proviamo emotivamente e sul modo in cui agiamo. Pensate a una circostanza stressante: se la vostra mente produce pensieri disastrosi, è probabile che avvertiate ansia profonda e attuiate reazioni impulsive oppure cerchiate vie d’uscita attraverso l’evitamento. Questo rapporto intrinseco tra pensiero ed esperienza emotiva è uno dei cardini su cui si basa la psicologia cognitiva ed è descritto attraverso il noto modello ABC. Le teorie più recenti – incluse quelle appartenenti alle terapie di terza onda – accentuano ulteriormente aspetti quali l’accettazione e la consapevolezza. Non siamo sempre capaci di eliminare del tutto i pensieri o le emozioni spiacevoli; al contrario, ci si può orientare verso una modifica delle modalità con cui ci confrontiamo con tali esperienze interiori. Piuttosto che combattere contro o ignorarle completamente, esiste la possibilità di imparare ad osservarle serenamente senza emettere giudizi negativi nei loro confronti; riconoscerle diventa così un esercizio pratico per trattarle come eventi temporanei all’interno del nostro processo mentale quotidiano. Questo processo di defusione cognitiva ci permette di liberare energia precedentemente impiegata nella lotta interna e di direzionarla verso azioni coerenti con i nostri valori. Riflettete su questo: quante energie spendete ogni giorno cercando di non pensare a qualcosa di spiacevole, o lottando contro un’emozione che non vorreste provare? E se, invece, provaste semplicemente a notare questi pensieri ed emozioni, permettendo loro di esserci, senza attaccarvi o giudicarvi per questo? Potreste scoprire un nuovo spazio di manovra e la possibilità di agire in modo più flessibile e intenzionale, anche in presenza di disagio.

Glossario:
  • CBT: Terapia Cognitivo-Comportamentale.
  • CBT-E: Terapia Cognitivo-Comportamentale Migliorata, una forma avanzata di CBT per il trattamento dei disturbi alimentari.
  • Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC): una condizione psicologica caratterizzata da pensieri intrusivi (ossessioni) e comportamenti ripetitivi (compulsioni).
  • Accettazione: Il processo di riconoscere e accettare pensieri e sentimenti senza cercare di cambiarli.
  • Mindfulness: uno stato di consapevolezza che implica l’attenzione al momento presente in modo non giudicante.


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