- Tra il 2021 e il 2022 c'è stato un'impennata del 35,15% dei reati minorili.
- Quasi il 40% degli studenti delle superiori ha partecipato a risse nel 2023.
- Il 30% degli studenti ha compiuto atti di cyberbullismo, secondo il "rapporto ESPAD".
La recente notizia dell’aggressione a un quindicenne riaccende i riflettori su un fenomeno preoccupante: l’aumento esponenziale della violenza giovanile in Italia. Questo episodio, lungi dall’essere isolato, si inserisce in un contesto di crescenti episodi di aggressività tra minori, spesso perpetrati in gruppo e amplificati dal contesto digitale. Le statistiche attestano un aumento significativo dei reati commessi da minori negli ultimi anni. Tra il 2019 e il 2021 si è registrato un incremento del 24,10%, seguito da un’ulteriore impennata del 35,15% tra il 2021 e il 2022. I numeri del 2023 rivelano oltre 31.000 minori segnalati per crimini, con una percentuale rilevante, superiore al 50%, di origine straniera. I reati più frequentemente riscontrati tra i minori includono rapine (24,8% per i detenuti negli istituti penali minorili), furti (21,2%) e lesioni (31,4%), ma si osservano anche aumenti nelle segnalazioni per violenza sessuale tra il 2022 e il 2023.
Questo scenario impone una riflessione approfondita sulle cause sottostanti a tale devianza, che affondano le radici in complesse dinamiche psicologiche, sociali e familiari. È un grido d’allarme che non può essere ignorato, un campanello che suona con urgenza nel panorama della salute mentale e della medicina comportamentale contemporanea, indicando la necessità impellente di strategie preventive e interventi mirati. La violenza giovanile si manifesta in molteplici forme, dal bullismo al cyberbullismo, fino a risse e aggressioni fisiche, spesso motivate da dinamiche di gruppo e dalla ricerca di visibilità sui social media. Questi spazi digitali possono trasformare gli adolescenti sia in vittime che in carnefici, facilitando la diffusione di contenuti violenti e rendendo la violenza stessa un “trofeo” da esibire. La condivisione di video, immagini e messaggi con contenuti aggressivi è, infatti, una pratica sempre più diffusa tra gli adolescenti.
“Quasi il 40% degli studenti delle scuole superiori ha partecipato a risse nel corso del 2023, coinvolgendo circa 990. 000 ragazzi.” – Rapporto ESPAD Italia 2023
Questo fenomeno è spesso correlato a un profondo disagio psichico, che si manifesta in forme di ansia, autolesionismo e, nei casi più gravi, ideazioni suicidarie, come evidenziato dai numerosi accessi al Pronto Soccorso di minori tra i 12 e i 16 anni. Il Ticino, ad esempio, ha registrato un boom di ricoveri giovanili nel 2021, con 224 minorenni ospedalizzati per problematiche legate alla salute mentale. Tali manifestazioni sintomatiche del malessere adolescenziale sono spesso riconducibili a una condizione di fragilità caratterizzata da disregolazione emotiva e cognitiva.
La mancanza di adulti affidabili e la perdita di valori in un contesto sociale incerto e violento contribuiscono a creare uno scenario in cui gli adolescenti faticano a orientarsi e a gestire le proprie emozioni, riversandole in comportamenti aggressivi o autodistruttivi. Le baby gang, come dimostrato da numerosi studi, nascono spesso da rapporti problematici con le famiglie e dalla ricerca di un senso di appartenenza e riconoscimento all’interno del gruppo dei pari, dove la violenza diventa un mezzo per affermare la propria identità e il proprio potere.

Influenza dei social media e disregolazione emotiva
I social media emergono come un catalizzatore potente delle dinamiche di violenza giovanile. La loro pervasività nella vita degli adolescenti li rende uno scenario privilegiato per la manifestazione e l’amplificazione di comportamenti aggressivi. In questi spazi digitali, la violenza può diventare un veicolo per ottenere visibilità e status, trasformandosi in una performance da esibire.
Questo contesto favorisce un’emulazione pericolosa, dove la brutalità diventa imitabile e persino desiderabile agli occhi di giovani in cerca di identità o appartenenza. La facilità con cui video di risse e aggressioni vengono diffusi contribuisce a normalizzare la violenza, abbassando la soglia di percezione del suo impatto e delle sue conseguenze. Questa dinamica rende gli adolescenti sia vittime che carnefici, intrappolati in un circolo vizioso di abusi digitali. Il governo francese, ad esempio, sta valutando l’ipotesi di vietare i social network ai minori per arginare il disagio giovanile e i delitti, un segnale della gravità del fenomeno.
La disregolazione emotiva è un fattore chiave che contribuisce alla violenza giovanile. La difficoltà dei ragazzi nel gestire e comprendere le proprie emozioni, come rabbia, frustrazione o inadeguatezza, può sfociare in comportamenti aggressivi e autodistruttivi. Questo malessere, spesso celato dietro una maschera di indifferenza o arroganza, è il risultato di una fragilità profonda, sia emotiva che cognitiva. Gli esperti sottolineano come i comportamenti violenti possano agire come un “antidolorifico” per lenire un senso di inadeguatezza o un vuoto esistenziale.
“In aumento anche i comportamenti più estremi: il 6,2% degli adolescenti ha danneggiato beni pubblici o privati, mentre il 5,8% ha causato gravi ferite al termine delle aggressioni. ” – Dati EPSAD Italia 2023
La crudeltà sugli animali, ad esempio, è un fenomeno sempre più frequente tra gli adolescenti, indicando una preoccupante incapacità di empatia e una tendenza alla violenza gratuita. Tale incapacità di gestire le emozioni è spesso aggravata dalla percezione di un’assenza di adulti affidabili, figure genitoriali o educative che possano fungere da guida e punto di riferimento in un mondo sempre più complesso.
Questo scenario globale di violenza e incertezza contribuisce a minare la salute mentale dei giovani, rendendoli più vulnerabili a problematiche come ansia, autolesionismo e ideazioni suicidarie. La disregolazione emotiva, in particolare, è un denominatore comune in fenomeni come l’autolesionismo e il cyberbullismo, spesso culminati in tragedie come il suicidio in diretta di alcuni tiktoker, segno di un isolamento sociale profondo e di una richiesta d’aiuto disperata.
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Dinamiche di gruppo e prevenzione
Le dinamiche di gruppo giocano un ruolo cruciale nell’esacerbazione della violenza giovanile. Le “baby gang” non sono semplici assembramenti di ragazzi, ma strutture complesse in cui l’identità individuale si fonde con quella collettiva, spesso sotto la spinta dell’emulazione e della ricerca di accettazione. Ad esempio, a Bolzano, un quindicenne è stato arrestato per terrorismo e affiliato a gruppi satanisti e neonazisti, dimostrando quanto sia ampio il raggio di influenza di questi gruppi. In questi contesti, comportamenti violenti, che altrimenti sarebbero inconcepibili per il singolo, vengono perpetrati in nome dell’appartenenza e della logica del gruppo.
La “psicologia del bullismo” evidenzia come la violenza di gruppo sia spesso una risposta all’inadeguatezza individuale, dove l’aggressore, a sua volta, può essere stato vittima o percepire una profonda insicurezza. Il gruppo offre un senso di protezione e potere, permettendo ai ragazzi di esprimere rabbia e frustrazione in modo distorto. I reati più frequenti commessi da adolescenti includono furti, rapine e spaccio, ma si riscontrano anche imputazioni più gravi come la violenza sessuale, che riflettono un disagio profondo e una chiara devianza comportamentale.
La percezione di impunità e la pressione dei pari possono spingere i giovani a oltrepassare limiti che da soli non supererebbero. Per questo, gli esperti sostengono che i “baby autori dei reati” sono spesso vittime di un sistema educativo e culturale che non ha saputo fornire loro gli strumenti per affrontare le sfide della crescita. Un approccio meramente punitivo rischia di essere inefficace se non accompagnato da interventi che vadano alla radice del problema.
Di fronte a questo scenario critico, la prevenzione assume un’importanza fondamentale. Le scuole e le comunità sono chiamate a giocare un ruolo proattivo nello sviluppo di programmi mirati alla gestione della violenza e alla promozione del benessere psicologico. Progetti come “Youth For Love” si propongono di prevenire la violenza tra pari attraverso l’adozione di comportamenti positivi e la formazione del personale scolastico, fornendo strumenti per gestire la violenza di genere e tra pari.
Insegnare ai giovani a riconoscere, esprimere e gestire le proprie emozioni, promuovendo l’empatia e il rispetto reciproco, è un passo essenziale per costruire una società più inclusiva e meno aggressiva.
Oltre la cronaca: il ruolo della psicologia nel comprendere e curare il disagio
L’approccio puramente descrittivo della cronaca, sebbene necessario per informare, rischia di banalizzare la complessità del fenomeno della violenza giovanile. La psicologia, in tutte le sue sfaccettature, si rivela indispensabile per decodificare le radici profonde di questa aggressività e per delineare percorsi di cura e prevenzione efficaci.
Quando un adolescente non sa come modulare rabbia, frustrazione o tristezza, può ricorrere a comportamenti impulsivi e aggressivi, trovando in essi una valvola di sfogo illusoria. Questa incapacità è spesso il risultato di un apprendimento emotivo carente o traumatico, in cui il giovane non ha avuto l’opportunità di sviluppare strategie di coping efficaci.
Andando più a fondo, la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura, una nozione avanzata in psicologia comportamentale, ci offre una prospettiva illuminante. Questa teoria suggerisce che gli individui apprendono non solo attraverso l’esperienza diretta, ma anche osservando il comportamento degli altri e le conseguenze di tali azioni. Nel contesto della violenza giovanile, ciò significa che l’esposizione a modelli aggressivi, sia nel nucleo familiare, nel gruppo dei pari o, in maniera sempre più preponderante, sui social media, può influenzare profondamente le condotte dei giovani.
Quando la violenza viene glorificata o non riceve adeguate sanzioni, o quando viene percepita come un mezzo per ottenere status o attenzione, si crea un ciclo di emulazione che può portare all’escalation dei comportamenti aggressivi. In tal senso, i social media diventano non solo un palcoscenico per la violenza, ma anche una vera e propria “scuola” di apprendimento, dove le dinamiche di gruppo e la ricerca di visibilità incentivano l’adozione di condotte sempre più estreme.
Questo ci invita a una riflessione personale e collettiva: quanto siamo consapevoli dell’influenza dei modelli che offriamo ai nostri giovani? Come possiamo, come adulti e come società, fornire un ambiente più sano in cui la complessità delle emozioni non venga repressa, ma gestita con consapevolezza e supporto? È tempo di smettere di guardare alla violenza giovanile come un mero sintomo di “cattiveria” o “disagio”, e iniziare a vederla come un segnale di allarme per una profonda ferita sociale.
Investire nella loro educazione emotiva, offrire spazi di ascolto e supporto, e promuovere modelli positivi è non solo un imperativo etico, ma la nostra
- Rapporto completo ESPAD Italia 2023, fonte principale dei dati sulla violenza giovanile.
- Informazioni sul progetto 'La Casa di Nilla plus' per la cura e tutela.
- Dati ufficiali sui maltrattamenti su minori, forniti dall'Autorità Garante.
- Report del Ministero dell'Interno su città e gang giovanili, dati e statistiche.