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Strage sul lavoro: intervento psicologico immediato per ridurre i traumi

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  • Nel 2024, i decessi sul lavoro sono aumentati del 4,7%, con 49 vite perse in più.
  • Il settore delle costruzioni ha registrato 156 decessi, il numero più alto tra i settori.
  • Gli operai stranieri hanno una mortalità sul lavoro quasi doppia, con 74,2 decessi per milione.
  • L'EMDR è raccomandata dall'OMS dal 2013 per il trattamento del PTSD.
  • Il martedì è il giorno più luttuoso, rappresentando il 19,9% degli infortuni mortali.

Strage sul lavoro: un bilancio sempre più drammatico e preoccupante

Il quadro degli incidenti sul lavoro in Italia continua a essere estremamente desolante, segnando un’inquietante progressione rispetto agli anni precedenti. Se il 2023 si era chiuso con 1.041 decessi, il 2024 ha purtroppo visto un ulteriore aumento, toccando quota 1.090 vittime.

Aumento della mortalità sul lavoro nel 2024: Questo dato, che rappresenta un incremento del 4,7% in un solo anno, ovvero 49 vite spezzate in più, è un campanello d’allarme che non può e non deve essere ignorato. L’emergenza è palpabile e richiede un’analisi approfondita delle sue cause e delle possibili soluzioni.

I settori più a rischio si confermano quelli storicamente più esposti. Le costruzioni si ergono come il comparto con il maggior numero di decessi in occasione di lavoro, registrando 156 vittime nel 2024. Seguono a ruota il settore dei trasporti e magazzinaggio (111 decessi) e le attività manifatturiere (101 decessi). Il commercio fa registrare anche lui una tragica conta con ben 58 perdite umane coinvolte. I numeri ottenuti sottolineano un’esigenza impellente: sono necessari interventi specifici e rafforzati nei comparti dove i tassi d’incidente risultano statisticamente maggiormente preoccupanti.

È degno d’attenzione il tema della fragilità manifestata da talune categorie professionali. In particolare, gli stranieri risultano essere disproportionatamente colpiti; infatti, su un totale complessivo di 805 incidenti mortali avvenuti nel corso dell’attività lavorativa (escludendo i sinistri durante il tragitto verso casa), bastano 176 decessi riferibili agli stranieri. Tali cifre denotano una mortalità sul posto di lavoro pressoché doppia rispetto agli operai nazionali: sono stati rilevati circa 74,2 decessi per milione tra i dipendenti stranieri contrapposti ai soli 29,7 tra quelli italiani. Questa marcata differenza rimanda verosimilmente a problematiche inerenti al precariato nonché alla mancanza di adeguata formazione oppure alle difficoltà comunicative e culturali che potrebbero incidere negativamente sulla sicurezza generale nell’ambiente lavorativo.

In aggiunta si considera come l’età abbia un ruolo significativo nel quadro statistico della mortalità: la categoria degli ultrasessantacinquenni, difatti, presenta le percentuali più elevate riguardo ai casi letali sul luogo del lavoro, attestandosi su circa 138,3 deceduti per milione. Seguono i lavoratori tra i 55 e i 64 anni, con un’incidenza di 54,5. Sebbene quest’ultima fascia sia numericamente la più colpita (279 decessi su 805 totali), l’incidenza tra gli anziani è significativamente superiore, rimarcando la necessità di protezioni specifiche per i lavoratori più maturi.

La distribuzione geografica delle fatalità rivela disuguaglianze regionali. Nel 2024, regioni come Basilicata, Valle d’Aosta, Umbria, Trentino-Alto Adige, Campania, Sardegna e Sicilia si sono trovate in “zona rossa”, con un’incidenza di infortuni mortali superiore del 25% rispetto alla media nazionale. La Lombardia, pur essendo una delle regioni con il maggior numero di occupati, detiene il primato per numero assoluto di vittime (131). Questo indica che, oltre ai fattori di rischio settoriali e individuali, anche le specificità regionali e le relative politiche di sicurezza giocano un ruolo cruciale.

Nonostante il drammatico aumento delle morti, le denunce totali di infortunio hanno mostrato una relativa stabilità, con un aumento marginale dello 0,7% rispetto al 2023 (da 585. 356 a 589.571). Le attività manifatturiere si confermano anche qui in testa per numero di denunce totali (70.842), seguite dalle costruzioni, dalla sanità, dai trasporti e magazzinaggio e dal commercio. Questi dati sottolineano l’urgenza di un approccio più incisivo alla prevenzione, che vada oltre la mera segnalazione e si concentri sulla radicazione di una cultura della sicurezza. Il martedì, in particolare, si è confermato il giorno più luttuoso per gli infortuni mortali nel 2024, rappresentando il 19,9% dei casi. Le donne coinvolte sono state 86 (52 in occasione di lavoro e 34 in itinere), mentre gli stranieri deceduti in occasione di lavoro sono stati 176 e 51 in itinere.

Uomo in bianco e nero che rappresenta la psicologia integrata.

Oltre il fisico: l’urgenza della riabilitazione psicologica integrata

Nel panorama degli incidenti lavorativi, è evidente che le conseguenze non si limitano ai soli danni corporei; la dimensione psicologica gioca un ruolo fondamentale e spesso trascurato. Le cicatrici invisibili lasciate da tali esperienze possono prendere forma attraverso disturbi quali il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), così come ansie pervasive, depressione o fobie mirate all’ambiente professionale. Non prestare attenzione a questo aspetto implica condurre verso una riabilitazione superficiale e poco efficiente; ciò potrebbe ostacolare notevolmente la reintegrazione del soggetto nel contesto sociale ed economico della sua vita quotidiana. In tal senso, l’Agenzia Sanitaria Nazionale sostiene con fermezza che l’implementazione di supporto psicologico debba essere standardizzata per assicurare una ripresa completa che abbracci tanto gli aspetti fisici quanto quelli mentali.

In questo scenario complesso emerge impellente la richiesta di adottare un approccio olistico alla riabilitazione. Un tale approccio riconosce l’indissolubile connessione tra benessere corporeo ed emotivo dell’individuo: affrontiamo solo parzialmente le fratture ossee se non consideriamo anche le influenze psichiche scaturite dall’evento traumatico stesso. La riabilitazione olistica si propone di ristabilire l’integrità dell’individuo valutando cognizione, emozioni e comportamento come elementi interattivi e in continua evoluzione. Ciò implica che i processi riabilitativi debbano includere non soltanto trattamenti fisici come la fisioterapia e il ripristino della funzionalità motoria, ma anche un sostegno psicologico significativo per facilitare l’elaborazione del trauma vissuto dall’individuo, così come per accrescere la sua resilienza personale.

A tal proposito si segnala che L’INAIL, noto Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, sta ristrutturando le sue linee guida verso una visione integrata del benessere, che consideri insieme alle dimensioni fisiche anche quelle sociali ed emotive dei lavoratori coinvolti. Tale mutamento è essenziale affinché ci si allontani da paradigmi esclusivamente medico-legali in favore di approcci maggiormente centrati sull’essenza umana dell’individuo nell’ambito della sua completa riabilitazione. Pertanto, ciascun fisiatra operante nell’ambito INAIL dovrebbe possedere competenze specifiche sia nella gestione delle disabilità corporee sia nella comprensione delle conseguenze psicologiche legate al dolore cronico o alle patologie invalidanti.

Un gruppo di persone in un ambiente industriale.

Informazioni importanti: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è fondamentale rimanere informati e preparati a intervenire su tutti gli aspetti anche nella riabilitazione psicologica.

L’implementazione di un approccio olistico implica una stretta collaborazione tra diverse figure professionali: medici, fisioterapisti, psicologi e psicoterapeuti. L’obiettivo comune è creare un percorso riabilitativo su misura, che tenga conto delle specificità di ogni individuo e delle sfide che deve affrontare. Questo include la valutazione della condizione fisica e mentale, la pianificazione di interventi personalizzati e un monitoraggio costante dei progressi. Solo così si può sperare di prevenire le conseguenze a lungo termine del trauma, come l’abbandono del lavoro, l’isolamento sociale o lo sviluppo di disturbi cronici. Un esempio concreto di questa integrazione è l’attenzione ai rischi psicosociali e allo stress correlato al lavoro, riconosciuti dall’EU-OSHA come elementi fondamentali per la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro. L’adozione di un approccio preventivo, olistico e sistematico nella gestione dei rischi rappresenta una strategia altamente efficiente per costruire uno spazio lavorativo nel quale ciascun dipendente possa percepirsi al sicuro e tutelato. Tale metodologia non solo gioca un ruolo cruciale nella prevenzione di futuri incidenti, ma favorisce anche la diffusione di uno stato di benessere complessivo, con effetti tangibili su produttività e qualità della vita.

L’EMDR: una chiave di volta nella cura del trauma

Nell’ambito delle terapie psicologiche, l’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) si distingue come metodo straordinariamente efficace per affrontare i traumi, ottenendo un riconoscimento consolidato a livello internazionale. Dal 2013, infatti, essa figura nell’elenco dei trattamenti consigliati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), specialmente per quanto concerne il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD). La sua comprovata efficacia scientifica ne fa uno strumento non solo altamente valutato ma anche sempre più utilizzato nella gestione degli incidenti lavorativi.

Questo approccio terapeutico opera direttamente sulla rielaborazione delle esperienze traumatiche mediante un processo specifico che prevede una stimolazione bilaterale alternata. Tali modalità di stimolazione possono assumere forme oculari—con il paziente intento a seguire le dita del terapeuta—tattile attraverso leggeri tocchi oppure acustica mediante suoni alternativamente riprodotti. Il principio fondamentale alla base dell’EMDR è quello di agevolare l’elaborazione naturale dei traumi da parte del cervello stesso; ciò porta a una trasformazione positiva delle memorie problematiche insieme ai significati negativi legati agli eventi vissuti. Non si tratta di dimenticare il trauma, ma di ridurne l’impatto emotivo e cognitivo, permettendo al ricordo di essere integrato in una rete di memorie meno disturbanti.

“La forza dell’EMDR risiede nella sua capacità di elaborare le memorie traumatiche non solo sul piano cognitivo, ma anche su quello emotivo e somatico.” – Guilford Press

Il protocollo EMDR si articola in otto fasi ben definite, che vanno dall’anamnesi dettagliata e la preparazione del paziente, fino alla desensibilizzazione, installazione di cognizioni positive, body scan e conclude con la rivalutazione dei progressi. Ogni fase è cruciale per guidare il paziente attraverso il processo di elaborazione, assicurando che il trauma venga affrontato in un ambiente sicuro e controllato. I miglioramenti che possono essere registrati includono non solo la riduzione dei sintomi da stress traumatico, ma anche un incremento della concentrazione, una maggiore lucidità mentale e una significativa riduzione dell’ansia e delle fobie correlate all’evento.

Numerosi studi attestano l’efficacia dell’EMDR in diverse situazioni traumatiche. Sebbene spesso associata a traumi di grande entità, come quelli derivanti da disastri naturali o eventi bellici, l’EMDR si è dimostrata utile anche per traumi “minori” come infortuni sul lavoro. Una serie di ricerche ha suggerito che l’EMDR può ridurre efficacemente i sintomi di stress traumatico tra il personale esposto a situazioni ad alto rischio di trauma. Frances Shapiro, fondatrice della metodologia, ha affermato che, “L’EMDR non trattiene solo l’emozione, ha il potere di trasmettere cura e guarigione.”

L’analisi dei dati di studi recenti ha dimostrato che EMDR è in grado di riportare il paziente a uno stato di benessere, non solo trattando l’evento traumatico ma elaborando le memorie stesse, consentendo al materiale emotivamente disturbante di essere integrato in maniera meno perturbante. Questo approccio non solo si occupa della sintomatologia, ma facilita anche il recupero delle capacità lavorative quotidiane.

Percorsi di resilienza: il cammino verso il benessere integrale

La riabilitazione di un lavoratore colpito da un infortunio grave è un processo che va ben oltre il semplice recupero della funzione fisica. Essa rappresenta un vero e proprio percorso di resilienza, un cammino che conduce l’individuo dalla condizione di vittima a quella di persona reintegrata, capace di affrontare il futuro con rinnovata forza. L’integrazione di approcci fisici e psicologici è fondamentale per raggiungere questa pienezza di recupero, per curare le “cicatrici invisibili” che spesso sono più debilitanti di quelle visibili. È qui che la psicologia cognitiva e comportamentale gioca un ruolo cruciale, offrendo strumenti e strategie per elaborare il trauma e ricostruire la propria vita.

La riabilitazione psicologica non è un’opzione secondaria, ma una componente essenziale. Molti infortuni sul lavoro, anche quelli non mortali, generano un profondo stress post-traumatico. Questo si manifesta con sintomi come flashback, incubi, stati d’ansia generalizzata, attacchi di panico e un senso persistente di paura o di distacco. Tali reazioni non solo ostacolano il recupero fisico, ma possono anche compromettere la capacità del lavoratore di tornare alla propria attività o, in senso più ampio, di vivere una vita soddisfacente. La terapia EMDR, con la sua azione mirata sulle memorie traumatiche, diventa un alleato prezioso in questo contesto, permettendo al cervello di “desensibilizzare” i ricordi dolorosi e di “riprocessarli” in una chiave meno minacciosa.

Al di là del trattamento del PTSD, la riabilitazione psicologica integrata mira a promuovere la resilienza, ovvero la capacità di affrontare e superare le avversità. Questo significa lavorare sul potenziamento delle risorse interne del lavoratore, migliorando le sue capacità di coping e rafforzando l’autostima, spesso intaccata dall’infortunio. Si incoraggia lo sviluppo di nuove strategie per gestire lo stress, per superare le fobie e per ricostruire un senso di controllo sulla propria vita. L’approccio olistico, in questo senso, riconosce che il benessere non è solo assenza di malattia, ma uno stato dinamico di equilibrio fisico, mentale e sociale. La novità fondamentale presentata da questo approccio trascende la semplice integrazione di varie discipline terapeutiche; essa investe anche la personalizzazione dei percorsi riabilitativi. Ogni persona vive l’esperienza traumatica in modo distinto ed è per tale motivo che il programma di recupero deve risultare straordinariamente flessibile e adattabile. È necessaria un’analisi approfondita delle esigenze peculiari dell’individuo coinvolto: dai suoi vissuti emotivi alle risorse personali disponibili fino al contesto sociale in cui è inserito. Solo procedendo in tal senso sarà possibile sviluppare un itinerario realmente efficace, volto non soltanto al ristabilimento delle funzioni corporee ma anche alla riconquista della propria identità all’interno della comunità professionale.

In sostanza, gli incidenti sul luogo di lavoro vanno oltre le freddure statistiche: essi rappresentano le narrazioni intime di individui attraverso cui intere famiglie combattono battaglie enormi. La salute psicologica ha uguale diritto ad essere considerata con medesimo interesse rispetto agli aspetti fisici della cura. Auspichiamo fortemente che queste cifre inquietanti inducano una meditazione seria su scala vasta—dalle strategie preventive fino alle modalità riabilitative—in modo da assicurare ad ogni lavoratore l’accesso a un processo riparativo pienamente soddisfacente e rispettoso della sua dignità umana.

Glossario:

  • PTSD: Disturbo Post-Traumatico da Stress, un disturbo psicologico che può svilupparsi dopo l’esperienza di eventi traumatizzanti.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, una terapia efficace nel trattamento dei traumi.
  • INAIL: Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, ente che si occupa della tutela dei lavoratori in caso di infortunio.

Donna che si rilassa in un moderno ambiente illuminato da piante verdi.

La psicologia comportamentale ci insegna che il trauma non è semplicemente un brutto ricordo, ma una complessa rete di risposte emotive, cognitive e fisiologiche che si attivano di fronte a stimoli associati all’evento traumatico. Pensate a un lavoratore che, dopo un incidente in cantiere, prova un’ansia paralizzante alla vista di un elmetto o al suono di una gru. Questa non è solo paura: è una reazione condizionata, in cui stimoli un tempo neutri assumono un significato minaccioso a causa dell’associazione con l’evento traumatico. La riabilitazione psicologica agisce proprio su questi condizionamenti, aiutando il cervello a riprogrammare le sue risposte e a disconnettere il pericolo da stimoli innocui.

A un livello più avanzato, la psicologia cognitiva ci permette di comprendere come il trauma possa alterare la nostra percezione della realtà e la nostra capacità di elaborare le informazioni. Dopo un incidente, la mente può rimanere “bloccata” su certi dettagli, ripensando continuamente all’evento, come se volesse trovare una soluzione o una spiegazione. Questo fenomeno, noto come ruminazione cognitiva, impedisce l’integrazione del ricordo traumatico e lo mantiene vivo e doloroso. La terapia EMDR, ad esempio, non solo desensibilizza l’emozione legata al ricordo, ma facilita anche una ristrutturazione cognitiva, permettendo al cervello di elaborare l’evento in un contesto più ampio e meno distruttivo. È un po’ come riorganizzare un archivio disordinato, in cui i documenti traumatici vengono riposizionati e classificati in modo che non creino più confusione e allarme ogni volta che vi si accede. È opportuno riflettere su come tendiamo ad isolare il corpo dalla mente. Seppur pronti ad affrontare una frattura mediante interventi medici immediati, frequentemente ignoriamo il dolore invisibile, quello che risiede nelle profondità dell’anima. Un incidente professionale ci spinge a misurarci con questa fusione tra corpo e mente in maniera decisiva: sebbene il corpo subisca lesioni evidenti, la mente vive uno stato di crisi profondo; entrambi necessitano della reciproca guarigione per ritrovare equilibrio. Riguardo alla sicurezza sul lavoro, è fondamentale ampliare le nostre considerazioni oltre ai semplici strumenti di protezione individuale o alle norme operative stabilite. Dobbiamo abbracciare la convinzione che salute e benessere del lavoratore costituiscano un connubio indissolubile fra dimensione fisica e psicologica. Solo procedendo in tal senso potremmo intraprendere quel percorso volto non soltanto alla ristrutturazione delle esistenze individuali, ma anche al rafforzamento di una società più consapevole nei suoi doveri protettivi.


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