- Il sovraffollamento riguarda 9 istituti su 17, secondo l'associazione Antigone.
- I detenuti sono 600, aumento dovuto al decreto Caivano.
- Più del 60% dei giovani ha meno di 18 anni.
Attualmente il sistema penitenziario destinato ai minori in Italia vive una fase estremamente critica e mai sperimentata fino ad ora. Si registrano livelli preoccupanti di sovraffollamento nelle prigioni giovanili: sono ben nove gli istituti su diciassette che oltrepassano i limiti di capienza previsti. Un’analisi dettagliata effettuata dall’associazione Antigone ha messo in luce questa drammatica condizione degli ambienti detentivi riservati ai giovani trasgressori; fra le aree maggiormente compromesse figurano città come Treviso, Milano e Cagliari.
Stando alle informazioni fresche fornite dal Dipartimento per la giustizia minorile nel maggio 2025, il conteggio dei ragazzi adolescenti e dei giovani adulti (nella fascia d’età tra i 14 ed i 24 anni) attualmente rinchiusi negli Istituti Penali Minorili italiani ha toccato quota 600, rappresentando così un aumento considerevole rispetto agli anni passati; ciò è particolarmente visibile dalla conclusione dell’anno 2023 grazie all’implementazione del decreto Caivano stesso. Tale normativa ha reso più severe le sanzioni nei confronti dei minori responsabili di infrazioni penalmente perseguibili ed ha incrementato il ricorso alle misure cautelari incidendo fortemente sull’affollamento delle strutture detentive dedicate ai minori delinquenti.

Le conseguenze del sovraffollamento e le criticità del sistema
Il sovraffollamento, l’uso crescente di psicofarmaci e la carenza di percorsi rieducativi efficaci hanno generato proteste e rivolte all’interno delle carceri minorili. Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e fondatore della comunità Kayros, sottolinea che “il carcere deve essere l’estrema ratio, ma spesso non è così. In questo momento storico di malessere giovanile generalizzato, il carcere per i giovani può avere un effetto devastante”.
Il sottosegretario alla giustizia, Andrea Ostellari, ha riferito degli sforzi in corso per potenziare i programmi rieducativi e ha annunciato l’imminente apertura di nuovi complessi penitenziari. Le carenze del sistema, tuttavia, permangono evidenti. Il numero complessivo dei ragazzi accolti nei servizi residenziali (che includono carceri, comunità e centri di primo ingresso) ammonta a circa 1800 unità, segnando un aumento rispetto ai 1300 rilevati a luglio 2023. Anche i giovani seguiti dai servizi della giustizia minorile, che al 15 maggio erano quasi 16 mila, mostrano una tendenza all’incremento.
Dei 600 giovani detenuti negli Ipm, la netta maggioranza è costituita da maschi (con sole 30 ragazze) e circa la metà rientra nella categoria dei minori stranieri non accompagnati. Nel luglio del 2023, antecedentemente all’applicazione del *decreto Caivano, la popolazione giovanile detentiva negli istituti raggiungeva quota 420 unità; a chiusura del 2022 tale cifra era inferiore e si attestava su un totale di 381 detenuti. Attualmente più del *60%* di questi giovani è composto da individui sotto i diciotto anni; questo dato mostra un incremento rispetto all’anno precedente, nel quale gli adolescenti costituivano solo il *56%*. È opportuno notare come il decreto Caivano abiliti la possibilità di trasferire i maggiorenni nelle strutture adibite agli adulti, una mossa che suscita non poche preoccupazioni.
- È confortante vedere che si discute di soluzioni......
- Il decreto Caivano sembra un cerotto su una gamba rotta......
- E se invece di carceri, puntassimo su una scuola di seconde opportunità... 🤔...
Il trasferimento dei giovani adulti e le proteste
Susanna Marietti, coordinatrice nazionale dell’associazione Antigone e responsabile dell’osservatorio sulla giustizia minorile, avverte che “sempre più accade che al compimento del diciottesimo anno di età i ragazzi vengano spediti in via punitiva al carcere per adulti. In questo modo diventano vite a perdere”. Il sottosegretario Ostellari ha precisato che “non c’è nessun provvedimento generalizzato” e che il trasferimento avviene in base al comportamento del singolo.
Nondimeno, i crescenti trasferimenti hanno scatenato reazioni di dissenso; ad esempio, a Bologna, detenuti divenuti maggiorenni mentre si trovavano in regime minorile sono stati trasferiti in una sezione del carcere per adulti della Dozza. Analogamente, a Marassi, la casa circondariale per adulti di Genova, si è verificata una vivace contestazione in seguito ad abusi e sevizie subiti da un detenuto appena diciottenne da parte dei suoi compagni di cella.
I reati più diffusi tra i minorenni e i giovani adulti entrati negli Ipm sono legati agli stupefacenti, alle lesioni personali e volontarie, alla violenza, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
Aumenta preoccupantemente il numero dei tentativi di omicidio, così come le violenze di natura sessuale. Esaminando la situazione generale relativa ai minorenni coinvolti nei servizi della giustizia minorile, emergono come prevalenti reati quali le lesioni personali, oltre a furti, rapine, traffico di stupefacenti e atti di resistenza nei confronti delle forze dell’ordine.
Proposte e soluzioni per un nuovo modello
Per far fronte al sovraffollamento, il Ministero della Giustizia ha preannunciato l’inaugurazione di nuove strutture detentive e interventi di ristrutturazione su quelle esistenti. Entro l’anno è prevista l’apertura di un nuovo istituto a Rovigo, cui seguiranno Lecce e L’Aquila. Il dicastero ha inoltre comunicato l’attivazione, in collaborazione con le regioni, di comunità caratterizzate da un’alta intensità assistenziale per i giovani con problematiche psichiche. La prima di queste strutture è stata avviata a Casteggio, in provincia di Pavia, e la sua gestione è affidata a Recovery for Life.
Un altro punto cruciale riguarda la carenza di percorsi rieducativi efficaci. Susanna Marietti evidenzia che “sempre di più la detenzione minorile somiglia a quella degli adulti. C’è uno stato di abbandono.” Marietti aggiunge che “i ragazzi passano molto tempo in cella senza fare niente”. Don Claudio Burgio sottolinea l’insufficienza di opportunità formative e professionali, specialmente durante i mesi estivi.
La mancanza di una robusta rete di accoglienza, in particolare per i minori stranieri non accompagnati, rappresenta un’ulteriore criticità. Le comunità operative sono in difficoltà e il numero di educatori è in costante diminuzione. Secondo i dati aggiornati a maggio 2025, in Italia esistono soltanto tre comunità ministeriali che accolgono 18 ragazzi, mentre oltre un migliaio sono ospitati in strutture private.
Don Claudio Burgio suggerisce di ripensare l’approccio, privilegiando piccole comunità dove sostenere i giovani nel recuperare i legami sociali. Egli afferma che “non servono altre carceri, servono piccole comunità in cui aiutare i ragazzi a ricostruire i rapporti sociali”.
L’orizzonte di speranza: l’importanza imperativa di metodi educativi e riabilitativi
In Italia, lo stato attuale delle carceri destinate ai minori rappresenta una seria inquietudine da non trascurare. La problematica del sovraffollamento, associata alla mancanza di risorse adeguate e a una crescente mentalità retributiva, mina pesantemente il futuro degli adolescenti bisognosi sia d’assistenza sia d’integrazione. È essenziale per le istituzioni competenti, insieme alle organizzazioni dedicate e alla comunità nel suo complesso, unirsi al fine di realizzare un sistema penitenziario minorile realmente focalizzato sulla rieducazione oltreché sul reinserimento sociale. L’ambiente in cui cresce un individuo ha una notevole influenza su come si sviluppa cognitivamente e comportamentalmente. Secondo quanto sostiene la psicologia cognitiva, un contesto detentivo affollato, privo delle dovute sollecitazioni positive, può aggravare ulteriormente gli stati patologici legati alla sfera mentale dei giovani internati aumentando drasticamente anche i tassi di recidiva.
Potrebbe risultare particolarmente utile l’introduzione nei percorsi formativi presenti nelle strutture carcerarie giovanili della Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC); essa ha già dimostrato eccellenti risultati nella cura dei disordini comportamentali oltre a favorire lo sviluppo dell’empatia nelle relazioni interpersonali. La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) si presenta come un utile alleato per i giovani detenuti, facilitando l’identificazione e la ristrutturazione dei pensieri disfunzionali nonché dei comportamenti problematici*, fattori determinanti nella genesi di atti criminali. Questo approccio fornisce risorse preziose ai ragazzi, permettendo loro di affrontare in maniera proattiva le difficoltà quotidiane.
Riflettiamo su questa questione: quali strategie possiamo adottare come comunità al fine di garantire a questi giovani una seconda opportunità, supportandoli nel percorso verso un avvenire più promettente?
- Analisi di Antigone sull'impatto del decreto Caivano sul sistema penale minorile.
- Statistiche ufficiali del Ministero della Giustizia sulla giustizia minorile.
- Descrizione dell'associazione fondata da Don Burgio, che opera nel settore minorile.
- Pagina del Ministero della Giustizia con informazioni su Andrea Ostellari.