Psichiatria dell’anima: quando la scienza incontra la sofferenza umana

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  • La depressione colpisce circa il 6% della popolazione adulta.
  • Il 10,8% dei giovani tra 15 e 24 anni assume psicofarmaci senza prescrizione.
  • L'Oms segnala un aumento del 30% nei disturbi mentali.

L’evoluzione della disciplina psichiatrica: un percorso che trasforma la
follia, dapprima interpretata come manifestazione soprannaturale, in una
questione di intricata complessità esistenziale.

Nel campo della salute mentale, la comprensione e il trattamento dei disturbi psichiatrici hanno percorso un cammino
storico notevolmente lungo e complesso, partendo da una visione originaria della “follia” interpretata come un evento di
natura soprannaturale legato a origini magico-religiose. Questa prospettiva era visibile anche nella medicina ippocratica,
che pure considerava l’essere umano nella sua interezza. Con lo sviluppo della medicina greco-romana e araba, si è
verificato un mutamento di approccio, riconoscendo il disturbo psichiatrico quale fenomeno naturale. L’avvio della
psichiatria moderna si colloca convenzionalmente tra la conclusione del XVIII secolo e l’inizio del XIX, con figure di
spicco quali il medico e filosofo tedesco Marchior A. Weikard, come riportato in “Der philosopher Arzt” (1773). In questa
fase iniziale, coloro che erano considerati “folli”, o “pazzi” e “matti” per i loro comportamenti ritenuti “strani” e non
conformi, venivano internati nei manicomi, luoghi destinati prevalentemente all’assistenza o a forme rudimentali di
“cura”.

Titolo: Der philosopher Arzt Autore: Marchior A. Weikard
Anno: 1773

Il pensiero psichiatrico-clinico cominciò a prendere forma grazie al contributo di pionieri come Pinel, Morel, Kraepelin e
Bleuler, che si adoperarono per dare un assetto al mondo apparentemente “bizzarro” della psichiatria. Personalità come
Kraepelin introdussero termini che sarebbero diventati fondamentali nella disciplina, ad esempio “dementia praecox”, in
seguito rinominata da Bleuler come “schizofrenia”. In questa fase storica, la malattia mentale era perlopiù concepita come
una patologia organica intrinseca, in accordo con la celebre affermazione di W. Griensinger secondo cui “le malattie
mentali sono malattie del cervello”. Questa prospettiva clinico-descrittiva orientò la disciplina con l’obiettivo primario di
descrivere e classificare le entità morbose. La storia della psichiatria ha attraversato differenti modelli interpretativi: dallo
spiritualistico (homo coelestis) al somatico, dallo psicoanalitico (homo natura secondo Freud) fino allo psicopatologico e
antropologico (homo existentia).

Ciononostante, l’esperienza clinica e le ricerche scientifiche hanno progressivamente messo in luce i limiti e l’inadeguatezza
del modello anatomo-clinico, favorendo la ricerca di nuove prospettive. In questo quadro, la prospettiva
fenomenologico-esistenziale
ha assunto un rilievo primario, offrendo un contributo prezioso alla comprensione della
sofferenza psichica. Eugenio Borgna, con la sua opera “La follia che è anche tra noi” (Einaudi), è considerato una figura che
personifica questa visione, caratterizzata da una vasta cultura psichiatrica, un afflato umano ed esistenziale di rara
intensità e una solida base etica. La follia è una condizione umana. Come affermava Franco Basaglia, La follia esiste ed è
presente in noi come la ragione*.
La questione è che la società, per potersi definire civile, dovrebbe essere capace di
abbracciare tanto la razionalità quanto l’irrazionalità*.

Titolo: La follia che è anche tra noi Autore: Eugenio Borgna Casa editrice: Einaudi
Anno: 2023

La fenomenologia, come corrente di pensiero, ha rappresentato un punto di svolta per la psichiatria, cambiando radicalmente
l’oggetto della sua ricerca e della sua pratica curativa
e conferendo alla sofferenza psichica una sua intrinseca dignità. Le
basi della psichiatria fenomenologica furono gettate da Ludwig Binswanger e Karl Jaspers, portando nel tempo a una
ridefinizione complessiva delle tematiche centrali della disciplina e a un differente, più efficace, modo di essere
psichiatri. L’approccio fenomenologico vede l’individuo, sia sano che malato, come un “essere-nel-mondo” e un
“essere-con-gli-altri”, ponendo enfasi sulla soggettività del paziente, sulla sua vita interiore e sui suoi vissuti emotivi, che
vengono compresi attraverso la capacità di immedesimazione del clinico.

L’unione delle neuroscienze con una visione esistenziale nella decifrazione
dei disordini psichici

L’approccio che combina le neuroscienze con una dimenticabile ottica esistenziale favorisce una lettura più ampia riguardo
ai disordini psichici. Questa interrelazione consente non soltanto di comprendere a fondo i processi neurobiologici
implicati, bensì esplora anche quegli aspetti fondamentali legati all’essenza dell’uomo, come l’interpretazione della vita,
l’autonomia e le scelte personali. Nel contesto della complessità inerente ai disturbi mentali, si evidenzia come una mera
analisi attraverso il filtro neurobiologico risulti insufficiente a catturare l’intensità e le diverse manifestazioni della
sofferenza umana. Le informazioni più aggiornate rivelano che approssimativamente un sorprendente 6% degli adulti
presenta segni di depressione; questa condizione pare registrare una crescita notevole fra le categorie di età inferiori. Nello
specifico, nel gruppo compreso tra i 15 e i 24, è preoccupante constatare che oltre 1 giovane su 10 ricorre all’uso di
psicofarmaci senza alcuna forma di prescrizione medica (il tasso arriva fino al 10,8%). [1]La
ricerca di una maggiore comprensione ha favorito l’integrazione con altre correnti di pensiero, inclusa la filosofia e la
psicologia esistenziale. In Italia, 6 persone su 10 riferiscono di convivere con un disagio psicologico e l’OMS riporta un
aumento del 30% nelle diagnosi di disturbi mentali. Questo approccio, che affonda le sue radici nella fenomenologia, si
concentra sull’analisi dell’esperienza soggettiva dell’individuo, sulla sua relazione con sé stesso e con il mondo, e sulla
ricerca di significato e scopo nella vita.

Dati recenti sulla salute mentale:

  • Circa il 6% della popolazione adulta prova sintomi depressivi.
  • Il 10,8% dei ragazzi tra i 15 e 24 anni assume psicofarmaci senza prescrizione.
  • Un aumento del 30% nelle diagnosi di disturbi mentali dal 2021 al 2023.

La dottrina antropoanalitica (Daseinsanalyse) di Binswanger, influenzata dalla fenomenologia di Husserl e dall’esistenzialismo
di Heidegger, sposta il baricentro dallo studio del cervello e delle sue disfunzioni all’uomo considerato nella sua
singolarità irriducibile, come soggetto del suo mondo, come un essere-persona e non come una cosa. Questa
visione mira a superare le categorizzazioni biologistiche e psicologiche meramente riduttive, posizionando la psichiatria
quale disciplina che è contemporaneamente scienza umana e scienza naturale. L’attenzione è focalizzata sulla soggettività
del paziente, sulla sua interiorità e sui suoi vissuti emotivi, che possono essere compresi grazie alla capacità del clinico di
empatizzare e immedesimarsi.

Il mistero della “follia” si trasforma così in una psichiatria dell’esistenza, un incontro profondo con la fragilità, la sofferenza
e il dolore del paziente. In questo contesto, acquisiscono un’importanza cruciale aspetti quali la qualità dell’ascolto empatico,
il calore umano, la pazienza, la discrezione, la sensibilità, l’intuizione e l’emozionalità. Tali elementi aprono nuove
prospettive nella comprensione e nel trattamento, consentendo di penetrare nella vita interiore del soggetto per rintracciare
i significati sottesi nelle emozioni, nei sentimenti, nei deliri e nelle allucinazioni. Si afferma, di conseguenza, un profondo
rispetto per la dignità della sofferenza e delle ferite dell’anima, nella consapevolezza che la follia non è un’entità a sé
stante, ma una manifestazione di un dolore infinito che è parte intrinseca della condizione umana, una possibilità insita in
ciascuno di noi.

Note

La prospettiva antropofenomenologica ha aperto nuove vie per la psichiatria, disciplina che nel corso della sua storia è stata influenzata da varie forme di riduzionismo, sia biologico, che psicologico o sociologico. In passato, la responsabilità dei disturbi mentali è stata attribuita in diverse modalità alla madre, alla famiglia o alla società, a seconda delle correnti di pensiero prevalenti. L’integrazione con le neuroscienze è vista come un mezzo per apportare ulteriori contributi a una nuova fondazione della psichiatria, promuovendo un modello integrato neurobiologico e psicosociale della malattia mentale, riconoscendone la natura multicausale. Anche se i farmaci rappresentano uno strumento efficace per alleviare i sintomi, l’articolo mette in luce un uso generalizzato eccessivo di essi, quasi una contenzione farmacologica o una lobotomia chimica. In tal senso, la psicoterapia è considerata un supporto essenziale per affrontare e rimuovere le cause profonde dei disturbi mentali, malgrado la pluralità di indirizzi psicoterapeutici esistenti.

Psicoterapia esistenziale: un approccio integrato

La psicoterapia esistenziale, lungimirante nell’evolversi del panorama psichico contemporaneo, si propone come una sintesi
innovativa tra il paradigma psicoanalitico classico e il correntismo fenomenologico-esistenziale. Con intento dirompente
rispetto alle categorizzazioni tradizionali delle scuole terapeutiche più consolidate, essa ambisce a fondere insieme diversi
nuclei dottrinali
, incorporando principi accolti universalmente dalla prassi clinica mentre enfatizza al contempo la
peculiare eredità dell’esperienza filosofica legata all’esistenza umana.

Nonostante la sua influenza possa apparire sotterranea nella storia delle pratiche terapeutiche, il contributo fornito dal
pensiero esistenzialista è stato enorme
, permeando diverse correnti attraverso l’incorporazione delle sue componenti
essenziali come la centralità del legame terapeutico e l’unicità irri di ripetibile dell’individuo. La finalità dell’approccio alla
psicoterapia esistenziale risiede proprio nella valorizzazione degli elementi emersi da tale linea di pensiero,delineandone
le origini filosofiche nell’ambito generale della disciplina psicologica
, che ne sanciscono così la rilevanza
imprescindibile a prescindere dalle specifiche cornici teoriche adottate. La fenomenologia, nelle sue articolazioni tanto
filosofiche quanto più specificamente psicopatologiche, fornisce le fondamenta concettuali e storiche dell’esistenzialismo. Pur
mantenendo questa relazione d’affinità logica tra i due campi, è opportuno notare come l’esistenzialismo goda di un’autonomia
caratterizzata. Infatti quest’ultimo tende a concentrarsi su un’analisi approfondita dell’essere umano nei suoi legami con la
propria interiorità così come nel rapporto col mondo esterno—Heidegger ne è un emblematico rappresentante—piuttosto
che sullo studio delle essenze o sull’analisi della coscienza concepita attraverso l’intenzionalità — quest’aspetto è proprio del
pensiero di Husserl. La psicologia esistenziale, in particolar modo quando applicata alla pratica terapeutica, si distingue per
avere una singolare identità ed efficacia; ciò comporta spesso modifiche al rigido metodo fenomenologico, la cui attuazione
può rivelarsi ostica all’interno del contesto clinico. Tale osservazione spiega dunque perché numerosi studi su questi temi
richiamino figure storicamente ancorate alla fenomenologia: esse costituiscono elementi indispensabili per decifrare quel
panorama della psicologia esistenziale non confinato esclusivamente alle tradizionali correnti umanistiche classiche (le quali
includono pensatori quali Rogers, Maslow, Frankl).

Pertanto, sebbene il termine “esistenzialismo”, nel contesto della psicoterapia esistenziale proposta, possa evocare la psicologia
umanistica, essa si avvicina maggiormente a una psicoterapia psicodinamica a orientamento analitico, riconoscendone
aspetti basilari e principi ormai ampiamente acquisiti e riconosciuti. Questa vicinanza è giustificata non solo da
considerazioni teorico-pratiche, ma anche da fatti storici, come l’evidente legame tra l’antropoanalisi di Binswanger e il
pensiero freudiano. Pur non potendo trascurare alcuni principi fondamentali delle psicoterapie umanistiche, come il
riconoscimento delle potenzialità e capacità positive dell’individuo, e pur accettando il forte legame storico e teorico con la
fenomenologia, l’orientamento della psicoterapia esistenziale possiede una propria identità distintiva, in cui aspetti ormai
definitivamente acquisiti nel campo della psicoterapia vengono riletti alla luce della concezione esistenzialista.

Una delle critiche mosse da Binswanger a Freud riguardava la contraddizione teoria-prassi insita nella psicoanalisi, sostenendo
che la dipendenza da una concezione scientifico-naturalistica della psiche comportasse la perdita di gran parte della
comprensione dell’uomo e della sua esistenza. La corrente metodologica del positivismo, tipica delle scienze naturali, ha la
tendenza a reificare l’uomo, risultando quindi estremamente riduttiva. Parallelamente a ciò, adottare una visione
esclusivamente causalistica potrebbe condurre a una semplificazione dell’attività mentale: infatti, gli esseri umani sono
intrinsecamente più complessi rispetto a semplici ingranaggi operanti secondo relazioni causa-effetto. È fondamentale
notare, tuttavia, che il tentativo di superare tali difficoltà non deve necessariamente sfociare nell’esclusione totale delle
teorie scientifiche né tantomeno nella negazione della validità dei legami causali.

Oltre il sintomo: la relazione terapeutica come spazio di significato

La psicoterapia, in particolare quella esistenzialmente orientata, non si esaurisce nella semplice applicazione di tecniche o
nella somministrazione di farmaci, ma si fonda sulla capacità di costruire uno spazio relazionale in cui il paziente possa
esplorare la propria sofferenza e scoprire nuovi significati. Questo incontro terapeutico, come sottolineato da figure come
Borgna, costituisce già un inizio di cura, una possibilità di immergersi nella natura profonda del soggetto e nella vibrante
umanità della malattia. È un incontro di anime, quell’anima che Schelling definiva “il cielo interiore dell’uomo”. In questa
dimensione interpersonale risiede la vera “rivoluzione copernicana” della psichiatria contemporanea. Si tratta della terza via
della psicopatologia, quella dell’intersoggettività, un metodo che si libera dalle polarizzazioni riduttive tra la dimensione
esclusivamente psicoanalitica e quella biologica.

Alla visione freudiana dell’ “homo natura”, la concezione fenomenologica e antropologica sostituisce la “fenomenicità” originaria
dell’essere-nel-mondo dell’uomo, così come egli propriamente è: “homo existentia”. La psichiatria, dunque, è fondamentalmente
una scienza dell’uomo, dell’esistenza umana (Binswanger). La presenza, il Dasein, è anzitutto totalità umana, che include
in sé anima e corpo, conscio e inconscio, pensiero e azione, emotività, affettività e istinto. Il punto di partenza è l’analisi dei
“modi” in cui si manifesta l’umana presenza, indipendentemente dalla distinzione tra soggetto “sano” e soggetto “malato di
mente”, poiché i “mondi” di entrambi sono “rivelazioni” del potenziale dell’uomo.

Esiste una distinzione tra psicopatologia, intesa come scienza di fatti e di esperienza, e fenomenologia, che si rivolge
all’essenza dei soggetti. Nonostante questa differenza, le due prospettive tendono a intrecciarsi, dando vita alla
fenomenologia psicopatologica. Sta di fatto che la prospettiva antropofenomenologica ha aperto nuove strade alla psichiatria,
un settore della medicina che è stato attraversato da diverse forme di riduzionismo, sia biologico, sia psicologico che
sociologico.

L’articolo mette in evidenza come una psichiatria contemporanea rischi di essere “deprivata” di obiettivi ideali e di sviluppo
spirituale, “assorbita” dall’applicazione delle “innumerevoli diagnosi” del DSM-5 e dalla mera somministrazione di
psicofarmaci, una pratica che spesso esclude qualsiasi approccio psicoterapeutico. Pur riconoscendo l’efficacia dei farmaci
nel mitigare i sintomi, si osserva una “generalizzazione eccessiva” nel loro utilizzo, quasi a configurare una “contensione
farmacologica” o una “lobotomia chimica”. In questo contesto, la psicoterapia è considerata cruciale per eliminare le “cause”
dei disturbi mentali, nonostante la molteplicità e la mancanza di una verifica scientifica rigorosa dei successi rivendicati dai
diversi indirizzi psicoterapeutici. Nella pratica clinica, la psicoterapia esistenziale non presenta aspetti tecnici radicalmente
dissimili dall’approccio psicoanalitico classico, il quale viene mantenuto ma rivisitato e aggiornato in una prospettiva
esistenzialista. Non si tratta semplicemente di considerarla come uno schema psicoterapeutico autonomo; al contrario, deve
essere interpretata alla stregua di uno sfondo concettuale, una sorta di struttura metodologica utile per analizzare ed
interpretare le difficoltà emotive del paziente in maniera dettagliata. L’indagine ruota attorno alla risoluzione delle tensioni
inconsce, evidenziando il riconoscimento oltre alla re-interpretazione delle difese disfunzionali accompagnate dalle resistenze
interiori. Un aspetto fondamentale concerne il riconoscimento e il perseguimento dell’autentico progetto esistenziale, nonché
l’individuazione della personale prospettiva sul mondo circostante. Si pone particolare attenzione agli elementi distintivi dei
fattori terapeutici inerenti alla terapia esistenziale per permettere degli accostamenti con altri modelli psicoterapici affini
unitamente a una ottimizzazione degli interventi, anche mediante strumenti diagnostici quali test appropriati. Questa proposta
multidisciplinare – capace d’integrare i risultati derivanti dalle neuroscienze insieme alle profonde esperienze legate
all’esistenza umana – appare promettente nel favorire metodologie d’analisi capaci di produrre diagnosi più complete ed
interventi terapeutici altamente personalizzati volti ad affrontare i disturbi psichiatrici.

Un principio fondamentale nell’ambito della psicologia cognitiva utile in questa discussione è quello riguardante gli schemi
cognitivi
. Tali strutture mentali rappresentano un insieme di conoscenze consolidate nel tempo tramite l’esperienza
individuale; esse orientano la nostra capacità di percepire e interpretare gli eventi circostanti nonché le nostre reazioni ad
essi. In situazioni caratterizzate da disturbi psicologici, tali schemi tendono ad acquisire un carattere disfunzionale; si
instaurano allora profonde distorsioni nella percezione della realtà che sfociano in forme significative di disagio personale.
Per illustrare questa dinamica, un individuo affetto da depressione potrebbe elaborare convinzioni profondamente negative
circa se stesso e le sue prospettive future – idee che vanno a rafforzare ulteriormente il proprio malessere psichico.

In aggiunta a ciò, una nozione più complessa interseca le neuroscienze con l’esistenzialismo: ci si riferisce alla plasticità
neuronale
e alla sua connessione con i cambiamenti esistenziali personali. Le evidenze scientifiche provenienti dalle
neuroscienze hanno chiarito come il cervello sia soggetto a trasformazioni continue piuttosto che rimanere statico nel tempo;
questo processo implica una costante ristrutturazione sulla base delle esperienze vissute. Il concetto di plasticità suggerisce
pertanto che interventi terapeutici volti all’analisi profonda del significato esistenziale individuale possano produrre
effettivamente alterazioni neurologiche rilevanti, modificando le reti cerebrali correlate ai processi cognitivi disfunzionali.
L’analisi delle modalità con cui i nostri schemi cognitivi e le esperienze personali plasmano sia la struttura che
l’attività cerebrale ci porta a riflettere sulla fondamentale interrelazione fra mente e corpo. Non possiamo limitarci a
concepircici come entità biologiche distaccate dalle dimensioni psicologiche; al contrario, siamo individui complessi in cui
l’esistenza si origina da un incessante scambio tra processi neuronali attivi, vissuti emotivi concreti e il costante sforzo verso
un significato profondo della vita. Tale consapevolezza ci incoraggia a interpretare i disturbi mentali non soltanto in termini di
carenze funzionali o disfunzionalità, bensì anche come manifestazioni tangibili di una sperimentazione della sofferenza
esistenziale
, che invoca per sua natura uno stile terapeutico rispettoso della ricca diversità dell’essere umano.


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