- ZBot, robot di 80 cm, imita il pesce zebra nel fiume.
- Ricerca mappa il circuito sensori-motorio degli zebrafish.
- Simulazione ha svelato due nuove categorie neuronali.
Un’Indagine Neuro-Robotica
La comprensione di come il cervello converta gli input visivi in azioni coordinate rappresenta una delle sfide più ardue nel campo delle neuroscienze. Un team multidisciplinare, composto da neurobiologi provenienti dalla Duke University (Eva A. Naumann e Matthew D. Loring) e ingegneri del Politecnico federale di Losanna (Auke Ijspeert, Xiangxiao Liu, Luca Zunino) e dell’Istituto Superiore Tecnico di Lisbona (Pedro Morais), ha recentemente pubblicato uno studio rivoluzionario su Science Robotics, affrontando proprio questa complessa problematica.
L’indagine si è avvalsa delle larve di pesce zebra (Danio rerio), organismi modello ampiamente utilizzati nella ricerca neuroscientifica grazie alla loro trasparenza, che consente l’osservazione diretta dell’attività neuronale in tempo reale, e alle loro dimensioni ridotte, che ne facilitano la gestione sperimentale. L’obiettivo primario del team era scoprire il complesso meccanismo attraverso il quale la vista, il corpo e l’ambiente collaborano per permettere a questi piccoli pesci di mantenere la loro posizione controcorrente, un comportamento noto come “optomotor response”.
La ricerca si è articolata in tre fasi distinte e complementari. Inizialmente, in ambiente controllato, le larve di pesce zebra sono state esposte a proiezioni luminose simulate, riproducenti il movimento dell’acqua e del fondale. Questo ha permesso ai ricercatori di analizzare le reazioni degli zebrafish agli stimoli visivi. Attraverso una sofisticata tecnica di scansione cerebrale, sono stati in grado di mappare il circuito sensori-motorio, dalla retina alle aree cerebrali centrali, fino al midollo spinale, registrando l’attività di ogni singola cellula cerebrale.
Dalla Simulazione alla Realtà: La Nascita di ZBot
Nella seconda fase, i dati raccolti sono stati utilizzati per creare un modello virtuale del pesce, denominato simZFish. Questa simulazione ha permesso di analizzare come l’organismo sfrutta la visione per orientarsi e mantenere la propria posizione, evidenziando l’importanza cruciale della porzione inferiore del campo visivo, quella rivolta verso il basso.
Il modello ha inoltre anticipato l’esistenza di due categorie neuronali inedite, prima sconosciute, che contribuiscono al controllo del movimento.
La terza fase ha visto il trasferimento della riproduzione digitale nel mondo fisico.
Gli studiosi hanno assemblato ZBot, un robot lungo circa 80 centimetri, munito di occhi elettronici e una coda articolata.
Incorporando nel software del robot il medesimo circuito neurale sviluppato tramite la simulazione, hanno permesso al dispositivo di muoversi nel fiume Chamberonne, nei pressi di Losanna.
Il risultato è stato sorprendente: l’automa è riuscito a orientarsi e a conservare la stabilità nella corrente, basandosi esclusivamente sugli input visivi e trasformandoli in impulsi motori per la coda.
Questo esperimento pionieristico suggerisce che, per comprendere appieno i meccanismi del movimento negli esseri viventi, è necessario superare la visione tradizionale che considera il cervello come un organo isolato. È invece fondamentale considerare la sua interazione costante con il corpo e con l’ambiente circostante. Questo approccio olistico apre nuove prospettive nella ricerca neuroscientifica e robotica.

- Questo studio apre scenari incredibili per il futuro della riabilitazione... 🚀...
- Non sono del tutto convinto dell'efficacia di questo approccio... 🤔...
- ZBot, un passo avanti? Forse dovremmo chiederci se non stiamo medicalizzando eccessivamente... 🤖...
Implicazioni Future: Robotica e Neuroscienze Convergono
Le potenziali applicazioni di questa ricerca sono duplici e di vasta portata. In ambito robotico, si apre la strada alla costruzione di robot capaci di muoversi e adattarsi all’ambiente circostante utilizzando la vista, anziché affidarsi esclusivamente a comandi programmati. Questi robot, in grado di interpretare ciò che accade intorno a loro e reagire in tempo reale, potrebbero rivoluzionare settori come la guida autonoma (si pensi a un’automobile in grado di evitare un ostacolo improvviso) e la robotica di soccorso.
Nel campo delle neuroscienze, questa ricerca potrebbe portare alla progettazione di protesi neurali e sistemi di riabilitazione innovativi, capaci di ripristinare i collegamenti tra cervello e corpo danneggiati da lesioni del midollo spinale, ictus o traumi cerebrali. Questi sistemi potrebbero offrire nuove strategie per recuperare funzioni motorie perdute, migliorando significativamente la qualità della vita di milioni di persone.
Verso una Nuova Era della Neuro-Riabilitazione
La ricerca presentata rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi che regolano il movimento e l’interazione tra cervello, corpo e ambiente. L’integrazione di approcci neuroscientifici e robotici apre nuove prospettive per lo sviluppo di tecnologie innovative in grado di migliorare la vita delle persone affette da disabilità motorie. L’idea di un futuro in cui le protesi neurali e i sistemi di riabilitazione possano ripristinare le connessioni perdute tra cervello e corpo non è più fantascienza, ma una possibilità concreta che si fa sempre più vicina.
È affascinante come la scienza moderna stia svelando i misteri del nostro cervello e del nostro corpo, aprendo la strada a soluzioni innovative per migliorare la nostra salute e il nostro benessere.
Una nozione base di psicologia cognitiva rilevante in questo contesto è il concetto di plasticità neuronale, ovvero la capacità del cervello di riorganizzarsi formando nuove connessioni neurali per compensare lesioni o adattarsi a nuove esperienze. Questo principio è fondamentale per comprendere come i sistemi di riabilitazione basati sulla stimolazione sensoriale e motoria possano favorire il recupero delle funzioni motorie perdute.
Un concetto più avanzato è quello di embodied cognition, che sottolinea come la cognizione non sia un processo isolato che avviene nel cervello, ma sia strettamente legata all’esperienza corporea e all’interazione con l’ambiente. Questo significa che la riabilitazione motoria non deve concentrarsi solo sul ripristino delle connessioni neurali, ma anche sulla ricostruzione dell’esperienza sensoriale e motoria del paziente, aiutandolo a reintegrarsi nel mondo che lo circonda.
Riflettiamo su come la tecnologia, ispirata dalla natura, possa aiutarci a superare i limiti imposti da traumi e malattie, aprendo la strada a un futuro in cui la disabilità non sia più un ostacolo insormontabile, ma una sfida da affrontare con creatività e innovazione.








