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Traumi cranici infantili: come proteggere i più piccoli e garantire un futuro sereno

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  • Traumi cranici: prima causa di morbilità in età evolutiva dopo i tumori.
  • Nel 2014-2017, il 21,9% degli accessi al pronto soccorso per incidente domestico riguardava colpi alla testa.
  • Il 70% delle morti pediatriche traumatiche avviene entro 48 ore dal trauma cranico.
  • Incidenti stradali causano il 9% della mortalità infantile (1-5 anni).
  • Riabilitazione neuropsicologica: costi tra 35€ e 100€ a sessione.

I traumi cranici in età pediatrica rappresentano una problematica sanitaria di rilevante impatto in Italia, spesso sottovalutata nella sua gravità a lungo termine. Questi eventi, lungi dall’essere semplici incidenti di percorso, costituiscono la prima causa di morbilità e mortalità in età evolutiva dopo i tumori, superando persino gli incidenti stradali in alcune fasce d’età. Sebbene statistiche nazionali dettagliate sull’incidenza complessiva siano frammentarie, i dati disponibili provenienti da singole realtà ospedaliere dipingono un quadro allarmante. Ad esempio, nel solo Pronto Soccorso dell’Azienda Ospedaliera Meyer di Firenze, sono stati registrati 1128 traumi cranici nel 1996 e 1304 nel 1997. Questi numeri elevati sottolineano la frequenza con cui i bambini si presentano in ospedale a seguito di un trauma alla testa.

Statistiche recenti: Nel periodo 2014-2017, in Provincia di Trento, sono stati registrati 5977 accessi in Pronto Soccorso per incidente domestico nella fascia di età 0-14 anni, di cui il 53% nella fascia 0-4 anni.
Nell’ambito dei traumatismi registrati si segnala che il %, pari al 21,%, era attribuibile ai colpi alla testa, mentre quelli catalogabili come contusioni costituivano circa 8% della totalità rilevata.

È incoraggiante notare come più del 52% delle lesioni si siano verificate durante lo sport ricreativo (32%) e le attività di gioco (20%). Questa condizione porta ad una rapida diminuzione della morbilità nei gruppi considerati a partire dai primi mesi fino ai diversi anni successivi; inoltre, il tasso di mortalità annuale fra i malcapitati presenta già ampie differenze demografiche dove gli individui di sesso maschile sembrano mostrare una predisposizione quadrupla rispetto alle donne, facendo supporre siano le diverse attitudini verso lo sport la motivazione principale per tale disuguaglianza evidenziata. Le conseguenze di tali traumi possono essere devastanti, manifestandosi non solo con lesioni immediate, ma anche con sequele neurologiche, cognitive e comportamentali a distanza di giorni, settimane o mesi. Queste problematiche a lungo termine, spesso invisibili ma profondamente invalidanti, evidenziano la necessità di un approccio che vada ben oltre la gestione dell’emergenza acuta. La prevalenza delle lesioni, come le contusioni (31,8%), le ferite/abrasioni (22,6%) e il trauma cranico stesso (21,9%), mostra la varietà delle manifestazioni.

È fondamentale comprendere che, pur se l’80% dei traumi sono lievi, non vanno sottovalutati, poiché il 70% delle morti pediatriche traumatiche si verifica entro 48 ore dal ricovero per trauma alla testa. Questo dato, impressionante, enfatizza l’importanza di una valutazione iniziale accurata, di uno screening strumentale adeguato e di cure tempestive.

Il percorso riabilitativo: dalla diagnosi all’integrazione sociale

Affrontare la questione della gestione dei bambini con trauma cranico rappresenta una sfida articolata e occasionalmente dibattuta. Pur essendoci delle normative generali riguardanti le procedure da seguire in caso di traumi cranici, gli approcci riservati a casi classificabili come lievi o moderati risultano spesso divergenti fra vari ospedali; ciò comporta potenziali problemi legati sia all’iperprudenza, sia a strategie evidentemente poco rigorose con ripercussioni significative dal punto di vista sociale. Pertanto appare essenziale che ogni Pronto Soccorso Pediatrico implementi delle dettagliate linee guida comuni. In relazione alle ferite alla testa dovute a incidenti traumatici emergono fondamentalmente due categorie: la prima è identificabile col termine danno cerebrale primario, occorrente nel momento stesso dell’urto; l’altra è relativa al danno secondario, osservabile successivamente ed ascrivibile ad episodi di ipossia, ad incremento dei valori pressori intra-cranici, ridotta perfusione sanguigna nel cervello così come alla presenza di ematomi. Sebbene minimizzare l’impatto iniziale possa dipendere esclusivamente dall’adozione preventiva (utilizzo dei caschi oltre ai dispositivi standard nei veicoli), si rivela imperativo rilevare rapidamente ed intervenire efficacemente sul secondo tipo di danno affinché vi sia un significativo miglioramento della prognosi clinica.

Recenti linee guida italiane comportano un algoritmo decisionale per la gestione del paziente pediatrico con trauma cranico, con raccomandazioni dettagliate per l’uso della tomografia computerizzata (TC) e della risonanza magnetica (RM) per una valutazione accurata.

La valutazione iniziale del traumatizzato cranico segue un ordine di importanza prevalente, partendo dalla stabilizzazione dei parametri vitali secondo la “formula ABC” (Airway, Breathing, Circulation), per poi concentrarsi sullo stato di coscienza e sull’esame neurologico. La Scala del Coma di Glasgow (GCS), adattata per i bambini sotto i 5 anni, è lo strumento più utilizzato per monitorare oggettivamente lo stato neurologico.

La risonanza magnetica (RM) offre una migliore risoluzione anatomica, ma in emergenza non è superiore alla TC per lo screening iniziale. L’ecografia cerebrale è un valido strumento diagnostico non invasivo e ripetibile per i traumatizzati più piccoli.

Dopo la fase acuta, emerge la cruciale necessità della riabilitazione neuropsicologica, specialmente nei casi di trauma moderato o grave che possono lasciare sequele persistenti. I traumi cranici infantili rappresentano una delle cause più importanti di morbidità e mortalità nell’età pediatrica, con incidenti stradali responsabili del 9% della mortalità tra 1 e 5 anni e del 22% tra 5 e 14 anni. Sebbene l’Italia vanti eccellenze nella gestione della fase acuta e post-acuta, con centri di altissima specializzazione che seguono minori e famiglie nel follow-up medico-sanitario, la carenza di supporti specialistici di carattere sociale e riabilitativo sul territorio è evidente. Spesso, tali esigenze vengono affrontate con procedure proprie della disabilità neonatale, non adatte alle specificità delle lesioni cerebrali acquisite.

La riabilitazione neuropsicologica deve essere intensiva e personalizzata, focalizzata sul miglioramento delle abilità strumentali carenti e sulla costruzione di strumenti compensativi utili per la vita scolastica e quotidiana. La spesa per una singola sessione di riabilitazione neuropsicologica si colloca in un intervallo che va dai 35 euro ai 100 euro, mentre la tariffa per una consultazione con uno specialista in neuropsichiatria infantile è suscettibile di variazioni significative, situandosi fra gli 80 euro e i 250 euro. Risulta cruciale implementare un progetto collaborativo che coinvolga la famiglia, gli esperti del settore e le istituzioni scolastiche al fine di assicurare un appropriato reinserimento sia sul piano sociale che educativo.
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  • Articolo molto utile, finalmente si parla di prevenzione... 💖...
  • Troppo allarmismo, i bambini cadono, è normale... 😠...
  • Interessante notare come lo sport influenzi i traumi... 🤔...

Accessibilità e specializzazione: le sfide del sistema italiano

La carenza di supporti specialistici di carattere sociale e riabilitativo dopo la dimissione ospedaliera è una delle maggiori criticità nel panorama italiano. I servizi territoriali spesso non dispongono di un’offerta specializzata per la riabilitazione neuropsicologica post-trauma cranico, trattando la disabilità acquisita come se fosse una disabilità cognitiva neonatale, con percorsi riabilitativi e di integrazione sociale non sempre adeguati. La “solitudine” della famiglia, priva di informazioni e di supporto specifico, accompagna i parenti dal momento dell’evento invalidante fino al periodo riabilitativo.

La collaborazione con la scuola e un supporto individualizzato extrascolastico sono elementi sostanziali per un corretto reinserimento scolastico, ma richiedono la consapevolezza e la formazione degli insegnanti riguardo le “diversità” legate al trauma.

I Servizi Sociali comunali, pur mostrando grande disponibilità, incontrano oggettive difficoltà nell’intervenire su temi complessi come la cerebrolesione acquisita e i suoi esiti, a causa della bassa incidenza numerica dei casi e della conseguente insufficiente esperienza. Nonostante queste lacune, in Italia esistono numerosi centri specializzati in neuropsichiatria infantile e riabilitazione, che offrono interventi per bambini con diverse patologie neurologiche, comprese le cerebrolesioni acquisite da trauma cranico, tumore cerebrale o ictus. Tra questi, spiccano centri come l’IRCCS Don Carlo Gnocchi, il Centro Cardinal Ferrari Santo Stefano Riabilitazione, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, il Centro per lo Sviluppo Infantile dell’IRCCS San Raffaele e l’Associazione La Nostra Famiglia.

Brain Associazione Traumi Cranici, dal 1993, è al fianco di chi ha subito una grave lesione cerebrale acquisita e delle loro famiglie, offrendo supporto riabilitativo e percorsi personalizzati per il reinserimento sociale.

Queste strutture offrono percorsi personalizzati e multidisciplinari, ma la loro distribuzione geografica e l’accesso ai servizi possono variare, rendendo necessaria una maggiore omogeneizzazione dell’offerta su tutto il territorio nazionale. L’istituzione di spazi verdi appositamente progettati ed inclusivi a beneficio della riabilitazione infantile, simile a quello recentemente inaugurato dedicato alla Neuropsichiatria Infantile, è emblematico dell’integrazione tra i percorsi riabilitativi e un modello che favorisca il benessere psicofisico, accrescendo così le dinamiche relazionali ed emotive del fanciullo.

Parallelamente, anche i protocolli giuridici in materia proseguono nella loro metamorfosi continua. Le “Linee Guida Italiane per la valutazione e gestione del trauma cranico durante l’infanzia nei Dipartimenti d’Emergenza”, rilasciate dalla SIMEUP nel 2018 insieme alle “Raccomandazioni sulla Riabilitazione dei minori colpiti da PCI” fornite dalla SINPIA rappresentano sforzi tangibili diretti ad armonizzare ed ottimizzare le pratiche cliniche esistenti. Inoltre, le recenti linee guida NICE 2023 apportano nuovi dettagli riguardo al tema specifico del trauma cranico, sottolineando l’urgenza di uno svecchiamento costante delle conoscenze scientifiche. Pur non essendo il trauma cranico una condizione largamente diffusa (si registrano circa 250 casi ogni anno su una popolazione di 100.000), il suo peso rimane significativo a causa delle possibili conseguenze severe associate a tale evento traumatico; sequele spesso invisibili, ma che possono risultare devastanti sotto diversi aspetti funzionali della vita quotidiana. È pertanto di primaria importanza dare priorità alla riabilitazione neuropsicologica, che è stata identificata come un mezzo essenziale per attenuare le conseguenze nel lungo periodo e accrescere il benessere complessivo dei bambini affetti.

Oltre la diagnosi: un futuro riabilitativo a misura di bambino

Comprendere l’impatto di un trauma cranico in età pediatrica significa andare oltre la mera constatazione fisica del danno. La psicologia cognitiva ci insegna che il nostro cervello non è una tabula rasa alla nascita, ma un organo in continua evoluzione, che costruisce le proprie reti neurali e le proprie funzioni in risposta alle esperienze e agli stimoli ambientali. Quando un trauma cranico interviene in questa delicata fase di sviluppo, non solo danneggia le strutture esistenti, ma può alterare radicalmente le traiettorie di apprendimento e di sviluppo futuro.

I dati mostrano che nel gruppo di soggetti che hanno subito traumi cranici, le funzioni del lobo frontale possono svilupparsi in modo anomalo e richiedere un intervento specifico per il recupero.

Ciò che potrebbe essere un “piccolo” danneggiamento in un cervello adulto, in un bambino può avere ripercussioni a cascata su capacità emergenti, come il linguaggio, la memoria, l’attenzione e la regolazione emotiva. Da una prospettiva di psicologia comportamentale, è cruciale osservare come il trauma possa manifestarsi non solo in deficit cognitivi evidenti, ma anche in cambiamenti sottili nel comportamento, nell’interazione sociale e nella risposta emotiva.

L’approccio alla riabilitazione neuropsicologica infantile, in questo contesto, trascende la semplice “riparazione” di una funzione compromessa. Rappresenta invece un processo olistico che mira a supportare il cervello in via di sviluppo nel trovare nuove strade e strategie per elaborare le informazioni, apprendere e adattarsi. Una nozione avanzata della salute mentale correlata al trauma cranico infantile è quella della neuroplasticità dello sviluppo.

Non si tratta solo della capacità del cervello di riorganizzarsi dopo una lesione (neuroplasticità adulta), ma della sua incredibile abilità di adattarsi durante la crescita, a volte sviluppando compensazioni inaspettate. Questo significa che, anche di fronte a un danno significativo, il cervello infantile ha un potenziale unico per il recupero e l’adattamento, purché stimolato e supportato in modo appropriato e tempestivo.

La riabilitazione deve capitalizzare su questa plasticità, creando ambienti e interventi che promuovano la formazione di nuove connessioni neurali e il potenziamento delle funzioni residue. È nostra responsabilità etica e sociale investire in ricerca, strutture e formazione, affinché la riabilitazione non sia un privilegio, ma un diritto accessibile a tutti coloro che ne hanno bisogno, perché solo così potremo garantire un futuro più sereno e produttivo a questi piccoli resilienti.

Glossario

  • Neuroplasticità: Capacità del cervello di riorganizzarsi e adattarsi, sia a seguito di esperienze normali sia in risposta a lesioni.
  • Scala del Coma di Glasgow (GCS): Indicatore clinico utilizzato per valutare il livello di coscienza di un paziente dopo un trauma cranico.

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