Solitudine fatale: come l’isolamento spezza il cuore degli anziani

  • Nel 2017, l'Università della Calabria ha evidenziato il legame tra solitudine e depressione.
  • La solitudine aumenta del 31% il rischio di sviluppare demenza secondo uno studio del 2023.
  • Circa 1 persona su 10 oltre i 65 anni ha sintomi depressivi significativi.

L’ombra della solitudine: un’emergenza silenziosa nella terza età

La solitudine negli anziani rappresenta una problematica crescente e un fattore di rischio significativo per la salute psicofisica, un’emergenza silenziosa che ha ripercussioni profonde e spesso sottovalutate. Le ricerche attuali evidenziano una stretta correlazione tra l’isolamento sociale e lo sviluppo di disturbi depressivi, declino cognitivo e persino l’insorgenza di demenze, inclusa la malattia di Alzheimer. Già nel 2017, uno studio condotto dall’Università della Calabria evidenziava come la mancanza di un adeguato supporto sociale negli anziani alimentasse sentimenti di solitudine, incrementando così il rischio di sviluppare disturbi depressivi. Questa scoperta è stata pubblicata sulla rivista “Psicogeriatria”, edita dall’AIP.

La depressione senile è un fenomeno in espansione, colpendo un numero sempre maggiore di persone oltre i 65 anni. Secondo i dati della sorveglianza PASSI d’Argento dell’Istituto Superiore di Sanità, circa una persona su dieci oltre i 65 anni presenta sintomi depressivi clinicamente significativi, con picchi che superano il 30% tra chi vive in strutture residenziali o ha patologie croniche [State of Mind]. Questo aumento è multifattoriale: da un lato, l’incremento dell’aspettativa di vita ha portato più individui a raggiungere età avanzate, e con essa un maggior numero di casi di depressione. Ma non è l’unico fattore. Si devono considerare altre variabili determinanti per gli alti tassi di disturbi depressivi riscontrati negli over 65. La comparsa di malattie croniche, la progressiva perdita di autonomia, la riduzione delle attività e degli interessi precedentemente coltivati, e soprattutto, la perdita di relazioni significative – come la morte del coniuge o di amici e familiari – sono elementi cruciali che spiegano l’aumento dell’incidenza della depressione nella popolazione anziana.

La solitudine, in particolare, emerge come una delle variabili più strettamente correlate allo sviluppo della depressione in età involutiva. Questa solitudine può essere sia “reale”, riguardante anziani che vivono fisicamente soli, sia “percepita”, legata alla mancanza di relazioni significative e di un senso di appartenenza.

Secondo uno studio pubblicato nel 2023, la solitudine aumenta del 31% il rischio di sviluppare demenza e compromissione cognitiva [Nature Mental Health].

È importante sottolineare che la depressione nell’anziano può manifestarsi in modo atipico rispetto all’adulto, rendendo la diagnosi più complessa. Spesso compaiono sintomi somatici, come disturbi gastrointestinali, preoccupazioni ipocondriache e lamentele legate ad aspetti corporei. Oppure, si manifestano calo delle energie, perdita di interessi e disturbi del sonno che, erroneamente, vengono considerati “normali” processi dell’invecchiamento, nascondendo invece una patologia depressiva.

La capacità di coltivare nuove relazioni diventa più ardua con l’avanzare dell’età. I coetanei possono venire a mancare, le malattie possono limitare la mobilità e la possibilità di uscire di casa. Tutti questi elementi contribuiscono a sviluppare un profondo senso di solitudine che, a sua volta, aumenta significativamente il rischio di sviluppare un disturbo depressivo. Al contrario, vivere in contesti ricchi di interazione sociale si associa a un invecchiamento più sano, con una netta riduzione dei tassi di depressione senile [Univadis]. I ricercatori distinguono tra supporto sociale oggettivo e soggettivo. Il primo si riferisce all’aiuto concreto (economico, informativo) offerto da familiari e amici. Il secondo, invece, concerne il lato emotivo: il senso di vicinanza psicologica e di affetto percepito dall’anziano, il bisogno di appartenenza a un gruppo e la percezione del supporto fornito. In questa fase della vita, il legame con il coniuge e i figli assume una centralità ancora maggiore. La loro assenza può generare insoddisfazione dei bisogni relazionali primari, portando a solitudine e depressione. Intervenire per promuovere la socializzazione e la risocializzazione potrebbe ridurre non solo la solitudine autopercepita, ma anche i tassi di depressione e demenza nella popolazione anziana.

La resilienza in età avanzata: un baluardo contro le avversità

La resilienza, intesa come la capacità di adattarsi positivamente a situazioni avverse, è un concetto chiave per comprendere l’invecchiamento di successo. Non si tratta semplicemente di “resistere” agli urti della vita, ma di trasformarli in opportunità per riorganizzare la propria esistenza in chiave positiva. Secondo uno studio recente, il miglioramento della resilienza è correlato a risultati migliori in termini di salute mentale, evidenziando la sua importanza soprattutto nella popolazione anziana [Journal of Gerontology].

La psicologia definisce la resilienza come la capacità di un individuo di mantenere un discreto livello di adattamento anche in condizioni di vita particolarmente sfavorevoli. Implica flessibilità, la capacità di resistere agli urti e un buon adattamento complessivo. Boris Cyrulnik la descrive come una “trama dove il filo dello sviluppo si intreccia con quello affettivo e sociale, come un reticolo fatto di interazioni dell’individuo con l’ambiente”. Gli individui resilienti non sono “superuomini”, ma persone che hanno saputo trovare in se stessi e nelle relazioni la forza per superare le avversità.

Con l’invecchiamento della popolazione, la resilienza diventa una risorsa essenziale per affrontare le difficoltà legate all’età avanzata, mantenere il benessere e la qualità della vita. Il processo fisiologico di invecchiamento comporta numerosi cambiamenti a livello biologico, psicologico e sociale, influenzando la capacità di svolgere le normali attività quotidiane. Adattarsi a queste sfide richiede una notevole capacità di resilienza. Un’analisi condotta nel 2023 ha dimostrato come la resilienza psicologica giochi un ruolo cruciale nell’affrontare le difficoltà quotidiane. Questa capacità si rivela essenziale per il mantenimento di un’esistenza che possa essere definita soddisfacente e significativa [Pacinimedicina]. La resilienza, condizione intrinsecamente connessa a un benessere mentale ottimale, a una qualità della vita elevata ed una superiore longevità. Si evidenzia però che molti anziani necessitano di essere accompagnati affinché possano trarre pieno beneficio da tali potenzialità: occorre infatti non lasciarli mai soli. L’implementazione di pratiche quali counseling terapeutico, attività d’adattamento, pratiche d’empowerment nonché sessioni di coaching può contribuire efficacemente ad attivare i loro meccanismi resilienti, favorendo così salute duratura. Questo aspetto risulta ancor più rilevante nel contesto in cui si considerano i livelli limitati delle funzioni organiche residue preesistenti all’insorgere eventuale dell’infermità.

Il concetto stesso di resilienza emerge da uno scenario complesso dove convive un interplay fra variabili discriminatorie – rischiose ed alleviatrici – agendo direttamente sulla reazione dell’individuo rispetto ad eventi dolorosi o traumatici. La presenza dei suddetti elementi difensivi, tra cui spiccano l’alfabetizzazione sanitaria e i solidali gruppi sociali, influisce significativamente sull’intensificazione del potenziale resistente individuale, oltre ad attenuare quelle ripercussioni nocive derivate dal deterioramento sanitario. Le esperienze preziose nel corso della vita, manifestate attraverso forme affettuose d’assistenza emotiva unitamente alla solidarietà familiare, esercitano infine un ruolo cruciale nello stimolo verso soggetti anziani verso stati più resilientemente positivi. [Journal of Gerontology].

Superare il lutto: un percorso non lineare

Il lutto è un viaggio profondamente personale e complesso, una risposta emotiva innata alla perdita di qualcosa o qualcuno di significativo, caratterizzata da sintomi emotivi come tristezza, paura e solitudine, che sfociano in un dolore profondo. Questo processo non è lineare e non segue un calendario specifico, e gli individui possono sperimentare le diverse fasi in un ordine variabile.

Secondo recenti ricerche, il dolore da lutto complicato può aumentare il rischio di depressione e ansia [State of Mind]. La manifestazione del lutto si presenta come un fenomeno influenzato da svariati fattori personali; tra questi si trovano età, personalità, esperienze di vita e soprattutto la natura della perdita. Si deve anche considerare che il lutto può assumere forme collettive, elaborate da gruppi o comunità intere, con conseguenze notevoli sul benessere comune. A tal proposito, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) emerge quale uno degli approcci terapeutici più validi per assistere gli individui nella gestione del dolore legato alla perdita. Questa terapia consente loro non solo di affrontare l’evento doloroso ma anche di intraprendere un percorso verso l’accettazione dell’assenza [State of Mind]. La dimensione del lutto trascende i confini della mera esperienza psicologica; provoca in effetti reazioni da stress nel sistema cerebrale e un’infiammazione cronica, se protratta nel tempo, può contribuire allo sviluppo di patologie cardiovascolari. Da un punto di vista evolutivo, si presume che questa condizione emerga come risultato dei profondi legami affettivi che intercorrono tra gli individui. Attraverso l’approccio terapeutico della psicoterapia, è possibile apprendere strumenti utili a fronteggiare il dolore: vengono impiegate strategie come la ristrutturazione cognitiva, l’organizzazione delle attività quotidiane e l’uso del diario terapeutico per migliorare la consapevolezza riguardo alle emozioni connesse alla perdita [State of Mind]. Le cinque tappe del lutto delineate da Elisabeth Kübler-Ross, a partire dal 1969 – l’difficile percorso della negazione, la pungente esperienza della rabbia, la fase della contrattazione, l’afflizione inerente alla depressione intesa come profonda tristezza fino ad arrivare all’accettazione. Queste transizioni emotive non devono essere viste come stadi rigidi o rigorosamente temporali, poiché ogni persona vive tali esperienze secondo modalità altamente soggettive. Un aspetto che merita attenzione è rappresentato dal _lutto complicato_, uno stato caratterizzato da sentimenti persistenti di sofferenza che raramente si affievoliscono senza una guida adeguata. La ricerca del sostegno psicologico diventa quindi imperativa per chiunque desideri elaborare questo tipo di lutto irrisolto e impegnarsi attivamente nella propria salute mentale.

Oltre la tempesta: ricomporre il significato della vita

La terza età non deve essere vista esclusivamente come una fase terminale o caratterizzata da fragilità; al contrario, essa offre numerose occasioni per evolvere e affrontare nuovi interrogativi vitali. Si manifesta attraverso svariati mutamenti tanto fisici quanto psichici che necessitano dell’accettazione consapevole da parte dell’individuo: tale adattamento risulta essenziale per mantenere uno stato ottimale di equilibrio psicofisico. Situazioni significative quali l’uscita dal mondo lavorativo o le problematiche sanitarie pongono ostacoli notevoli da affrontare; preservare l’autonomia diviene pertanto imprescindibile benché riconoscere il valore dell’assistenza altrui rivesta pari importanza.

In relazione alla mortalità e alla propria condizione vitale, gli individui più anziani possono attraversare momenti particolarmente impegnativi. Qui entra in gioco il supporto familiare che assume funzioni imprescindibili: diventa infatti essenziale quale rifugio emotivo, offrendo conforto nel difficile percorso interiore degli individui coinvolti. Ristrutturarsi all’interno delle dinamiche familiari implica prendersi cura dei ricordi passati ed elaborarne eventuali perdite; tali processi dipendono grandemente dalla robustezza dei legami affettivi instaurati nel tempo. Promuovere uno stile di vita vibrante e appagante appare dunque vitale affinché le persone anziane possano commemorare la loro storia personale mentre avanzano verso orizzonti futuri carichi d’esperienze significative.

Glossario:

  • Alzheimer: una malattia neurodegenerativa che causa il declino delle funzioni cognitive, fra cui la memoria e il ragionamento.
  • CBT: Terapia Cognitivo-Comportamentale, un approccio terapeutico che mira a modificare i pensieri disfunzionali.
  • Resilienza: la capacità di affrontare e superare le avversità nella vita.

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