Giovanni Pascoli: il trauma infantile che ha plasmato la sua poetica

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  • Il padre di Pascoli fu assassinato il 10 agosto 1867, evento traumatico.
  • La poetica di Pascoli nasce dalla sofferenza e dalla ricerca di «una lingua naturale e originale».
  • Il concetto di «nido» simboleggia la famiglia e l'infanzia perduta.
  • La «poetica del fanciullino» è una strategia di sopravvivenza psicologica.
  • L'attaccamento insicuro porta Pascoli a un legame simbiotico con la sorella Mariù.

L’ombra del passato: il trauma infantile di Giovanni Pascoli

L’esistenza di Giovanni Pascoli si configurò come uno dei quadri più significativi della letteratura italiana alla fine dell’Ottocento ed era intrinsecamente influenzata da un evento traumatico infantile dalle conseguenze lunghe e complesse nella sua vita personale e nella sua opera poetica. Il giorno 10 agosto 1867 segnò una data cruciale: all’età vicina ai dodici anni, infatti, subì l’assassinio del padre Ruggero Pascoli per mano ignota mentre ritornava dalla città di Cesena. Per lungo tempo le specificità relative all’omicidio rimasero avvolte nel mistero; nessun colpevole poté essere mai chiaramente individuato malgrado tre distinti processi giuridici instaurati in seguito al fatto criminoso. Tale tragedia funse poi da catalizzatore per ulteriori perdite devastanti in ambito familiare: nell’anno seguente lasciarono questa vita sia la sorella Margherita – vittima della febbre tifosa – sia la madre afflitta da infarto miocardico; proseguendo nel doloroso elenco dei decessi troviamo anche il fratello Luigi morto nel ’71 per meningite ed infine il primogenito Giacomo scomparso nel ’76 dopo aver ricoperto il ruolo di assessore comunale a Rimini – anch’esso verosimilmente deceduto per tifo, ma oggetto d’indagine che negherebbe questo aspetto attribuendolo ad avvelenamento.

Questo concatenarsi funesto degli eventi portò alla completa destrutturazione dell’unità familiare originaria costringendo gli eredi rimasti ad abbandonare la propria dimora ancestrale ed incidendo pesantemente sul loro già precario stato economico. Pascoli, ancora adolescente, si trovò a dover affrontare non solo il dolore straziante della perdita, ma anche la responsabilità di ricostruire un senso di stabilità per le sorelle minori, Ida e Maria (Mariù). L’asse padre, in particolare, lasciò un segno indelebile, trasformandosi in un trauma irrisolto che permeò ogni aspetto della sua vita.

Poetica della sofferenza: La poesia X agosto è un diretto richiamo a questa tragedia, dove il ricordo del padre assassinato si trasforma in un simbolo universale di dolore innocente. Il trauma di Pascoli non si limitò a un singolo evento, ma fu una concatenazione di perdite che minò le fondamenta della sua infanzia.

Questo contesto di sofferenza e precarietà si rifletté inevitabilmente nella sua poetica, influenzando temi, immagini e simboli. La sua poetica, sebbene formalmente innovativa e legata agli ambienti decadenti e simbolisti europei, traeva linfa vitale da questa ferita profonda. La ricerca di una “lingua naturale e originale” attraverso il fonosimbolismo e il plurilinguismo può essere interpretata come un tentativo di ripristinare una connessione autentica con un mondo primitivo e incontaminato, un Eden perduto irrimediabilmente infranto dalla violenza. Il non superamento, o la complessa elaborazione di questo trauma, lo portò a privilegiare la ricostruzione del nucleo familiare originario, isolandosi progressivamente dal mondo esterno e rifugiandosi in una dimensione affettiva limitata.

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Il nido e la poetica del fanciullino: simboli di protezione e regressione

Il concetto di “nido” riveste nella poetica pascoliana una centralità assoluta, fungendo da metafora onnipresente e multiforme del suo complesso universo interiore.

Definizione: Per nido, Pascoli intende un rifugio sicuro e protettivo, simboleggiando la famiglia e l’infanzia perduta.

La perdita violenta e prematura del padre, seguita da una serie ininterrotta di lutti familiari, scardinò quello che doveva essere il suo “nido” originario, un luogo di protezione e affetto, trasformandolo in un “nido perduto”, un paradiso irrecuperabile dell’infanzia. Questo evento traumatico generò in Pascoli un’angoscia esistenziale profonda e mai del tutto risarcita, una ferita che la sua poesia tentò costantemente di medicare.

La reazione a questa angoscia si manifesta nella costruzione ossessiva di un nuovo nido: un rifugio simbolico e talvolta concreto, come la casa di Castelvecchio, dove il poeta cercò di ricreare l’ambiente familiare perduto con le sorelle Ida e Maria. Questo nido ricreato, tuttavia, si configurò come una protezione fragile e ambivalente, un guscio difensivo che, se da un lato offriva consolazione e sicurezza, dall’altro lo isolava dal mondo esterno, rendendogli difficile stabilire nuove relazioni significative o affrontare la vita di relazione al di fuori di queste mura protettive. Il matrimonio della sorella Ida fu vissuto da Pascoli come un tradimento e un abbandono, riattivando la ferita originaria della separazione e della perdita.

Questo forte legame con il concetto di nido si intreccia indissolubilmente con la sua celebre “poetica del fanciullino”, esplicitata nello scritto omonimo del 1897. Il fanciullino è la parte infantile e incontaminata che sopravvive nell’uomo adulto, capace di stupirsi e meravigliarsi di fronte alle piccole cose del mondo, di cogliere significati profondi e intuitivi che sfuggono alla ragione. Il poeta-fanciullino è colui che osserva la realtà con uno sguardo impressionistico, non razionale, operando per analogia e dando voce a verità latenti.

Fanciullino: Un concetto centrale nella poetica di Pascoli, rappresenta l’innocenza e la capacità di meravigliarsi del mondo con occhi nuovi.

Questa regressione all’infanzia, tuttavia, non è un semplice vezzo stilistico, ma una vera e propria strategia di sopravvivenza psicologica. Attraverso lo sguardo del fanciullino, Pascoli cercava di rielaborare il trauma, di attribuire un senso a un’esperienza altrimenti insostenibile, di trovare consolazione nella bellezza delle “umili cose” e nei microcosmi della natura. Il fanciullino diviene, in questo senso, l’interprete di un mondo che la ragione non può comprendere fino in fondo, un mondo in cui il bene, la natura e la vita devono combattere il male, la storia e la morte. Il “nido” non è più solo un luogo fisico, ma un regressus ad uterum, un ritorno a uno stato primordiale di protezione e innocenza, un tentativo di annullare la violenza e il dolore della perdita.

Attaccamento e perdita: una prospettiva psicologica sulla vita di Pascoli

La vita di Giovanni Pascoli può essere letta attraverso la lente della psicologia dello sviluppo, in particolare per quanto riguarda la teoria dell’attaccamento di John Bowlby. L’attaccamento, inteso come un legame emotivo sicuro e continuativo tra il bambino e la figura di riferimento primaria, è fondamentale per lo sviluppo equilibrato dell’individuo. Nel caso di Pascoli, l’assassinio del padre e le successive perdite familiari hanno rappresentato una disgregazione brutale di questo legame primario, lasciandolo con un attaccamento fortemente insicuro, probabilmente evitante o ambivalente. La figura paterna, scomparsa in modo violento, non fu solo una perdita affettiva, ma anche la perdita del principale caregiver e della sicurezza economica. Questo ha innescato un profondo senso di insicurezza e una difficoltà a stabilire legami duraturi e appaganti al di fuori del contesto familiare ricreato.

La teoria dell’attaccamento suggerisce che le esperienze infantili con i caregiver modellano i “modelli operativi interni” (MOI), ovvero rappresentazioni mentali di sé, degli altri e delle relazioni, che influenzano il comportamento relazionale per tutta la vita. I MOI di Pascoli, plasmati dalle ripetute perdite e dall’instabilità, lo avrebbero portato a una propensione al disinvestimento relazionale o a una ricerca esasperata di un attaccamento simbiotico, come quello con la sorella Mariù, che escludesse l’intrusione di altre figure. La sua decisione di non sposarsi, il rifiuto di nuove relazioni sentimentali e il tentativo di mantenere le sorelle vicine, anche a costo di sacrifici personali e conflitti, sono chiari indicatori di un pattern di attaccamento problematico.

Causa della fragilità: L’episodio del fidanzamento con la cugina Imelde Morri, terminato a causa della reazione di Mariù, evidenzia come il bisogno di preservare il “nido” ricostruito prevalesse su altre aspirazioni personali.

Questo comportamento può essere interpretato come un tentativo inconscio di controllare un ambiente relazionale che in passato era stato imprevedibile e doloroso, cercando di prevenire nuove perdite attraverso la restrizione dei legami.

La “religione dei morti”, così presente nelle sue opere, soprattutto in Myricae e Canti di Castelvecchio, non è solo una celebrazione malinconica dei defunti, ma anche un modo per mantenere un legame con le figure perdute, un tentativo di elaborare un lutto che non ha avuto uno spazio sufficiente e sicuro per essere vissuto pienamente nell’infanzia. Il “pianto di stelle” in X agosto e l’immagine del “nido abbandonato” sono espressioni poetiche di un dolore irrisolto che continua a risuonare nel presente del poeta. Le difficoltà economiche e sociali che seguirono i lutti, e la conseguente perdita dello status familiare, accrebbero il senso di vulnerabilità, rinforzando la necessità di auto-protezione e il desiderio di un rifugio sicuro, lontano dalle insidie del mondo esterno.

Riflessioni sulla vulnerabilità: Questo rifugio, il “nido”, diventa un luogo di resistenza contro la violenza della storia e l’incertezza del futuro, un microcosmo autosufficiente in cui il poeta può esercitare un controllo che gli era stato brutalmente negato nella sua infanzia.

Rilevanza per la salute mentale moderna

Il caso di Giovanni Pascoli offre spunti preziosi per la comprensione dei moderni concetti di resilienza post-traumatica e delle conseguenze a lungo termine del trauma infantile. La sua vita e la sua opera dimostrano come eventi avversi precoci possano plasmare profondamente la personalità e i meccanismi di coping, influenzando non solo le scelte relazionali ma anche l’espressione creativa.

Dal punto di vista della psicologia cognitiva, è evidente come il trauma abbia alterato le sue schemi cognitivi, portando a interpretare il mondo esterno come minaccioso e imprevedibile.

Meccanismi di difesa: La sua “incapacità di vivere” al di fuori del nido, pur non essendo una diagnosi clinica formale, riflette la complessità di un attaccamento insicuro che preclude l’esplorazione del mondo e l’instaurazione di nuove relazioni.

La poesia, in questo contesto, diventa un meccanismo di difesa e di sublimazione, un modo per dare forma e senso a un caos emotivo interiore. Il continuo richiamo al fonosimbolismo, al linguaggio pre-grammaticale e post-grammaticale, può essere interpretato come un tentativo di ri-costruire un linguaggio primordiale, in grado di esprimere direttamente l’emozione pura, bypassando la razionalità che non era riuscita a proteggerlo dal dolore.

In un’ottica di salute mentale, il percorso di Pascoli evidenzia quanto sia cruciale l’elaborazione del lutto e del trauma, soprattutto se occorsi in età evolutiva. La sua ricerca ossessiva del nido e la sua regressione al fanciullino possono essere viste come tentativi, seppur parzialmente disfunzionali, di ristabilire un senso di sicurezza e controllo. Oggi, la psicologia del trauma ha sviluppato una serie di interventi che mirano a facilitare questa elaborazione, riconosciuta come fondamentale per prevenire l’instaurarsi di problematiche a lungo termine.

Lezione dalla sua storia: La sua storia ci ricorda che il trauma non elaborato non scompare, ma trova vie creative e a volte dolorose per manifestarsi.

La vicenda di Giovanni Pascoli è un potente monito su come le ferite dell’infanzia possano incidere profondamente nella costruzione dell’identità adulta, influenzando ogni aspetto della vita, dalle relazioni interpersonali alla stessa espressione artistica.

Estetizzazione del dolore: La sua arte, frutto di una sofferenza profonda, si è trasformata in un patrimonio universale che continua a parlarci della fragilità umana e della forza dell’espressione artistica come veicolo di riscatto.

La storia del poeta ci offre un esempio straordinario di come un trauma possa sia paralizzare sia stimolare una creatività unica. In psicologia, si parla di “memoria traumatica” come un ricordo non integrato dell’evento, che continua a riaffiorare e a influenzare il presente. Nel caso di Pascoli, questa memoria si manifesta in simboli ricorrenti, suoni e visioni, che sono al tempo stesso la sua prigione e la sua liberazione. La “poetica del fanciullino” non è solo un’espressione letteraria, ma un vero e proprio meccanismo di difesa in psicologia dello sviluppo, dove la regressione a uno stato infantile può servire a proteggere l’io da una realtà troppo dolorosa, permettendo al contempo una riconnessione con risorse interne di resilienza e immaginazione.

Riflessioni sull’esperienza umana: Riflettiamo su quanto possa essere potente la nostra capacità di trasformare il dolore in qualcosa di significativo, anche se spesso questo processo è tortuoso e irrisolto. La sua poetica ci invita a guardare al nostro “fanciullino” interiore, a quelle parti di noi che si stupiscono, che piangono e ridono senza un perché, per ritrovare una connessione autentica con il mondo e con le nostre emozioni più profonde, accettando che le ferite della vita, se non curate, continuano a pulsare, ma possono anche essere la fonte di una forza inaspettata.

Glossario:

  • Fanciullino: L’innocenza e la meraviglia tipica dell’infanzia, secondo Pascoli.
  • Myricae: Una delle opere principali di Giovanni Pascoli, caratterizzata da una poesia semplice e diretta.
  • Attaccamento: Teoria psicologica di John Bowlby, che descrive la relazione affettiva tra un bambino e i suoi caregiver.


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