- Il 16,7% dei ragazzi italiani tra 9 e 18 anni ha compiuto violenze sugli animali.
- Nel 2022, in Italia, è stata sporta una denuncia per maltrattamento ogni 55 minuti.
- Tra il 30% e il 40% degli omicidi hanno precedenti di violenza su animali.
Eventi recenti, amplificati dalla risonanza mediatica, hanno riportato all’attenzione pubblica il tema della violenza sugli animali, evidenziando una preoccupante correlazione con profondi disagi psicologici e comportamenti antisociali. Uno degli episodi più recenti e controversi riguarda il cavallo trascinato, una vicenda che ha scatenato un’ondata di indignazione e ha sollevato interrogativi cruciali sulla natura umana e sulla sua capacità di empatia. Questo incidente, purtroppo non isolato, si inserisce in un contesto più ampio di maltrattamento animale, che studi scientifici e criminologici collegano strettamente a dinamiche psicopatologiche nell’aggressore e a un impatto traumatico sugli spettatori.
La crudeltà verso gli animali, spesso considerata un fenomeno marginale, è in realtà un campanello d’allarme significativo. Già nel 1953, lo psicanalista ed etologo britannico John Bowlby indicava la crudeltà verso gli animali e altri bambini come un tratto distintivo dei delinquenti non empatici. Questa osservazione è stata successivamente supportata e ampliata da un crescente corpo di ricerca nel campo della psicologia, psichiatria e criminologia. Si è scoperto che il maltrattamento animale, specialmente se compiuto in età giovanile, non è un evento isolato, ma un indicatore predittivo di futuri comportamenti devianti e criminali, caratterizzati da un’escalation di violenza. La dottrina del “link” sottolinea come questi atti siano un fortissimo indicatore di pericolosità sociale, correlato alla violenza interpersonale, al sadismo e a una tendenza alla recidiva.
In Italia, il Rapporto Zoomafia 2022 della LAV ha rivelato una denuncia per maltrattamento di animali ogni 55 minuti, dati che, seppur parziali, suggeriscono la punta di un vasto iceberg. A livello internazionale, video di crudeltà animale hanno raggiunto miliardi di visualizzazioni tra il 2020 e il 2021, evidenziando un vasto pubblico “ansioso di assistere”, che si muove in un universo contiguo alla realtà domestica. Questi dati, uniti a casi cruenti come quello di un agnellino ucciso a calci, di un gattino lanciato da un ponte o di caprette maltrattate durante feste, delineano un quadro allarmante. La psicologia dei gruppi, come già intuito da Gustave Le Bon nel 1895 con la sua “Psicologia delle folle”, dimostra come la presenza di altri possa attivare comportamenti violenti che difficilmente si manifesterebbero individualmente, esacerbati oggi dalla visibilità sui social media.
Gli zoosadici, individui che traggono piacere dalla sofferenza animale, mostrano forti connotazioni psicologiche proiettive e un senso di rivalsa, non solo verso gli animali, ma anche verso gli esseri umani. Lo zoosadismo è un sintomo riconoscibile che, se non intercettato e curato, può portare allo sviluppo di disturbi antisociali di personalità. Tali manifestazioni cliniche, sebbene diagnosticate formalmente dopo i 18 anni, si palesano spesso molto prima. Il fenomeno della “zooerastia”, che implica pratiche sessuali con animali, è un altro disturbo con gravi implicazioni criminali, spesso premonitore di situazioni patogene.
Secondo la psicologa e criminologa Eleonora Benigni, interpellata in merito all’impiccagione di un gattino a Pistoia, la violenza sugli animali è spesso indicativa di “profondi disagi emotivi, disturbi psichici o difficoltà relazionali”. Essa rivela una mancanza di empatia, ovvero l’incapacità di riconoscere e rispettare la sofferenza altrui, specialmente nei confronti degli esseri più vulnerabili. Nel contesto infantile e adolescenziale, questa crudeltà è un criterio diagnostico per il disturbo della condotta e un campanello d’allarme per futuri disturbi antisociali e psicopatia. In età adulta, questo comportamento può degenerare in tratti personologici stabili di tipo narcisistico, sadico o psicopatico.
L’incidenza sugli individui coinvolti: il dolore generato dagli atti violenti e l’adattamento emotivo alla sofferenza
A livello sociopsicologico, le conseguenze derivanti da esperienze traumatiche si manifestano chiaramente per entrambe le categorie coinvolte: i professionisti dedicati al campo dell’assistenza sociale e gli osservatori delle brutalità umane. Tali traumi hanno la capacità di influenzare pesantemente il benessere mentale dei lavoratori esposti continuamente ad atti angoscianti; per questi ultimi emerge frequentemente un quadro clinico complesso caratterizzato da vulnerabilità affettive come l’ansia. Al contempo, anche coloro che assistono passivamente alle immagini della sofferenza possono sperimentare forme insidiose di (dis)inibizione emozionale; questo porta talvolta all’insorgere di quella che può essere definita come “normalizzazione” degli aspetti cruenti legati alla realtà contemporanea. In definitiva, la relazione tra esperienza traumatica e risposta psicologica rivela dinamiche intricate necessarie ad approfondire nel contesto attuale.
La violenza sugli animali non si limita a generare sofferenza nella vittima diretta, ma produce anche un profondo e spesso sottovalutato impatto psicologico sugli operatori coinvolti nell’industria della macellazione e sugli spettatori, diretti o indiretti (attraverso i social media). Questo fenomeno si manifesta attraverso meccanismi complessi come il trauma indotto dalla perpetrazione (PITS) e la desensibilizzazione.
L’industria della carne, sebbene essenziale per la domanda alimentare globale, nasconde un trauma silenzioso che affligge i suoi lavoratori. La produzione mondiale di carne è più che triplicata dalla metà degli anni settanta, e con essa è aumentata la distanza tra il consumatore e il macello. Qui, le persone addette alla macellazione sono esposte quotidianamente a trattamenti disumani sugli animali, subendo traumi psicologici gravi.
Gli infortuni sul lavoro nell’industria della macellazione sono elevati e sottostimati, con traumi psicologici che rimangono perlopiù non registrati. Le aziende sono restie a condividere dati, rendendo difficili gli studi psicologici. Tuttavia, sondaggi tra i lavoratori rivelano livelli di ansia, depressione e aggressività superiori rispetto ad altri settori e alla popolazione generale, suggerendo che il PITS potrebbe essere un disturbo relativamente diffuso.
Questo problema è destinato a crescere, poiché l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) prevede un continuo aumento del consumo mondiale di carne. MacNair, nell’AMA Journal of Ethics nel 2023, ha evidenziato la complicità della società nella diffusione di tali disturbi, affermando che “la domanda pubblica di carne crea un’esposizione continua, presente e futura ai traumi”, che vengono appaltati a minoranze della popolazione. Migranti e rifugiati, spesso con minori opportunità economiche, costituiscono una parte consistente dei lavoratori del settore e subiscono i maggiori danni fisici e psicologici, spesso senza denunciare per paura di perdere il lavoro.
Il fenomeno della desensibilizzazione entra in gioco quando gli individui sono esposti ripetutamente a scene di violenza, sia direttamente che attraverso media come i social network. La visione costante di atti di crudeltà animale può portare a una diminuzione della risposta emotiva, rendendo gli spettatori meno reattivi alla sofferenza e più inclini a tollerare o addirittura ignorare la violenza. Questo è particolarmente evidente nel caso del pubblico “ansioso di assistere” ai video di crudeltà animale.
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Il monitoraggio dei comportamenti devianti e la formazione del carattere criminale
La comprensione del carattere criminale e la sua prevenzione passa anche attraverso il monitoraggio dei comportamenti devianti in età giovanile, con un focus particolare sulla crudeltà verso gli animali. Questo approccio, sostenuto dalle più recenti scienze criminologiche, suggerisce l’importanza cruciale di un database informatico per la prevenzione della criminalità.
Le parafilie e le devianze di natura criminogena possono essere intimamente legate al desiderio di dominio sugli animali. Sebbene non tutte le condotte devianti o antisociali sfocino in reati, esse possono indicare una maggiore predisposizione a una carriera criminale e a divenire soggetti socialmente pericolosi, specialmente se tali comportamenti sono esacerbati da patologie psichiatriche. La criminologia moderna, riconoscendo questo “link”, pone l’accento sull’individuazione precoce di questi sintomi per prevenire ripercussioni sociali più gravi.
In Italia, la proposta di legge sul LINK è fondamentale poiché mira a ricollegare la crudeltà sugli animali alla violenza interpersonale e ad altre condotte antisociali. “Queste violenze sono indicatori di pericolosità sociale”, ha sottolineato Francesca Sorcinelli, educatrice e fondatrice del progetto LINK-Italia.
Parametri criminologici specifici definiscono una semeiotica in grado di prefigurare la nascita di futuri soggetti devianti che hanno perpetrato maltrattamenti sugli animali.
Termine | Definizione |
---|---|
Devianza | Discostamento di un individuo da una norma o da valori socialmente condivisi. |
Comportamento antisociale | Condotte aggressive e impulsive che esordiscono nell’infanzia. |
Delinquenza | Atti illeciti compiuti da minori di 18 anni. |
Criminalità | Azioni gravi previste dalla legge come reato. |
Il concetto di “pericolosità sociale”, introdotto in Italia nel 1930, si riferisce alla probabilità che un individuo commetta nuovi reati. La prognosi giudiziale si basa su fattori quali la gravità del reato, la capacità a delinquere, i motivi e il carattere del soggetto, i precedenti penali e le condizioni di vita. La pericolosità sociale è una forma intensa della capacità a delinquere, leggibile come prognosi preventiva. Il fenomeno degli zoosadici presenta evidenti elementi di sottostanti dinamiche psicologiche proiettive e una spiccata volontà di rivalsa, tanto nei confronti delle creature animali quanto verso l’umanità stessa. Tale patologia è identificabile attraverso un segno distintivo che emerge precocemente, consentendo così interventi terapeutici in tempi utili.
I dati a disposizione parlano chiaro: una percentuale compresa tra il 30% e il 40% degli omicidi ha accumulato nel loro curriculum criminale atti violenti nei riguardi degli animali. Ricerche condotte dall’FBI su individui accusati di violenza e abusi sistematici hanno evidenziato che numerosi trasgressori avevano già avuto esperienze passate con la crudeltà sugli animali domestici.
Riflessioni sull’empatia cognitiva e la dissociazione sociale
L’intreccio intricato fra la violenza nei confronti degli animali, il deterioramento psicologico e l’aumento della pericolosità sociale sollecita una riflessione approfondita riguardo ai meccanismi psichici dell’essere umano e al contesto socio-culturale in cui siamo inseriti. Un aspetto cruciale da esaminare è quello dell’empatia cognitiva: questa facoltà consente agli individui di interpretare ed assimilare i vissuti emotivi delle altre creature, comprese quelle non appartenenti alla specie umana. Tale competenza risulta indispensabile nell’edificazione di comunità pacifiche.
Da un punto di vista della psicologia cognitiva, emerge chiaramente come la dissonanza cognitiva svolga un ruolo determinante nella diffusione dei comportamenti paradossali degli esseri umani. Molti soggetti nutrono affetto per gli animali considerandoli amici fidati; tuttavia, allo stesso tempo partecipano attivamente o giustificano azioni che causano loro dolore. Questa contraddittorietà viene accettata tramite una gestione mentale del conflitto tra ciò che pensiamo sia giusto fare e ciò che realmente facciamo, permettendo così l’esistenza in uno stato ontologicamente diviso.
Proseguendo con una nozione avanzata di psicologia comportamentale, possiamo esplorare il concetto di modellamento vicario. Gli individui, specialmente in età evolutiva, apprendono comportamenti e atteggiamenti osservando gli altri, interiorizzando modelli di relazione che possono essere sia rispettosi che violenti. Se una società, attraverso le sue leggi, tradizioni o abitudini quotidiane, legittima il maltrattamento degli animali in determinate circostanze, sta fornendo un modello di comportamento che, pur non essendo direttamente violento, introduce una forma di dissociazione etica.
Questa incoerenza etica, se non affrontata, continuerà a generare episodi di violenza e una diffusa disorganizzazione del pensiero che impedisce di contenere gli aspetti compositi della realtà in una visione unitaria e rispettosa. È fondamentale che si promuova un modello di relazione con tutti gli animali basato sul rispetto, riconoscendoli come esseri senzienti, sensibili al dolore e dotati di autocoscienza. Solo così potremo smantellare le radici profonde della crudeltà e investire in una prevenzione efficace della violenza in tutte le sue forme, stimolando una riflessione personale che ci porti a guardare con occhi nuovi le nostre abitudini e a rifonderle su principi di vera empatia e coerenza etica.
Glossario:
- Devianza: Discostamento da norme socialmente condivise
- Dissonanza cognitiva: Incoerenza tra credenze e comportamenti
- Zoosadismo: Senso di piacere dal causare sofferenza agli animali
- Zooerastia: Pratiche sessuali con animali