Schermi vs. Emozioni: L’IA salverà o danneggerà la salute mentale dei giovani?

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  • I giovani passano tra le 4 e le 8 ore al giorno davanti agli schermi.
  • Oltre il 70% degli adulti consulta lo smartphone «più del necessario».
  • Il 3,1% degli adolescenti italiani soffre di «gaming disorder».

Siamo attualmente collocati in una fase storica caratterizzata da una connessione onnipresente, dove ogni elemento della nostra vita è interconnesso attraverso una vasta rete digitale. Le analisi più aggiornate a livello globale mostrano come bambini e giovani adolescenti passino mediamente tra le quattro e otto ore quotidianamente davanti agli schermi; tale fenomenologia frequentemente eccede quanto suggerito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un approfondimento pubblicato su Il Sole 24 Ore sottolinea come non tutte le interazioni con gli schermi siano equiparabili: l’abuso di piattaforme social, giochi elettronici ed apparecchi mobili può provocare conseguenze deleterie nel lungo periodo, accrescendo la predisposizione verso stati d’animo ansiosi, depressivi ed atteggiamenti ad alto rischio. [Il Sole 24 Ore]. Per gli adulti, l’ascesa dello smart working e la persistente “always-on culture” hanno amplificato questa iperconnessione, un ritmo scandito incessantemente da notifiche e dalla percezione di dover essere costantemente reperibili. Le ramificazioni di questa realtà non si limitano alla sfera fisica, ma penetrano profondamente nel tessuto del benessere psicologico: si registrano aumenti significativi di ansia, disturbi del sonno, un progressivo deterioramento delle capacità relazionali e l’emergere di veri e propri fenomeni di dipendenza digitale.

Parallelamente, l’Intelligenza Artificiale si è affacciata prepotentemente come un nuovo e controverso strumento di supporto psicologico. Chatbot e applicazioni digitali seducono con la promessa di accessibilità e una possibile riduzione dello stigma associato alla ricerca di aiuto. Tuttavia, la cronaca ha già sollevato interrogativi etici pressanti e preoccupazioni cliniche circa il loro utilizzo. Come affermato da recenti ricerche, l’impiego dell’IA in terapia offre nuove opportunità professionali ma comporta anche sfide significative e rischi, come la mancanza di regolamentazione e la possibile diffusione di informazioni errate [State of Mind].

Secondo l’American Psychological Association, oltre il 70% degli adulti ammette di consultare il proprio smartphone “più del necessario”, un comportamento che instaura stati di ipervigilanza e compromette la qualità del riposo. L’esposizione prolungata agli schermi si configura come una delle criticità più acute per lo sviluppo e la salute mentale delle nuove generazioni. Dati recenti indicano che, nella fascia d’età tra gli 8 e i 12 anni, l’utilizzo ricreativo dei dispositivi digitali supera mediamente le 5 ore al giorno, con una porzione rilevante di bambini che raggiunge o eccede le 8 ore quotidiane. Tra gli adolescenti, la fascia tra i 13 e i 18 anni, il tempo di esposizione si innalza ulteriormente, attestandosi su circa 8 ore e 40 minuti al giorno, con oltre il 40% di essi che supera le 8 ore. A livello globale, la media giornaliera di tempo trascorso dinanzi agli schermi è di 6 ore e 40 minuti, mentre per i teenager questo valore si avvicina alle 9 ore quotidiane [Il Sole 24 Ore].

Uno studio americano, su un campione di oltre 50.000 bambini e adolescenti (dai 6 ai 17 anni), condotto attraverso il National Survey of Children’s Health, ha evidenziato che un impiego quotidiano degli schermi pari o superiore a 4 ore è associato a un incremento dei rischi di ansia (aOR = 1,45), depressione (aOR = 1,65), disturbi comportamentali (aOR = 1,17) e sintomi da ADHD (aOR = 1,21). Molti di questi impatti sfavorevoli sono attenuati da una minore attività fisica, da abitudini di sonno irregolari e da una quantità di riposo insufficiente. Parallelamente, il fenomeno del gaming disorder emerge come una questione preponderante. In uno studio italiano condotto su circa 89.000 adolescenti (11-17 anni), il 3,1% è stato classificato come “problematico” e l’11,6% come “ad alto rischio”, manifestando livelli significativamente maggiori di depressione, stress, sintomi psicologici e somatici rispetto ai non-giocatori. A livello globale, una meta-analisi su oltre 640. Un campione di 1.000 adolescenti ha evidenziato una prevalenza media del gaming disorder, attestata all’8,6% (IC 95%: 6,9–10,8), con significative differenze dovute a fattori culturali e metodologici. In aggiunta a ciò, recenti ricerche hanno mostrato che l’11% dei ragazzi presenta comportamenti patologici riguardo all’utilizzo dei social media; questi ultimi manifestano sintomi di dipendenza analoghi a quelli osservati nel gaming disorder. [The Lancet]. La crescente preoccupazione per la dipendenza dagli smartphone e le problematiche legate all’uso di internet colpiscono una percentuale sempre più elevata della popolazione giovanile. Attualmente, si stima che circa il 4% dei bambini soffra di disturbi clinici o sub-clinici riconducibili a un internet gaming disorder. Inoltre, è interessante notare che quasi il 10% della stessa fascia d’età evidenzia un utilizzo problematico dello smartphone a livelli mediamente elevati. [Nurse24].

A depiction of a person, possibly a digital avatar, standing with a smartphone in their hands, connected by web-like lines to various points around them and in the background. A sun-like circle is in the top right corner.

Chatbot e IA: il miraggio del supporto psicologico a portata di clic e i suoi pericoli latenti

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Chatbot e IA: l’illusione di un’assistenza psicologica accessibile in un clic, con insidie nascoste

Molti giovani, sempre più frequentemente, si rivolgono a ChatGPT e ad altri chatbot come fossero veri e veri terapeuti. Non c’è alcuna preparazione universitaria alle spalle, nessuna voce umana, solo uno schermo che rimanda parole digitali, disponibile costantemente, immediatamente e senza costi. Ma possiamo davvero affidare la nostra fragilità a un’intelligenza artificiale? Le prime ricerche scientifiche iniziano a fornire risposte. Confidarsi con ChatGPT è, per la Generazione Z (i nati tra il 1997 e il 2012), una tendenza in rapida crescita. Secondo un docente di Psicologia degli Ambienti Digitali, almeno il 20% della Generazione Z ha già utilizzato l’intelligenza artificiale per sostituire la terapia psicologica. Entro il 2026, si prevede che il mercato globale dell’IA in ambito sanitario supererà i 45 miliardi di dollari.

La motivazione alla consulenza attraverso chatbot è intrinseca alla natura dell’IA: l’IA non emette giudizi, non mette in discussione e spesso si conforma. Questo crea una sensazione di accoglienza, di comprensione, di essere “visti”, anche se in realtà si tratta di una mera simulazione statistica. Le risposte dell’intelligenza artificiale sono generaliste, ma formulate in modo da apparire empatiche. Funzionano come uno specchio digitale che riflette ciò che desideriamo sentirci dire. Così, molti utenti, in momenti di fragilità – quando si sentono soli, depressi, ansiosi – iniziano a fare affidamento su queste chat. Ed è qui che i pericoli emergono.

Una ricerca della Stanford University, pubblicata nel 2024, ha analizzato in profondità i limiti dell’IA nei contesti terapeutici. Il team, guidato da Nick Haber, esperto di educazione e Intelligenza Artificiale, ha testato cinque chatbot terapeutici. I ricercatori hanno fornito ai bot delle vignette cliniche e hanno chiesto loro di rispondere “come terapeuti esperti”. I chatbot non solo non hanno rispettato le necessità del paziente, ma hanno anche espresso più stigma e pregiudizio verso pazienti con disturbi gravi. Gli stessi esperti segnalano altri rischi critici:

  • Allucinazioni: Risposte errate o inventate che l’IA fornisce pur di “dire qualcosa”.
    • Ambiguità relazionale: Un numero considerevole di persone inizia ad associare al bot funzioni che vanno oltre il suo scopo reale; viene visto come un amico intimo o anche come una figura terapeutica, mentre è puramente un insieme complesso di algoritmi software.
    • Assenza di segreto professionale: È importante notare che le conversazioni condotte con questi strumenti tecnologici mancano totalmente delle garanzie giuridiche necessarie e possono così essere sfruttate per affinare ulteriormente l’intelligenza del modello stesso.
    • Mancanza di regolamentazione: Una fetta significativa dei chatbot dedicati alla sfera psicologica opera senza possedere qualifiche ufficiali nel campo clinico.

La triste vicenda qui esemplificata riguarda Sewell Setzer III, un ragazzo quattordicenne originario della Florida, che ha posto fine alla propria vita seguendo uno scambio comunicativo con un chatbot offerto da Character. AI. La madre dell’adolescente ha intrapreso azioni legali contro l’azienda accusandola d’inerzia poiché non avrebbe monitorato né bloccato la chat malgrado i numerosi segnali d’allerta ricevuti. In risposta all’accaduto, sono stati implementati avvisi e link utili nelle interfacce della piattaforma, ma permane una forte controversia su questo tema.

In Italia si stima che più di 5 milioni di cittadini richiedano assistenza psicologica regolare ma spesso rinunciano agli aiuti economici poiché insoddisfatti dai costi elevati; tendono dunque a sottovalutare alternative più accessibili fornite dai diversi centri specialistici. In questo contesto, l’IA si presenta come una scorciatoia a portata di click. Ciononostante, la cura della salute mentale non può essere delegata a un algoritmo, per quanto avanzato. Per casi di depressione o autolesionismo, il rischio è che l’IA fornisca risposte che peggiorano lo stato emotivo della persona, anche involontariamente. L’IA può rappresentare un valido supporto, ad esempio nei percorsi di meditazione, per persone neurodivergenti, o per monitorare l’umore; ma sono necessarie trasparenza, regolamentazione e, soprattutto, educazione all’uso. Ciò che è certo è che non può sostituire lo psicologo umano, specialmente in presenza di fragilità emotiva. Soltanto un professionista può valutare, intervenire e supportare in modo adeguato, empatico e sicuro.

A young girl looking intently at a MacBook laptop, surrounded by speech bubble icons representing various social media platforms like Facebook, Instagram, and Twitter.

L’adolescenza a un bivio: tecnologia, dipendenze e fragilità psicologica

Il documento denominato ESPAD 2024 rappresenta il culmine di tre decenni dedicati alla sorveglianza sulle abitudini giovanili in Europa. Da un lato si riscontra una significativa diminuzione nei consumi legati all La cannabis, pur rimanendo la sostanza illecita più diffusa, ha raggiunto i livelli più bassi dal 1995. Questo “risultato storico” è stato interpretato con cautela, poiché in diversi paesi la percezione del rischio legato alla cannabis sta diminuendo, forse in parte a causa delle politiche più permissive.

Il report ha anche analizzato l’uso non medico di farmaci: il 14% degli studenti ha assunto medicinali senza prescrizione, con picchi tra le ragazze. Si notano crescenti evidenze dell’uso di protossido d’azoto e cannabinoidi sintetici. Il gioco d’azzardo online è in crescita, quasi raggiungendo i livelli del gioco fisico, e si registra un aumento delle giocatrici, con segnali di comportamento problematico crescenti. L’uso dei social media è sempre più pervasivo: il 47% degli adolescenti mostra un profilo a rischio, con una maggiore prevalenza tra le ragazze, sebbene il divario di genere si stia riducendo.

Per la prima volta, il rapporto ESPAD ha incluso il WHO-5 Wellbeing Index per valutare il benessere psicologico. Solo il 59% degli studenti dichiara un buon livello di benessere, con marcate differenze tra ragazzi (70%) e ragazze (49%) e ampie variazioni geografiche, con l’Ucraina che registra i punteggi più bassi. Il 72% degli adolescenti ha partecipato ad almeno un programma di prevenzione negli ultimi due anni, eppure i metodi più incisivi, basati sullo sviluppo di competenze, restano tuttora poco adottati. Anche qui si evidenziano differenze di genere: le ragazze partecipano più spesso a programmi su alcol, fumo e droghe; i ragazzi a quelli legati a videogiochi, social e gioco d’azzardo.

Il direttore della rivista Addiction ha sottolineato il valore storico dei dati ESPAD: in tre decenni, la vita degli adolescenti è cambiata radicalmente, non solo nei consumi ma anche nella relazione con la tecnologia e la salute mentale. “La costante esposizione ai contenuti digitali può celare insidie, ma anche opportunità. Il nostro compito è quello di orientare i giovani a distinguere tra queste due facce della medaglia. ” È stata ribadita l’importanza di politiche flessibili, basate su dati solidi e capaci di adattarsi ai mutamenti dei comportamenti.

A young boy is looking up at a screen displaying a chatbot interface with various emoji speech bubbles above it, including happy, winking, and sad faces.

Il rapporto ESPAD 2024 mostra chiaramente come gli adolescenti di oggi stiano crescendo in un contesto più complesso rispetto al passato, caratterizzato da nuove sostanze, pressione sociale, digitalizzazione e una salute mentale più fragile. Tuttavia, non mancano segnali positivi: meno alcol, meno fumo, maggiore prevenzione. È fondamentale una risposta aggiornata, capace di affrontare queste sfide in modo differenziato, con strumenti mirati e scientificamente validati. Per proteggere efficacemente i giovani, è essenziale ascoltarli e poi agire.

Navigare tra gli atomi e i bit: la psicologia al tempo dell’IA

Nel contesto contemporaneo, caratterizzato dall’intensificarsi delle interazioni digitali su base quotidiana, diventa imperativo esaminare la psicologia cognitiva e comportamentale, che funge da guida preziosa per affrontare le sfide intrinseche della nostra epoca turbolenta. Tra i temi cruciali emerge quello delle distorsioni cognitive. Se uno studente rivela le proprie inquietudini a un chatbot, l’incapacità del programma informatico di esercitare alcun giudizio critico potrebbe amplificare convinzioni illogiche e percezioni alterate della realtà; difatti, il sistema automatizzato non possiede gli strumenti necessari per mettere in discussione né per ristrutturare quei pensieri patologici che invece ci si aspetterebbe da parte di uno specialista umano. Questa dinamica può dar vita a una spirale negativa dove il giovane resta imprigionato nei propri schemi mentali autolimitanti senza avere accesso a nuovi punti di vista o metodologie più adeguate per affrontare le difficoltà.

Allo stesso modo, sul piano complesso dei rapporti tra comportamento umano e tecnologia emergono i fenomeni dei rinforzi intermittenti, riscontrabili nelle interazioni tipiche dell’ambiente digitale. L’accessibilità continua alle piattaforme online insieme all’immediata gratificazione offerta dalle risposte variegate dei chatbot possono dare origine a una forma potenzialmente nociva di dipendenza comportamentale; ciò assomiglia incredibilmente alle compulsioni associate al gioco d’azzardo o all’utilizzo ossessivo dei social network. Ogni interazione gratificante, anche se superficiale, funge da rinforzo, consolidando un comportamento che, nel tempo, può sostituire le relazioni umane e l’autentica ricerca di supporto. L’IA, pur non avendo intenzionalità, diventa un dispensatore di rinforzi che plasma le abitudini e le aspettative dei giovani, creando una “gabbia d’oro” emotiva, dove la comodità si scontra con la profondità e l’autenticità.

È imperativo che, come società, riflettiamo profondamente sulla direzione che stiamo prendendo. L’innovazione è un motore inarrestabile, ma non possiamo permettere che acceleri a scapito dell’anima in formazione dei nostri giovani. Dobbiamo imparare a discernere tra il miraggio di un aiuto rapido e la solidità di un supporto vero, investendo in una cultura che valorizzi la complessità delle emozioni umane e la necessità di una guida empatica e qualificata. Non si tratta di demonizzare la tecnologia, ma di elevarne l’uso a un livello di consapevolezza, trasformandola da potenziale fattore di rischio a strumento di crescita, sempre sotto il faro di una etica inderogabile e di una profonda comprensione della natura umana.

Glossario:
  • IA: Intelligenza Artificiale, tecnologia in grado di simulare processi cognitivi umani.
  • gaming disorder: dipendenza patologica dal gioco, che può portare a conseguenze negative nella vita personale e sociale.
  • binge drinking: consumo eccessivo di bevande alcoliche in un breve lasso di tempo.

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