Infortunio sportivo: come tutelare la salute mentale degli atleti

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  • Una review del 2023 ha evidenziato l'importanza della preparazione mentale.
  • Ansia, depressione e PTSD sono comuni tra gli atleti infortunati.
  • Bassa aderenza ai protocolli riabilitativi: criticità nel piano psicologico.

Gli infortuni nello sport, pur essendo eventi spiacevoli, sono intrinsecamente legati alla pratica agonistica, in quanto gli atleti spingono costantemente i propri limiti fisici. Tuttavia, quando tali episodi si verificano con frequenza ravvicinata, si può celare unprofondo disequilibrio che va ben oltre la mera integrità fisica, toccando la sfera del benessere mentale. La traumatologia sportiva, storicamente focalizzata sulla prevenzione, diagnosi e cura delle lesioni muscolo-scheletriche, sta oggi ampliando il suo orizzonte, abbracciando l’importanza cruciale della salute mentale nel percorso dell’atleta. Questo cambio di prospettiva è tutt’altro che una tendenza passeggera, bensì una necessità riconosciuta dalla comunità scientifica, evidenziando come una combinazione di fattori generici e specifici dello sport possa accrescere il rischio di disturbi psicologici negli sportivi d’élite.

Ricerca recente: Una review del 2023 sulla psicologia degli infortuni sportivi ha evidenziato l’importanza della preparazione mentale durante tutto il processo di riabilitazione, sottolineando che fattori psicologici come la motivazione e il supporto sociale svolgono un ruolo cruciale nel successo del ritorno all’attività sportiva.[Psicologi dello Sport]

Il legame tra infortuni e benessere mentale è infatti sempre più stretto. Un persistente e alto livello di tensione nervosa, spesso ignorato o mal gestito, può tradursi in rigidità fisica e ripercussioni muscolo-scheletriche. Questa tensione, a sua volta, compromette la capacità di valutare correttamente il rischio, spingendo l’atleta a intraprendere azioni avventate o eccessive pur di sfogare lo stress accumulato. La letteratura scientifica sportiva, come confermato da studi pubblicati su riviste specializzate, collegano strettamente infortuni e benessere mentale, sottolineando come problematiche quali ansia, depressione e persino disturbo da stress post-traumatico (PTSD) siano comuni tra gli atleti infortunati. Gia nel luglio 2021, importanti voci nel campo della psicologia dello sport, come Stefano Massari, mental coach di Matteo Berrettini, hanno evidenziato come l’eccessiva attenzione ai risultati possa portare gli atleti a sentirsi “svuotati”, aumentando la vulnerabilità psicologica e amplificando il rischio di infortuni o di un recupero incompleto. A questi si aggiungono conseguenze psicologiche come insonnia, problemi cognitivi e difficoltà sociali, mettendo in luce la complessità del quadro clinico.

Consequenze Psicologiche degli Infortuni Sportivi
Ansia
Depressione
PTSD
Insonnia
Problemi cognitivi
Difficoltà sociali

È fondamentale, quindi, adottare un approccio olistico e multidisciplinare, che consideri l’atleta nella sua totalità, integrando aspetti fisici, psicologici e sociali nel percorso di riabilitazione.

Il modello bio-psico-sociale e le risposte all’infortunio

Il modello bio-psico-sociale è diventato il riferimento imprescindibile per comprendere la complessità della salute e del processo di guarigione, specialmente nell’ambito sportivo. Questa visione supera la tradizionale dicotomia mente-corpo, riconoscendo l’individuo come un’entità integrata nella sua totalità. Non si tratta più di attribuire la responsabilità di un infortunio a una singola causa, medica o sociale, ma di considerare l’interazione dinamica tra fattori biologici, psicologici e sociali. L’atleta infortunato, quindi, non sperimenta solo un dolore fisico o una perdita di funzionalità, ma affronta anche un insieme di conseguenze psicologiche e sociali che possono influenzare significativamente il recupero. La riabilitazione fisica, seppur fondamentale, rischia di essere incompleta se non integrata da interventi che supportino il benessere mentale e la resilienza psicologica.

Recenti ricerche hanno sottolineato come il supporto sociale possa diminure la vulnerabilità individuale agli infortuni, promuovendo nello stesso tempo una maggiore protezione agli atleti.[Medical Lab]

Un quadro esplicativo cruciale è offerto dal Modello integrato di risposta psicologica all’infortunio e al processo di riabilitazione, sviluppato da Wiese-Bjornstal e collaboratori negli anni ’90 (1998). Questo modello sottolinea come fattori estrinseci (ad esempio, il contesto sociale, la pressione competitiva) e intrinseci (come le caratteristiche personali dell’atleta, il suo background psicologico) influenzino la percezione dell’infortunio. Questa valutazione, a sua volta, determina la cosiddetta “stress response”, che può aumentare il rischio di futuri infortuni o ostacolare il recupero.

Le stesse variabili che predispongono a una risposta allo stress pre-infortunio, infatti, continuano ad agire anche nella fase post-infortunio, plasmando i “moderatori dello stress”: valutazione cognitiva, risposte emotive e comportamentali. Queste componenti, in un circolo virtuoso o vizioso, interagiscono con il risultato della riabilitazione. Un ciclo efficace vede la valutazione cognitiva influenzare le risposte emotive, che a loro volta modellano i comportamenti e ritornano a influenzare la cognizione, favorendo un recupero completo. Viceversa, un’aderenza insufficiente al trattamento, spesso alimentata da reazioni psicologiche disfunzionali, può instaurare un ciclo antiorario, impedendo il recupero totale. Il modello evidenzia il carattere estremamente individualizzato di ogni infortunio, sottolineando come le “variabili personali” (le specifiche caratteristiche dell’atleta e il suo vissuto) e le “variabili situazionali” (legate allo sport praticato) possano intervenire in qualsiasi momento, influenzando significativamente la valutazione cognitiva dell’atleta. Anche la “funzione del dolore” è un elemento chiave in questo contesto: il dolore, infatti, agisce come un segnale potente che si imprime nella memoria, motivando l’individuo a evitarne il ritorno e influenzando le future decisioni e azioni.

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Le fasi del recupero e l’intervento multidisciplinare

Il percorso di riabilitazione da un infortunio sportivo è articolato in diverse fasi, ognuna con le sue specifiche sfide fisiche e psicologiche. Comprendere e affrontare queste sfide attraverso un approccio multidisciplinare è fondamentale per garantire un recupero completo e duraturo. La prima fase, quella preoperatoria, è spesso dominata da emozioni negative, in particolare la paura. A livello cognitivo, gli atleti possono manifestare reazioni disfunzionali come la catastrofizzazione e la negazione dei fatti (Brewer, 2009; Tracey, 2010). In questo momento, l’intervento psicologico si concentra sulla gestione delle emozioni, sulla riformulazione della situazione e sulla definizione di obiettivi realistici, come suggerito da Arvinen-Barrow e Walker nel 2013.

Una delle strategie più promettenti per facilitare la riabilitazione è la visualizzazione, che permette di mantenere attive le abilità motorie anche durante il periodo di recupero.[Johnson e Roberts, 2020]

Nella prima fase di recupero funzionale, l’atleta sperimenta spesso un profondo senso di perdita e solitudine. La situazione attuale evidenzia una bassa aderenza o addirittura assente, rispetto ai protocolli riabilitativi previsti; questo aspetto critica fortemente il piano psicologico del paziente. Un obiettivo centrale consiste nell’instaurare un vero proprio ciclo virtuoso fra motivazione ed auto-efficacia, come sottolineato da Conti et al. nel 2016; ciò implica anche la necessità di diminuire lo stress che si manifesta dopo l’infortunio stesso ed affrontare le emozioni correlate secondo Driediger, Hall e Callow nel 2006.

Successivamente, dopo aver raggiunto la seconda fase del recupero funzionale, emergono sentimenti d’ansietà riguardo sia alla potenziale reinfezione che all’incertezza sul futuro stesso dell’atleta. Tra le risposte cognitive più comuni figurano difficoltà nella valutazione dei progressi compiuti ed una netta inclinazione verso tentativi prematuri per forzare i tempi necessari al recupero totale (come osservato da Conti et al., 2015).

Per concludere, si arriva alla fase dedicata a ripristinare il gesto atletico specifico,

“da”…

. Questo periodo crucialmente soggiace a timori; dunque diventa essenziale opporsi a percezioni erronee accompagnate da aspettative non realistiche poiché questi elementi possono ulteriormente aumentare l’ansia sofferta dall’atleta compromettendo il suo ritorno alla competizione agguerrita (Clement et al., Arvinen-Barrow e Fetty, …il riferimento…, attenzione!). È evidente, quindi, come la riabilitazione di un infortunio sportivo richieda un team di professionisti che collaborino sinergicamente, includendo fisioterapisti, medici dello sport e psicologi. Solo così è possibile assicurare che l’atleta recuperi il proprio potenziale a 360 gradi, non trascurando l’essenziale componente cognitivo-emotiva che, spesso, è la vera chiave per un ritorno di successo.

Oltre la riabilitazione: la resilienza mentale e il potenziale umano

Il fenomeno dell’infortunio sportivo rappresenta un bivio decisivo nella carriera dell’atleta; si tratta infatti di uno stop forzato che impatta non solo sul piano fisico ma sull’intero svolgersi della sua esistenza. Tale interruzione spesso viene valutata sotto una luce negativa: parecchi atleti tendono a considerarla come tempo perduto, addebitando le responsabilità agli eventi avversi della fortuna o a insufficienze nella preparazione atletica stessa oppure persino all’influsso imponderabile dei fattori genetici. Ciononostante, vi è spazio per considerazioni più profonde sulla questione: secondo la psicologia moderna, un infortunio può divenire indispensabile,provocando momenti significativi dedicati all’introspezione necessaria per ridisegnare gli equilibri tra vita personale e professionale nello sport.

Nel corso delle fasi critiche legate al recupero affiorano nozioni centrali riguardanti la psicologia cognitiva e comportamentale. Essenziale diviene imparare ad accettarsi senza cadere nel tranello dell’autoingiuria dovuta all’incapacità temporanea nel distaccarsi dal dolore evocativo associato all’infortunio stesso: tale fase costituisce realmente il primo passo verso l’accettazione autentica della propria situazione attuale. Il potere del tempo induce naturalmente a diminuire l’intensità dei ricordi dolorosi; ciò implica quindi sviluppare nei confronti di sé stessi una pazienza fondamentale.

Abbracciare questa naturale inclinazione umana – diretta conseguenza delle nostre strategie evolutive legate alla sopravvivenza – permette così d’allontanarsi da pensieri distruttivi riuscendo finalmente ad evitare strade prive di senso fatte solo d’ansia. Ciò favorisce inoltre uno sgombro mentale da quel vortice oppressivo capace soltanto “di svuotare” quelle preziose risorse energetiche tanto vitali sia dal punto di vista fisico sia su quello psichico. Nel contesto della riabilitazione sportiva avanzata emerge con chiarezza il contributo significativo della psicologia cognitiva e comportamentale: viene raccomandato l’inserimento nel piano terapeutico di piccole sfide quotidiane, mirate a stimolare lentamente specifiche sensazioni corporee.

Acquisire consapevolezza delle reazioni fisiche proprie—soprattutto nella zona affetta dall’infortunio—facilita una conoscenza approfondita dell’area lesionata. Anche gli infortuni meno gravi alterano i delicati equilibri fisiologici; pertanto è cruciale interpretare ed accettare tali cambiamenti per ottimizzare le recenti capacità risultanti da queste modifiche corporee. Tale processo assume valenze sia fisiche che psichiche; rappresenta quindi uno strumento fondamentale per l’esercizio della resilienza e dell’adattamento.

Pertanto si comprende che la riabilitazione non equivale esclusivamente alla mera riparazione dei tessuti lesi; piuttosto costituisce un cammino verso la ricostruzione identitaria. Si tratta infatti di una chance preziosa affinché l’atleta possa riconnettersi col suo potenziale rinnovato integrando esperienze pregresse mentre coltiva una maggiore consapevolezza tanto corporea quanto mentale. È altresì uno sprone ad andare oltre il segno lasciato dall’infortunio: convertirsi nella vulnerabilità in fonte di forza indomita attingendo all’inafferrabile facoltà umana d’adattamento, andante verso l’apprendimento continuo destinato a rinforzarsi ulteriormente nel futuro.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, una condizione psicologica che si sviluppa dopo aver vissuto o assistito a un evento traumatico.
  • Ristrutturazione Cognitiva: Tecnica terapeutica per modificare pensieri disfunzionali e promuovere una visione più realistica e positiva.
  • Resilienza: Capacità di affrontare e superare situazioni di stress o trauma.

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