Laghi mortali: La cecità attenzionale che può costarti la vita

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  • Nel 2023, si sono registrati 79 annegamenti in Italia, molti nei laghi.
  • Circa il 10% degli annegamenti in acque interne riguarda non nuotatori.
  • La cecità attenzionale fa ignorare pericoli, come dimostrato dallo studio su 396 persone.

Un tragico evento recentemente occorso sul lago ha visto due giovani donne scivolare giù per sessanta metri lungo un impervio sentiero nei pressi di Tarvisio; il drammatico bilancio conta una vittima settantottenne e un’altra fortemente ferita. Questo episodio si colloca all’interno dello scenario più vasto delle insidie nascoste nelle ambientazioni naturali. Analoghe situazioni letali hanno colpito anche le acque del lago di Como: qui ha trovato tragica fine Julina de Lannoy, giovane turista olandese appena trentaduenne coinvolta in un terribile incidente tra imbarcazioni; similmente ha riportato gravi lesioni al ginocchio una turista britannica durante una caduta su una barca noleggiata nella pittoresca località Bellagio. Seppur differenti nei dettagli singolari dei fatti accaduti – ogni caso infatti presenta caratteristiche proprie – c’è tuttavia qualcosa che li accomuna: è l’affrontare (o meglio il non affrontare) i rischi legati ad ambienti ricchi d’attrattiva ma altrettanto insidiosi come laghi cristallini ed escursioni montane. Gli episodi mortali che vedono compagnie amicali coinvolte rivelano altresì quanto possa essere profonda la dimensione sociale del rischio; basta pensare alla vicenda triste della quindicenne Gaia De Gol, travolta da roccia durante innocenti momenti spensierati con gli amici oppure agli animi affranti dei conoscenti della defunta Julina nell’incidente accaduto presso Villa Geno; tutto questo porta alla ribalta l’importanza della consapevolezza collettiva riguardo ai potenziali pericoli subdoli presenti nel quotidiano vivere vicino alla natura. Anche la positività ai test antidroga dello skipper coinvolto nella morte di Juliana de Lannoy, o il dibattito sulla riduzione dei limiti di velocità per le imbarcazioni private sul lago di Como, amplificano la necessità di un’analisi approfondita sulle cause di questi tragici eventi.

Incidenti nei Laghi: Un Allerta Maggiore

Recenti statistiche segnalano che nel 2023 si sono registrati 79 annegamenti in Italia, di cui una significativa percentuale nei laghi. Ogni anno, i dati mostrano che circa il 10% degli annegamenti in acque interne interessa persone non nuotatori, frequentemente giovani provenienti da paesi con scarse opportunità di formazione acquatica. Questi incidenti avvengono spessissimo in condizioni dove non c’è la vigilanza adeguata, contrariamente a quanto avviene in spiagge monitorate. Le temperature fredde, la mancanza di conoscenza delle correnti e le superfici scivolose nelle acque interne sono cause frequenti di tragedia [Rai News].

Anno Numero di Annegamenti Percentuale di Non Nuotatori
2023 79 Circa 10%
2022 65 15%
2021 70 12%

Questi incidenti non sono soltanto fatti di cronaca, bensì rappresentano un terreno fertile per esplorare meccanismi psicologici fondamentali che influenzano il nostro comportamento e le nostre decisioni, in particolare la cecità attenzionale e l’euristica della disponibilità. Si tratta di fenomeni che, agendo spesso a livello inconscio, possono indurre a una sottovalutazione pericolosa dei rischi e a comportamenti poco cauti anche in situazioni potenzialmente letali. La comprensione di queste dinamiche è cruciale non solo per la prevenzione, ma anche per lo sviluppo di strategie di sensibilizzazione più efficaci, volte a promuovere una maggiore consapevolezza e sicurezza negli ambienti naturali. Gli ambienti naturali, pur essendo fonti di benessere e bellezza, possono celare insidie significative. La capacità di navigare in sicurezza in questi contesti dipende fortemente dalla nostra abilità di percepire correttamente e rispondere adeguatamente a tali pericoli.

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La cecità attenzionale: ignorare i pericoli visibili

Il concetto di cecità attenzionale, o inattentional blindness, spiega perché possiamo trovarci di fronte a pericoli evidenti senza esserne pienamente consapevoli. Questo fenomeno, descritto come una forma di vagabondaggio mentale, si verifica quando la nostra attenzione è focalizzata su un compito specifico o su determinati stimoli, portandoci a ignorare altri elementi presenti nel nostro campo visivo, anche se rilevanti o potenzialmente pericolosi.

Un esempio classico, spesso citato in psicologia, è quello della donna vestita da gorilla che attraversa un campo da basket: gli osservatori, concentrati sul conteggio dei passaggi tra i giocatori, non ne notano la presenza. Questo dimostra come la nostra percezione cosciente sia fortemente guidata dall’attenzione. Senza un’attenzione mirata, gran parte di ciò che ci circonda può sfuggire.

Studi recenti hanno esteso questa comprensione, rivelando che le persone possono essere “cieche” anche di fronte a oggetti significativi nell’hic et nunc. Ad esempio, una ricerca condotta da Ira Heyman e colleghi nel 2014 ha illustrato come i passanti in un campus universitario riuscissero a schivare i rami di un albero per evitare un urto, senza tuttavia notare le banconote da un dollaro appese a quei rami. Questo esperimento ha coinvolto l’osservazione di 396 persone (203 uomini e 193 donne) nel corso di due settimane. I risultati hanno mostrato che solo 12 persone hanno attraversato i rami senza evitarli, mentre tutti gli altri, pur schivandoli, non hanno percepito la presenza del denaro.

Questo studio supporta un modello teorico che postula l’esistenza di due principali flussi visivi per l’elaborazione delle informazioni: il canale ventrale e il canale dorsale, denominati rispettivamente canale della percezione e canale dell’azione da Goodale e Milner nel 1992. Entrambi i canali processano informazioni sulla struttura degli oggetti e sulla loro posizione spaziale, e sono influenzati dall’attenzione. Tuttavia, il canale ventrale è coinvolto nella rappresentazione delle caratteristiche stabili degli oggetti e nell’attribuzione di un significato o un’identità, mentre il canale dorsale è responsabile dell’aggiornamento “on-line” della nostra posizione e dei nostri movimenti rispetto all’ambiente. Il flusso dorsale, fenomeno tramite il quale il nostro organismo dirige le azioni (quali ad esempio l’evitamento di ostacoli), opera anche al di fuori della nostra coscienza diretta e contribuisce alla nostra esposizione a quella che si definisce cecità attenzionale.

L’importanza di questo meccanismo risalta con particolare evidenza nel contesto degli ambienti naturali. Si può ipotizzare che la triste vicenda occorsa a Tarvisio riguardo alle due amiche sia stata condizionata da tale aspetto: erano coinvolte in una conversazione oppure immerse nella contemplazione del paesaggio; contestualmente erano troppo abituate all’ambiente circostante o avevano sottovalutato i rischi associati alla loro situazione. Di conseguenza potevano essersi distratte dall’elemento essenziale costituito dalla reale condizione del sentiero e delle loro calzature. In tali frangenti decisionali ed esperienziali, il cervello tende a selezionare ciò che considera importante e trascura eventualità pericolose. Non ci si limita soltanto agli spazi terrestri: peraltro accade analogamente sulle acque del lago di Como; diversi episodi tragici marittimi—come quello costato la vita a Julina de Lannoy durante uno scontro tra natanti—o persino lesioni subite da turisti britannici sono esempi emblematici in cui si denota spesso una scarsa consapevolezza dell’ambiente circostante coinvolto nelle operazioni nautiche. La distrazione, l’eccessiva fiducia o l’abitudine possono far sì che dettagli cruciali, quali la presenza di altre imbarcazioni o la velocità, vengano ignorati. In questi contesti, la cecità attenzionale può trasformare un momento di svago in una tragedia, dimostrando che il cervello è un selettore attivo delle informazioni ambientali, non un ricevitore passivo.

L’euristica della disponibilità e la sottostima dei rischi ambientali

Parallelamente alla cecità attenzionale, l’euristica della disponibilità contribuisce a modellare la nostra percezione del rischio, spesso in modo distorto, con conseguenze significative per la sicurezza negli ambienti naturali. Questo bias cognitivo, studiato da Amos Tversky e Daniel Kahneman nel 1973, descrive una “scorciatoia mentale” che il cervello utilizza per valutare la probabilità o la frequenza di un evento basandosi sulla facilità con cui ci viene in mente. Più un’informazione è disponibile nella memoria, più la riteniamo comune, frequente o probabile, anche se tale disponibilità non riflette la realtà oggettiva.
Questo meccanismo spiega perché spesso temiamo di più eventi spettacolari e catastrofici, come attacchi terroristici o disastri aerei, rispetto a pericoli meno visibili ma statisticamente più letali, come le malattie cardiovascolari o l’inquinamento atmosferico. La vividezza emotiva, la recente esposizione ai media e il sensazionalismo giocano un ruolo cruciale nell’amplificare la disponibilità di certi ricordi. Un celebre esperimento di Tversky e Kahneman dimostrò che le persone sovrastimavano il numero di parole inglesi che iniziavano con la lettera “K” rispetto a quelle che avevano la “K” come terza lettera, semplicemente perché le prime erano più facili da recuperare dalla memoria.

Paul Slovic, figura centrale nello studio della percezione del rischio, ha approfondito come i nostri giudizi sui pericoli siano guidati più da risposte emotive (l’affect heuristic) che da dati statistici. Eventi recenti, tragici o carichi di pathos, come incidenti in ambienti naturali o sulla strada, tendono a dominare la nostra memoria, facendoci percepire tali rischi come più frequenti e pericolosi di quanto non siano. Al contrario, rischi “silenziosi” come il fumo o l’obesità vengono sottostimati. Lo studio di Lichtenstein, Slovic e Fischhoff del 1978 ha confermato questa correlazione, evidenziando come gli eventi sovrastimati fossero anche quelli con maggiore copertura mediatica.

Negli ambienti naturali, l’euristica della disponibilità può manifestarsi in diversi modi. Una certa familiarità con uno spazio, come nel caso di esperienze passate positive vissute da individui specifici, può dare origine a illusori sentimenti di sicurezza. La mancanza di gravi incidenti documentati su particolari percorsi o laghi porta all’inconscia sottovalutazione dei rischi associati; tutto ciò avviene soprattutto quando i media non segnalano alcun evento avverso significativo. Tuttavia, le condizioni circostanti – da sentieri insidiosi alla congestione del traffico marittimo – rimangono talvolta realmente temibili.

In virtù della sua natura di processore delle informazioni ricevute, il cervello umano è incline a minimizzare l’importanza delle statistiche generali in favore delle narrazioni più recenti oppure emotivamente impattanti. Ciò costituisce una problematica collettiva poiché influisce negativamente sulle decisioni politiche; viene indotto così il ricorso ad azioni affrettate dettate dagli eventi freschi nella memoria comune, mentre problemi rilevanti ma meno appariscenti – quali la salvaguardia della salute collettiva e iniziative preventive contro gli infortuni – tendono a essere marginalizzati. In tal senso è cruciale raggiungere un equilibrato connubio tra considerazioni soggettive ed evidenze empiriche solide.

Navigare tra Consapevolezza e Rischio Negli Ambienti Naturali

L’analisi degli incidenti verificatisi in contesti naturali – evidenziati dagli episodi delle amiche cadute a Tarvisio e dalla turista olandese presso il lago di Como – invita a riflettere profondamente sui confini della nostra percezione. Questa situazione svela l’intricata relazione fra mente umana e i dilemmi ambientali. Tali eventi trascendono l’idea semplice di fatalismo; si configurano piuttosto come esiti derivanti da dinamiche psicologiche: sebbene tali meccanismi possiedano una funzione adattativa intrinseca, è possibile siano causa d’errore nelle nostre valutazioni. L’inevitabile cecità attenzionale insieme all’euristica della disponibilità rivelano come il nostro sistema cerebrale segua schemi interpretativi distorti rispetto alla veridicità dei fatti.
Mentre ci immergiamo nella magnificenza visiva offerta dai laghi oppure nel fervore delle relazioni sociali più vivaci, è facile smarrire l’attenzione su aspetti essenziali: ciò include considerazioni basilari quali saldabilità del terreno, così come il potenziale insito nel correre ad elevate velocità. L’abitudine verso certi spazi fisici genera spesso illusionistiche sensazioni rassicuranti; questo ci conduce spesso a minimizzare situazioni potenzialmente pericolose alle quali normalmente presterebbe maggiore attenzione se affrontate sotto altri presupposti contestuali. È in questi momenti che si inserisce una nozione base di psicologia cognitiva: la limitata capacità della nostra attenzione. Non possiamo processare tutte le informazioni che ci arrivano dai sensi. Dobbiamo operare una selezione, e questa selezione è influenzata da fattori come le nostre aspettative, i nostri obiettivi attuali e la vividezza degli stimoli.
Inoltre, la consapevolezza delle buone pratiche può mitigare gli effetti dei bias cognitivi su determinate esperienze. Essere vigili e formati sulla sicurezza in ambito naturale è cruciale per evitare che la nostra naturale propensione all’ottimismo endemico diventi fatale. Questo implica un’attenta osservazione delle condizioni ambientali, dalla qualità del sentiero all’idoneità delle attrezzature, fino all’influenza di fattori esterni come la compagnia o lo stato psicofisico.

Raccomandazioni per la Sicurezza negli Ambienti Naturali:
  • Verificare le condizioni meteorologiche prima di avventurarsi.
  • Utilizzare equipaggiamenti adeguati e in buone condizioni.
  • Mantenere sempre una vigilanza attiva sulle proprie circostanze e su quelle degli altri.
  • Educarsi e partecipare a corsi di sicurezza in ambienti acquatici.
  • Non sottovalutare i segnali di allerta e quelli ambientali.

La consapevolezza del rischio non è solo una questione personale; è una dimensione sociale che richiede un impegno collettivo per diffondere una cultura della sicurezza. Informare e formare le persone sui pericoli invisibili e sulle corrette procedure comportamentali può ridurre statisticamente la probabilità di incidenti tragici. È fondamentale sviluppare una cultura della consapevolezza che ci aiuti a contrastare questi meccanismi inconsci. Non è solo questione di statistiche, ma di una vigilanza attiva e consapevole, che eleva il nostro benessere prevenendo traumi e tragedie.

Glossario

Glossario:
  • Cecità Attenzionale: incapacità di percepire stimoli visibili quando l’attenzione è focalizzata su un altro evento o compito.
  • Euristica della Disponibilità: un errore cognitivo che induce l’individuo a valutare in modo errato la probabilità di occorrenza degli eventi, facendo leva sulla semplicità con cui riesce a evocare esperienze simili.
  • Inquinamento Acqueo: la contaminazione delle acque lacustri e fluviali attraverso elementi tossici, capaci di danneggiare sia la salute umana sia l’equilibrio degli ecosistemi circostanti.

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