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Madri in guerra: come affrontare il lutto complesso e ritrovare la speranza

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  • Uno studio su The Lancet rivela che 1 persona su 5 in zone di conflitto soffre di disturbi mentali.
  • Il governo ucraino stima circa 43.000 morti, mentre Mosca parla di 500.000.
  • L'EMDR è valido per la rielaborazione del lutto, supportando le madri con strategie efficaci.

L’incontro recentemente avvenuto tra Papa Francesco e le madri dei soldati caduti durante i conflitti presso San Pietro ha riportato l’attenzione su uno degli aspetti più profondamente toccanti del dolore umano: il lutto genitoriale aggravato dal terribile impatto della guerra. Queste donne condividono un profondo abisso emotivo capace persino di prosciugare le lacrime; esse portano sull’anima il pesante fardello della scomparsa dei propri figli sul campo di battaglia. L’appello rivolto al Pontefice – «Non scordate il nostro dolore; aspettiamo che Leone XIV venga a Kiev» – funge da severo richiamo alla comunità globale ed esprime anche un forte desiderio di pace, apparentemente sempre più sfuggente. Questa storia rappresenta solo uno degli ultimi capitoli nella lunga narrazione delle sofferenze generate dai conflitti armati; sottolinea in modo spietato la drammaticità della guerra non soltanto per chi combatte, ma soprattutto per coloro che restano indietro, particolarmente le madri. Sebbene gli eventi nel teatro bellico ucraino-russo dominino attualmente la scena mediatica, questo tragico fenomeno trova manifestazione ovunque nel mondo ed esplora diverse culture; è emblematico ad esempio vedere come alcune madri israeliane e palestinesi – unite dalla comune esperienza del lutto – possono lavorare insieme verso obiettivi pacificatori malgrado le divisioni religiose o politiche.
A peaceful scene in a church with grieving mothers gathered together, holding candles
La perdita di un figlio in guerra introduce una complessità al lutto che lo rende spesso patologico. Si tratta di un dolore che trascende la semplice tristezza, trasformandosi in una condizione di stallo emotivo che può perdurare per anni, se non decenni.

Dati recenti: Secondo uno studio pubblicato su The Lancet, in aree colpite da conflitti una persona su cinque vive con qualche forma di disturbo mentale, da lieve depressione o ansia a psicosi.

I numeri, seppur controversi e spesso celati dalla propaganda, parlano di una tragedia di proporzioni immense: il governo ucraino stima circa 43.000 morti, mentre Mosca parla di 500.000. Dietro ogni cifra c’è una madre, una famiglia, una comunità colpita da un trauma profondo. La sensazione di perdita irreparabile si accompagna spesso a un senso di incredulità e a una difficoltà ad accettare la realtà della morte, specialmente quando questa avviene in circostanze violente e improvvise. Le evidenze emerse indicano che il decesso dei soldati è frequentemente circondato da un velo di ambiguità e da una carenza di informazioni precise, rendendo oltremodo complesso il lavoro psicologico necessario per affrontare tale realtà. Le madri, afflitte dalla perdita imminente, sono alla costante ricerca di notizie; si stringono saldamente all’illusione del ritorno. Quando infine giunge l’ufficialità della morte, l’esperienza del lutto emerge in tutta la sua intensità distruttiva.

Quando il dolore non si risolve: la spirale del lutto complesso

Nel dominio della salute mentale esiste la possibilità che il lutto – sebbene considerato una risposta intrinsecamente naturale alla perdita – possa subire delle complessità ulteriori. Questa dinamica viene analizzata dallo psichiatra e psicoterapeuta Antonello D’Elia che la descrive come un processo interrotto. In tale condizione è evidente l’assenza di consapevolezza circa il dolore provato nonché le barriere nella condivisione dello stesso. Il termine comunemente accettato per designare questo stato è lutto complicato, o alternativamente identificato come disturbo da lutto persistente e complicato, secondo i criteri stabiliti dal DSM-5. Ciò che distingue questo tipo di elaborazione dal percorso normativo del dolore risiede proprio nella sua persistenza duratura, oltre all’intensificazione dei sintomi fino ad arrivare all’invalidamento dell’individuo stesso. Se infatti durante un processo di lutto fisiologico – comunque difficile – si osserva una riorganizzazione emozionale sostanziale entro sei-dodici mesi; nel caso invece del lutto complicato si assiste a uno scenario in cui le manifestazioni acute perdurano molto più a lungo, estendendosi talvolta su vari anni.
Tra i vari segnali distintivi emergono: la presenza costante di una sconcertante tristezza accompagnata da pianti irrefrenabili; c’è anche l’incessante pensiero riguardante il defunto; possono altresì verificarsi problemi evidenti nella concentrazione, unitamente a uno spiccato distacco dai legami sociali usualmente praticati, così come dalle routine quotidiane. In alcune situazioni particolari, il soggetto avverte una sensazione di vita definitivamente compromessa; gioire nuovamente sarebbe considerato un modo per offuscare la memoria del caro scomparso. Questa devota fedeltà al dolore, che si palesa attraverso comportamenti quali pensieri persistenti e visioni notturne riguardanti il defunto oppure frequenti visite ai luoghi della sepoltura, rappresenta una modalità comune. Contrariamente a ciò che si verifica in altri individui – i quali tendono ad assumere un lutto evitato o inibito, apparendo incapaci di esternare le proprie emozioni – il silenzio emotivo nei confronti della perdita potrebbe avere ripercussioni negative sulla salute sia fisica che psicologica nel lungo periodo; questo potrebbe tradursi in malesseri psicosomatici e utilizzo nocivo di sostanze varie. Tale complicazione deriva da numerosi fattori: potenzialmente collegati ad aspetti individuali come l’incapacità di esprimere sentimenti profondi oppure relazioni problematiche col compiangente deceduto; elementi familiari quali carenza nel supporto emotivo oppure esperienze traumatiche passate; infine, vi è anche l’aspetto inerente alla condizione nella quale è avvenuta la morte (ad esempio, prematura o traumatica).

La morte di un soldato in guerra, spesso improvvisa e violenta, rientra pienamente in quest’ultima categoria, rendendo il lutto delle madri particolarmente suscettibile a percorsi complessi e patologici.

Cosa ne pensi?
  • Un articolo toccante che mette in luce la sofferenza... ❤️...
  • È facile parlare di guerra, ma le vere vittime sono......
  • Invece di focalizzarci solo sul dolore, dovremmo chiederci......

Il supporto psicologico: un faro di speranza

Nell’ambito della salute mentale familiare, il ruolo del supporto psicologico è estremamente rilevante, soprattutto per le madri che hanno subito la tragica perdita dei propri figli in guerra. Le indagini più recenti mostrano chiaramente come la salute mentale delle madri possa risentire profondamente di tale esperienza dolorosa, generando non soltanto stati d’ansia e depressione, ma anche predisposizione a disturbi post-traumatici. Gli interventi terapeutici basati sull’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) si dimostrano particolarmente validi nell’assistere questi individui nella complessa rielaborazione del lutto, fornendo strategie preziose per affrontare sia i sintomi emotivi immediati che quelli duraturi nel tempo. [Tages Onlus]

Programmi di sostegno sono attivi per fornire supporto ai familiari, assistendo nella elaborazione del dolore attraverso terapie individuali e di gruppo.

La bussola della fede: spiritualità e resilienza nel lutto

Di fronte a una sofferenza così profonda e pervasiva, la spiritualità e la fede emergono come ancore di salvezza per molte madri che hanno perso i figli in guerra. La fede, intesa non necessariamente come adesione dogmatica a una religione, ma come senso di connessione con qualcosa di più grande e ricerca di significato, offre un quadro interpretativo che può lenire il dolore e restituire speranza. I recenti incontri di madri ucraine con il Papa e le testimonianze di gruppi di sostegno cristiani in Ucraina evidenziano il cruciale ruolo della Chiesa nell’offrire conforto e guida. La fede può aiutare le persone a elaborare il lutto fornendo la convinzione che il defunto continui a esistere in una dimensione spirituale, offrendo un “dopo” in cui ritrovare i propri cari. Questa prospettiva, pur non eliminando il dolore, lo rende attraversabile, meno totalizzante.
A mother standing at a grave, surrounded by flowers and candles, with a distant view of a battlefield
La fede offre un senso di appartenenza a una comunità che sostiene, preghiere e testi sacri che danno voce al dolore inesprimibile, e riti che strutturano il tempo del lutto, come funerali, messe di suffragio, o iniziative di commemorazione. Papa Francesco stesso ha condiviso il dolore per la “guerra insensata”, incoraggiando la fede come via per la pace e la riconciliazione. Anche chi non si riconosce in un credo religioso può trovare conforto nella ritualità. I riti, infatti, non sono solo religiosi, ma possono essere azioni simboliche personali: accendere una candela, scrivere lettere al defunto, visitare luoghi significativi che ricordano la persona amata, o intraprendere nuove attività in sua memoria. Questi gesti, nella loro ripetizione significativa, danno forma al dolore, lo rendono visibile e condivisibile, e permettono al cuore di trovare una tregua.

Rituali significativi:
  • Ottimizzazione del rituale del dolore.
  • Condivisione della memoria
  • Incontri tra famiglie colpite.

Oltre il dolore: il potere del supporto e della memoria collettiva

Nel drammatico contesto della guerra, il supporto sociale e comunitario assume un’importanza capitale per le madri dei soldati caduti. L’isolamento, infatti, è un fattore che può complicare gravemente l’elaborazione del lutto, mentre la condivisione del dolore e l’esperienza collettiva possono facilitare il processo di guarigione. Esistono diverse forme di supporto, dai gruppi informali di madri e mogli di soldati russi e ucraini, che cercano insieme i propri cari dispersi o prigionieri, alle associazioni più strutturate che offrono sostegno psicologico e spirituale. In Russia, ad esempio, il “Comitato delle madri dei soldati” ha una lunga storia di attivismo contro i conflitti, sebbene la repressione governativa attuale limiti la loro libertà d’azione. Tuttavia, il semplice fatto di unirsi, di dare voce al proprio dolore e di lottare per la verità può essere un potente catalizzatore per l’elaborazione del lutto.

Forma di Supporto Descrizione
Gruppi di sostegno Incontri tra madri e familiari per condividere esperienze e ricordi, facilitando l’elaborazione del lutto attraverso il supporto sociale.
Interventi psicologici Terapie individuali o di gruppo per affrontare il dolore, come l’EMDR e altre forme di terapia cognitiva.
Riti comunitari Funerali, messe di suffragio e eventi commemorativi che uniscono le famiglie colpite in una comunità di dolore e speranza.

A diverse group of mothers from different cultures holding hands in a circle to symbolize solidarity and hope
Il supporto non si limita al confronto tra pari: il ruolo dei cappellani militari in Ucraina, ad esempio, va oltre l’assistenza spirituale, promuovendo gruppi di sostegno e pellegrinaggi per aiutare soldati e famiglie a guarire dal trauma della guerra. L’obiettivo è far sentire ai parenti che il sacrificio dei loro cari non è vano. L’esempio delle madri israeliane e palestinesi dell’associazione Parents Circle – Families Forum, che si uniscono nel dolore condiviso per la perdita dei figli in conflitto, dimostra come la solidarietà possa trascendere le barriere politiche e culturali, trasformando il lutto in un motore di pace.

Recenti ricerche indicano che il supporto psicologico è fondamentale per facilitare il processo di lutto e di recupero delle famiglie dei soldati caduti. [Gariwo]

Il lutto come processo di adattamento: la psicologia alla ricerca di senso

Il lutto, nella sua essenza, è un processo di adattamento alla perdita. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, implica una riorganizzazione degli schemi mentali e delle aspettative sul futuro, che sono stati profondamente alterati dalla scomparsa di una persona significativa. É il tentativo della mente di dare senso a ciò che sembra insensato, di trovare un nuovo equilibrio in un mondo che è stato stravolto. Quando però il lutto si complica, come nel caso delle madri che perdono i figli in guerra, questa riorganizzazione è ostacolata. A un livello più avanzato di analisi, la psicologia comportamentale evidenzia come il lutto complicato possa essere concettualizzato anche come un fallimento nell’estinguere comportamenti di attaccamento verso il defunto, nonostante la sua assenza fisica. Invece di adattarsi alla nuova realtà, la persona rimane “intrappolata” in pattern cognitivi e comportamentali volti al mantenimento di un legame che, nella sua forma precedente, non può più esistere. Questo può portare a un ciclo di evitamento di nuove esperienze e di ruminazioni sul passato, bloccando di fatto la capacità di avanzare. Di fronte a tale complessità, è essenziale riconoscere che il dolore non va soppresso, ma accompagnato. Consentire a queste madri di urlare il proprio dolore, di dargli un nome, di condividerlo e di trovare, seppur lentamente, un nuovo significato alla loro esistenza, non significa cancellare la perdita. Significa onorare il ricordo, permettendo alla vita di pulsare ancora, anche attraverso la ferita. È un percorso difficile, ma necessario, verso una dignità ritrovata e una speranza rinnovata.

Glossario:
  • Lutto complicato: condizione in cui il normale processo di lutto è interrotto e si sviluppano sintomi prolungati di sofferenza.
  • EMDR: Eye Movement Desensitization and Reprocessing, terapia utilizzata per trattare i traumi psicologici.
  • PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, condizione psicologica che può svilupparsi dopo aver vissuto un evento traumatizzante.

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