- Operaio di 29 anni gravemente ferito a Codogno durante installazione videosorveglianza.
- Nel 2023 registrati oltre 585.000 infortuni sul lavoro in Italia, +5% rispetto all'anno prima.
- Il bias cognitivo dell'illusione di invulnerabilità riduce la percezione del rischio.
La comunità di Codogno, situata nel Lodigiano, è stata recentemente scossa da un tragico incidente sul lavoro, che riporta all’attenzione dell’opinione pubblica l’assoluta necessità della sicurezza negli ambienti professionali. Questo evento si è verificato circa ventiquattro ore fa ed ha visto protagonisti un operaio in giovane età – solo 29 anni – che ha subito una caduta notevole da altezze comprese fra i 5 e i 6 metri; alcuni rapporti indicano anche oltre tre metri. L’incidente si è svolto durante le operazioni di installazione degli impianti di videosorveglianza sopra il tetto di un’autofficina: questo settore può sembrare sicuro agli occhi dei più, ma cela trappole potenzialmente mortali. Si ipotizza infatti che il crollo parziale della struttura abbia sorpreso l’operaio durante le sue mansioni. La gravità delle sue condizioni non lascia spazio a dubbi: le ferite riportate hanno richiesto con urgenza l’intervento dell’elisoccorso per garantire il trasferimento al più vicino ospedale, Humanitas. I traumi subiti dall’uomo sono molteplici e tengono in sospeso gli animi riguardo alla sua salute futura; attualmente la prognosi resta riservata ed emerge quindi profonda inquietudine nella comunità locale. Questa triste vicenda si colloca all’interno di un panorama ben più ampio riguardante incidenti sul lavoro che affliggono non solo Lodi ma anche le regioni circostanti; essa riesamina recenti episodi cruenti destinati a destare inquietudine collettiva.
Pochissimo tempo addietro, a Guardamiglio nel Lodigiano, un uomo settantaseienne ha vissuto una grave disavventura mentre operava nell’ambito delle ristrutturazioni della vecchia fabbrica Nilfisk—chiusa già dal 2018—ma ancora soggetta a intervento per ripristinare le coperture. Grazie al suo malaugurato incidente—che gli costò una gamba mutilata—si mette nuovamente sotto i riflettori il perdurare dei rischi presenti anche nei siti soggetti a intervento o ormai abbandonati. Pensando ai circa quattordici mesi precedenti, tornano alla memoria altri avvenimenti drammaticamente significativi quali quello della morte del giovane Pierpaolo Bodini, diciotto anni, evidente rappresentante della gioventù laburante presso cui era impiegato. Questa tragica perdita, maturata quando fu colpito da mezzi agricoli presso una fattoria a Brembio, favorisce aumentate necessità d’interventismo preventivo soprattutto per i più giovani. Neppure ci si può scordare dell’incidente occorso presso Codogno, nella via Nenni, dove, circa quattordici mesi or sono, un uomo trentatreenne venne soccorso mediante elisoccorso dopo essere rimasto coinvolto con modalità analoghe in azienda locale. Risulta quindi imprescindibile richiedere con urgenza interazioni tese alla tutela degli stessi lavoratori. Questi eventi non solo generano dolore e sofferenza per le vittime e le loro famiglie, ma innescano anche una riflessione più ampia sui meccanismi di percezione del rischio e sulla necessità di una cultura della sicurezza più radicata.
Il dramma di Codogno, con la giovane età dell’operaio coinvolto e la gravità delle sue condizioni, si configura come un campanello d’allarme, spingendo a indagare le cause profonde e le conseguenze di tali incidenti.
La percezione del rischio e i bias cognitivi in sicurezza sul lavoro
Gli incidenti sul lavoro, come quello verificatosi a Codogno, non sono semplicemente eventi sfortunati, ma manifestazioni di complesse interazioni tra fattori ambientali, organizzativi e umani. Tra questi ultimi, i bias cognitivi giocano un ruolo fondamentale, influenzando profondamente la percezione del rischio e, di conseguenza, le decisioni e i comportamenti dei lavoratori e dei manager. Un bias cognitivo può essere descritto come una distorsione sistematica nel modo in cui il nostro cervello elabora le informazioni, portandoci a deviare da un giudizio razionale.
Nel contesto della sicurezza sul lavoro, questi “trucchi” della mente possono avere conseguenze gravi, alterando la nostra valutazione dei pericoli e la nostra propensione a mettere in atto misure preventive. Un esempio significativo è il bias di recency e disponibilità. Questo bias porta a sovrastimare la probabilità di eventi che sono accaduti di recente o che sono facilmente richiamabili alla memoria. Se un incidente grave non si verifica da tempo in un determinato ambiente, o se le informazioni su incidenti simili non sono prontamente accessibili, la percezione del rischio tende a diminuire. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, eventi simili al tragico episodio verificatosi a Codogno possono generare un incremento temporaneo nella percezione del rischio, soprattutto riguardo ai lavori ad alta quota e alla manutenzione dei tetti. Tuttavia, senza interventi preventivi e formazione costante, tale effetto tende rapidamente ad attenuarsi nel tempo. Gli operatori potrebbero ridurre significativamente l’attenzione verso i rischi associati alle mansioni quotidiane oppure alle situazioni che fino ad oggi si sono rivelate sicure; questa situazione li espone all’illusione d’invulnerabilità, erroneamente credendosi al riparo da eventualità negative.
Inoltre emerge un bias significativo: l’Effetto Dunning-Kruger. Tale meccanismo psicologico induce gli individui privi delle necessarie competenze tecniche nel loro settore specifico a gonfiare la stima delle loro capacità reali; viceversa, coloro che vantano elevate qualifiche tendono spesso ad avere modeste valutazioni delle proprie abilità. Questo dualismo è particolarmente allarmante nel contesto della sorveglianza sulla sicurezza sul lavoro: comporta infatti il rischio letale che gli inesperti mostrino arroganti convinzioni sulla loro presunta infallibilità oppure spinga gli esperti verso comportamenti estremamente cautelativi dettati dalla paura d’aver trascurato potenziali insidie.
Il caso dell’operaio ventinovenne precipitato durante il lavoro proprio nella zona di Codogno può riflettere questa distorsione percettiva nei riguardi della propria safety perception; egli avrebbe potuto infatti trovarsi colpito da una sottovalutazione inconscia della fragilità della struttura su cui operava o mostrare fiducia eccessiva nelle sue personali capacità professionali. Questo bias può essere particolarmente pericoloso per i lavoratori che, pur non avendo esperienza pregressa in determinate mansioni o in ambienti specifici come un tetto datato, si sentono comunque in grado di gestire la situazione senza adeguati dispositivi di protezione individuale o senza una valutazione preventiva del rischio.
I bias cognitivi influenzano anche i processi decisionali collettivi e le indagini sugli infortuni. Durante l’analisi di un incidente, i team investigativi possono essere influenzati dal bias di conferma, cercando evidenze che supportino le loro ipotesi iniziali, o dal bias del senno di poi, ritenendo che l’incidente fosse prevedibile una volta che si è verificato. Per mitigare tali distorsioni, è fondamentale adottare tecniche di “debiasing”, come la revisione incrociata delle decisioni, l’analisi strutturata dei rischi e l’implementazione di protocolli di indagine che minimizzino l’influenza soggettiva.
La comprensione di questi meccanismi mentali non è solo una curiosità psicologica, ma uno strumento essenziale per costruire ambienti di lavoro più sicuri e per prevenire tragedie future. L’obiettivo non è eliminare i bias, cosa impossibile, ma imparare a riconoscerli e a mitigarne gli effetti negativi, promuovendo una cultura della sicurezza che sia consapevole delle nostre imperfezioni cognitive.
- Un vero peccato, spero che l'operaio si riprenda presto... 🙏...
- È inaccettabile che nel 2024 accadano ancora queste tragedie... 😡...
- L'articolo solleva un punto cruciale: siamo davvero consapevoli dei nostri limiti cognitivi... 🤔...
Statistiche Recenti: Un Quadro Allarmante
Secondo il Report Annuale Statistiche Infortuni sul lavoro, nel 2023 sono stati registrati oltre 585.000 infortuni sul lavoro in Italia, con un incremento preoccupante del 5% rispetto all’anno precedente. Questo report evidenzia come la sicurezza sul lavoro necessiti di un’attenzione costante e di misure preventive efficaci per evitare tragedie al lavoro. Le statistiche mostrano anche che la maggior parte degli infortuni avviene in settori ad alto rischio come l’edilizia e l’agricoltura.
Strategie di prevenzione: superare gli ostacoli cognitivi per una sicurezza efficace
La prevenzione degli incidenti sul lavoro non può prescindere da una profonda comprensione dei meccanismi psicologici che sottostanno alle decisioni e ai comportamenti umani. Gli eventi tragici, come quello che ha coinvolto l’operaio di 29 anni a Codogno, ci ricordano che le sole normative e i dispositivi di protezione individuale, pur essendo fondamentali, non sono sufficienti se non accompagnati da una robusta cultura della sicurezza che tenga conto dei bias cognitivi. Il modo in cui percepiamo il rischio è spesso soggettivo e non sempre allineato con i dati statistici oggettivi. Questa divergenza può portare a comportamenti azzardati o a una sottovalutazione di pericoli reali, rendendo inefficaci anche le migliori politiche di sicurezza. Le strategie di prevenzione devono quindi mirare a riconoscere e mitigare l’influenza dei bias cognitivi. Una metodologia promettente è l’approccio delle “safeheuristics”. Queste sono euristiche sicure, ovvero scorciatoie mentali sviluppate per guidare i lavoratori a riconoscere e utilizzare i bias cognitivi in modo positivo. Invece di affrontare frontalmente i pregiudizi, le safe heuristics offrono un modo per orientare tali inclinazioni verso scelte più avvedute e protettive. Prendiamo ad esempio il caso di un lavoratore che potrebbe minimizzare determinati rischi semplicemente perché non ha mai subito personalmente le relative conseguenze (un chiaro esempio del bias di ottimismo); una strategia basata su una safe heuristic, in questo contesto, potrebbe spingerlo a immaginare scenari negativi severi, aumentando così la sua cautela. La finalità consiste nel creare un’atmosfera in cui i dipendenti risultino non soltanto senzienti riguardo ai pericoli, ma altresì dotati degli strumenti mentali necessari per affrontarli con successo.
Misure di prevenzione e protezione
In ambito di sicurezza sul lavoro, le misure di prevenzione e protezione sono strategie e azioni volte a ridurre o eliminare i rischi per la sicurezza e la salute dei dipendenti sul posto di lavoro. Le azioni preventive cercano di impedire l’emergere dei pericoli, mentre quelle protettive puntano a mitigare i rischi già presenti. Queste misure possono essere suddivise come segue:
- Misure tecniche: implementazione di tecnologie, dispositivi e infrastrutture che riducono o eliminano i rischi.
- Misure organizzative: pianificazione del lavoro, rotazione dei turni e implementazione di procedure di emergenza.
- Misure comportamentali: formazione, informazione e promozione di una cultura della sicurezza.
Le misure di protezione, invece, sono volte a ridurre l’impatto dei rischi residui che non è stato possibile eliminare del tutto. Queste possono includere dispositivi di protezione collettiva e individuale, come sistemi di ventilazione, barriere e dispositivi di protezione individuale (DPI).
Una riflessione sulla sofisticatezza dell’intelletto umano e
Nel dibattito contemporaneo sulla sicurezza sul lavoro, emerge prepotentemente la necessità di un approccio che vada oltre la mera conformità normativa e l’applicazione di procedure standard. Gli incidenti, come quelli occorsi a Codogno e in altre località del Lodigiano, ci impongono di riflettere più profondamente sulla complessa interazione tra la psiche umana e l’ambiente lavorativo. La psicologia cognitiva e comportamentale ci offrono strumenti preziosi per decifrare le dinamiche che conducono agli infortuni, evidenziando come la percezione del rischio non sia un dato oggettivo, ma un costrutto influenzato da innumerevoli fattori soggettivi e collettivi.
Una nozione fondamentale di psicologia cognitiva, applicabile direttamente al contesto della sicurezza sul lavoro, è l’“ottimismo irrealistico” o “bias di ottimismo”. Questa distorsione cognitiva porta gli individui a credere di essere meno propensi rispetto agli altri a sperimentare eventi negativi, e più propensi a beneficiare di eventi positivi. Nel contesto lavorativo, un operaio potrebbe percepire di essere al sicuro su un tetto, magari perché “lo ha sempre fatto” o perché “gli altri si fanno male, ma a me non succederà”, ignorando o minimizzando i pericoli oggettivi.
Per affrontare il tema della resilienza, è cruciale che le organizzazioni siano in grado di anticipare i cambiamenti, affrontare crisi e garantire la continuità delle operazioni essenziali. Secondo l’approccio della resilience engineering, la resilienza è la capacità di un’organizzazione di rispondere agli eventi, monitorando ciò che accade e prevedendo rischi e opportunità.
La sicurezza non è un punto di arrivo, ma un percorso dinamico e in continua evoluzione. Richiede un impegno costante, non solo nell’aggiornamento tecnologico e procedurale, ma soprattutto nella comprensione e nel rispetto della complessità umana. Promuovere la sicurezza significa anche investire nella salute mentale dei lavoratori, riconoscere lo stress e la fatica come fattori di rischio, e creare un ambiente dove il benessere psicologico sia parte integrante della cultura aziendale.
- Report annuale 2023 sulle statistiche degli infortuni sul lavoro.
- Articoli e studi sui bias cognitivi nella sicurezza sul lavoro.
- Bias Cognitivi: distorsioni sistematiche nel giudizio che influenzano le decisioni e le valutazioni dei rischi.
- Resilienza: capacità di anticipare, gestire e apprendere da eventi perturbatori.