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Aggressioni sanitarie: come proteggere medici e infermieri nel 2025?

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  • Nel 2024 le aggressioni sono aumentate del 33% rispetto all'anno precedente.
  • Nei primi 3 mesi del 2025, impennata del 37%, oltre 6.400 aggressioni.
  • Il 73% delle vittime sono donne, soprattutto infermiere e fisioterapiste.
  • Il 72% delle vittime non denuncia per paura di ritorsioni.
  • Nel 47% dei casi, l'aggressore è un utente, secondo la Croce Rossa.

Un inquietante aumento delle violenze nei confronti del personale sanitario italiano emerge con chiarezza nei dati recenti: nell’anno 2024 si osserva infatti una crescita pari al 33% sugli episodi precedentemente registrati. Tale escalation non rappresenta affatto una singolarità occasionale; al contrario essa diviene parte integrante di una realtà caratterizzata da una progressiva erosione della sicurezza e dignità dei professionisti operanti nel settore. All’inizio dell’anno successivo a quello appena citato – ossia i primi tre mesi del 2025 – si manifesta addirittura una nuova impennata degli attacchi ai danni degli operatori: i dati parlano chiaramente di un’impennata inquietante pari al 37% rispetto allo stesso intervallo temporale dell’anno precedente, arrivando a contare oltre 6.400 aggressioni in sole dodici settimane. Diversificate lungo tutto lo stivale italiano (il termine “diffuso” sarebbe riduttivo), queste manifestazioni riguardano specificatamente alcune zone ritenute più esposte. Sconcertantemente, nelle regioni settentrionali dell’Italia figurano circa 63 %, mentre per quanto concerne quelle meridionali la percentuale risulta ferma intorno al -26 %: le aree centrali contribuiscono per l’11%. Mancherebbero alcuni nomi e impedimenti, comparendo invece perfettamente significativi. Attraverso una lente interregionale osserviamo peggioramenti piuttosto gravi dal punto di vista statistico nelle località della Lombardia così come nella Campania, Puglia, Lazio, Sicilia; in aggiunta ai medesimi, questo include solitamente interesse specifico per settori come Veneto, Piemonte, Liguria ed Emilia Romagna. Sono stati inoltre segnalati circa 18mila i complessivi quelli oggettivi erano solo considerati, chimilanoncassi positivi. I rilevamenti vogliono inizialmente sullo più approfondite e conoscenze al possibile, sanando chiaramente fino a 28.384 centri. Compito quest’opera generosa pertendenze quanto diversificazione istorsicare. La Croce Rossa Italiana, in un rapporto specifico, ha confermato che nel 47% degli episodi di violenza l’aggressore è un utente.

Statistiche sul fenomeno delle aggressioni (2024):
– Totale aggressioni: 25.940
– Aggressioni in Lombardia: +25%
– Aggressioni in Campania: +22%
– Aggressioni in Puglia: +20%
– 73% delle vittime sono donne, specialmente infermieri e fisioterapisti.

Le vittime di tali atti sono prevalentemente donne, costituiscono circa il 73% dei casi, con infermieri e fisioterapisti tra le categorie professionali più vulnerabili. Le aggressioni non si limitano alle grandi città, ma si estendono alle aree periferiche, dove la carenza di risorse e personale acuisce le tensioni. Molti di questi episodi, tuttavia, non vengono denunciati: si stima che il 72% delle vittime preferisca non sporgere denuncia, spesso per paura di ritorsioni o per una rassegnata sfiducia nel sistema. Questo dato suggerisce una sottostima significativa del problema, con 25. 940 aggressioni totali nel 2024 (un dato che include solo i casi ufficialmente denunciati, escludendo il sommerso) tra sanità pubblica e privata.

Nel solo settore pubblico, si è passati da 18mila aggressioni denunciate nel 2023 a un incremento di 5.940 casi nel 2024, segnando un aumento del 33%. A livello internazionale, la tendenza è altrettanto preoccupante, con un incremento del 32% in Europa e del 39% a livello mondiale nel 2024. Paesi come gli Stati Uniti (+40%) e il Regno Unito (+35%) sono tra i più colpiti, e persino in Egitto e Giordania si assiste a un aumento delle violenze, con il governo egiziano che propone leggi più severe e i medici giordani che protestano per una maggiore protezione. La situazione è particolarmente critica in Medio Oriente e Africa, dove nel 2024 si è registrato il numero più alto di violenze fisiche e arresti.

Le radici del malcontento: fattori psicologici e organizzativi alla base delle aggressioni

Le aggressioni rivolte verso il personale sanitario rappresentano un problema complesso a molteplici facce; esse scaturiscono da un intreccio sofisticato tra questioni organizzative interne ed elementi psicologici relativi ai pazienti e agli operatori stessi. Tra i fattori strutturali più significativi emergono la saturazione critica dei pronto soccorso, la crescita intollerabile delle liste d’attesa, nonché una persistente insufficienza nella disponibilità del personale medico e infermieristico. Inoltre, è presente una rete sanitaria territoriale indebolita che non riesce ad alleggerire adeguatamente il peso su ospedali già sovraccarichi; questa situazione genera inevitabilmente difficoltà crescenti nell’accesso alle prestazioni sanitarie per i cittadini.
Il malcontento accumulato tra i pazienti e le loro famiglie, esasperate dalle attese prolungate e dalla sensazione di ricevere assistenza poco efficace, sfocia spesso in comportamenti violenti nei confronti degli operatori sanitari. Tali professionisti sono costretti a gestire quotidianamente contesti rischiosi con elevati livelli d’insicurezza; ciò provoca impatti deleteri sulla loro salute mentale: dal senso di esaurimento emotivo legato al <> all’eventuale abbandono della carriera stessa. La violenza, nell’ambito della psicologia, emerge spesso come risultato complesso frutto sia delle dinamiche cognitive sia dei comportamenti acquisiti. Un elemento ricorrente nel generare tale comportamento è identificabile nell’aspettativa frustrata: situazioni prolungate di attesa oppure una percezione negativa riguardo all’assenza dell’attenzione o del trattamento auspicati possono facilmente provocare una risposta psico-fisiologica avente esiti in atteggiamenti aggressivi.
In diverse circostanze, il benessere mentale dell’individuo coinvolto gioca un ruolo cruciale; infatti, stati d’ansia intensa nonché risposte allo stress acute, insieme con alterazioni dello stato coscienziale originate dall’assunzione di alcool e droghe, potrebbero alimentare manifestazioni aggressive.

Ricerche condotte hanno messo in luce come i fenomeni violenti più frequentemente riportati includano molestie (42%), minacce (35%) ed aggressioni verbali (10%). L’effetto su coloro che operano nel settore risulta essere estremamente severo: tali attacchi hanno il potenziale per causare sintomi legati ai disturbi post-traumatici da stress assieme ad episodi depressivi ansiogeni, contribuendo a creare uno stato d’insicurezza generale capace di impattare negativamente sulle loro prestazioni lavorative. Questi episodi sono anche una delle principali cause di abbandono del posto di lavoro da parte del personale sanitario, andando ad aggravare ulteriormente la carenza di professionisti e creando ciò che hanno definito “deserti sanitari”.

La “fuga dei cervelli” dal medico, anche a causa di leggi che in alcuni paesi limitano la possibilità per i medici di lavorare all’estero, contribuisce a una situazione di emergenza.

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  • 🚑 Finalmente qualcuno affronta questo problema! Ma le soluzioni......
  • 😡 Inaccettabile! Medici e infermieri vanno protetti, ma......
  • 🤔 Ma se il problema fosse la comunicazione e l'empatia...?...

Strategie di contrasto e proposte per un sistema più sicuro

In risposta a questa crisi sanitaria, risulta urgente implementare strategie rapide ed eterogenee che possano tutelare sia il benessere degli operatori sanitari sia facilitare l’accesso a cure sanitarie adeguate per tutti i pazienti coinvolti. Tra le varie iniziative suggerite che sono state parzialmente sperimentate sul campo emerge chiaramente l’esigenza di decongestionare i pronto soccorso, permettendo loro di concentrarsi sui reali critici. A tal fine è fondamentale instaurare un sistema formale riguardante i codici bianchi ed erigere ambulatori specificamente destinati a coloro che presentano condizioni non urgenti. Questi spazi clinici dovrebbero idealmente ubicarsi vicino ai pronto soccorso stessi oppure all’interno delle ASL assieme alle strutture autorizzate ad operare in questo contesto; particolare attenzione andrebbe rivolta nei periodi festivi o durante il weekend quando si registra una maggiore affluenza.

Il caso esemplificativo del Pertini a Roma ha reso evidente come una sinergia effettiva fra ospedali locali, circolo professionale composto da medici d’origine straniera e il corpo medico generale possa portare significativi benefici nella gestione dei soggetti affetti da patologie meno gravi oltre a ottimizzare le spese legate alla medicina difensiva. Un’altra proposta cruciale è l’istituzione di Punti Soccorso nei municipi e nei paesi di provincia distanti dagli ospedali. Queste strutture, come quella già attivata a Santa Severa grazie alla sinergia tra ASL Roma 4, Croce Rossa e diverse associazioni mediche, si rivelano fondamentali per intervenire prontamente in aree remote e salvare vite umane.

Solo nel 2024:
  • 25.940 aggressioni registrate
  • Aumento dell’11,7% in periodi critici
  • 62% delle aggressioni avviene nei pronto soccorso

L’estensione di questo approccio a livello nazionale, accompagnata da investimenti mirati per potenziare il personale e migliorare l’organizzazione dei servizi, è considerata essenziale.

Oltre a questi interventi strutturali, si delineano strategie preventive mirate a rafforzare la sicurezza degli ambienti di lavoro e la capacità di gestione degli operatori. La formazione del personale è un pilastro fondamentale: essa deve mirare a sviluppare una maggiore consapevolezza sui segnali predittivi di comportamenti aggressivi e fornire strumenti pratici per la gestione delle situazioni di crisi. Programmi di vigilanza e l’implementazione di accorgimenti logistico-organizzativi e tecnologici all’interno delle strutture sanitarie, come sistemi di allarme o posizionamento ottimale delle telecamere, possono contribuire a creare ambienti più sicuri.

È inoltre cruciale che le aziende sanitarie sviluppino una policy aziendale chiara e robusta contro gli atti di violenza/aggressione, incoraggiando fortemente il personale a segnalare prontamente tutti gli episodi subiti e a suggerire misure per ridurre il rischio. La sensibilizzazione e la promozione di una cultura della denuncia, anche attraverso interviste confidenziali, sono vitali per far emergere il “sommerso” e ottenere dati più accurati sul fenomeno. L’obiettivo è duplice: proteggere gli operatori e, al contempo, garantire che il sistema sanitario sia percepito come un luogo di cura e non di conflitto.

Oltre i numeri: una questione di percezione e supporto

L’incremento esponenziale delle aggressioni al personale sanitario in Italia e nel mondo non è solo un dato statistico allarmante, ma riflette una profonda crisi di fiducia e una crescente difficoltà nella gestione delle emozioni negative all’interno del contesto di cura. Dal punto di vista della psicologia cognitiva, la violenza può essere innescata da una distorsione nella percezione: il paziente, o il familiare, esasperato, può percepire il ritardo o la carenza di assistenza non come una conseguenza di inefficienze sistemiche, ma come un’offesa personale o una negligenza intenzionale da parte dell’operatore. Questa “attribuzione di colpa” errata, unita alla frustrazione per la perdita di controllo sulla propria salute o su quella di un caro, può generare una reazione aggressiva.
A un livello più avanzato, la psicologia comportamentale ci insegna come cicli di rinforzo negativo possano perpetuare il fenomeno. Se un’aggressione, anche se non produce il risultato desiderato (ad esempio, un’attenzione immediata), non è seguita da conseguenze adeguate o se l’operatore non si sente adeguatamente supportato, si può creare un ambiente in cui il comportamento aggressivo non viene sufficientemente disincentivato. Il contesto attuale potrebbe dar vita al fenomeno dell’impotenza appresa, specie tra il personale sanitario; tale condizione origina da esperienze ricorrenti legate alla violenza incontrata senza adeguate misure protettive. Si genera quindi uno stato mentale caratterizzato dalla rassegnazione e una diminuzione della predisposizione ad agire o presentare denuncia – aspetto preoccupante testimoniato dall’elevato tasso delle non denunce.

In effetti, ciò che viene perpetrato nel contesto lavorativo va ben oltre i semplici atti fisici o verbalmente offensivi; rappresenta piuttosto traumi profondamente radicati nella psiche degli operatori sanitari stessi. Questo contribuisce all’insorgere dell’ansia e della depressione insieme a una generale precarietà emotiva che compromette pesantemente la loro professionalità quotidiana.

Le considerazioni scaturite da questo scenario sono inequivocabili: ci troviamo dinanzi a lesioni profonde inerenti tanto al sistema sanitario quanto all’intero assetto sociale. Ogni atto aggressivo va oltre il mero aspetto della violenza materiale e assume le sembianze d’un’offesa diretta alla dignità degli individui dediti all’assistenza altrui; esso rappresenta infine anche una manifestazione tangibile della vulnerabilità insita nel nostro tessuto comunitario. Risulta dunque imperativo affermare con decisione come il settore sanitario costituisca ben più di un semplice servizio pubblico: esso sussiste quale patrimonio collettivo fondato su valori imprescindibili quali fiducia e rispetto reciproco. Dobbiamo chiederci, come individui e come collettività, quale ruolo stiamo giocando in questo scenario. Stiamo contribuendo a creare un ambiente di comprensione e pazienza, o stiamo alimentando la frustrazione e l’aggressività? La protezione degli operatori sanitari non è un privilegio, ma una condizione necessaria per garantire a tutti noi un’assistenza di qualità. È tempo di un impegno serio e condiviso che vada oltre le mere statistiche, perché è in gioco la salute e la sicurezza di chi ogni giorno si prende cura della nostra.

Glossario:
  • Burnout: sindrome da esaurimento professionale, caratterizzata da una profonda mancanza di motivazione nelle proprie attività lavorative.
  • Impotenza appresa: condizione psicologica in cui un individuo sente di non avere controllo sulle proprie circostanze, aumentando la percezione di vulnerabilità.
  • Codici bianchi: classificazione utilizzata nel pronto soccorso per identificare i casi medici non urgenti.

[Il Sole 24 Ore]

[ASL Roma 4]

[Club Medici]


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