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Emergenze a Lavagna: il trauma invisibile dei soccorritori richiede aiuto

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  • A Lavagna, si registrano mediamente 20 incidenti traumatici ogni 18 ore.
  • La Federazione Fadoi rivela che il 49,6% degli operatori sanitari è in burnout.
  • Il progetto USL Dolomiti offre reperibilità psicologica entro 12 ore dall'allerta.
  • Studio FNOPI: il 36% degli infermieri è stressato e il 45% pensa di lasciare.
  • Sei infermieri su dieci in Italia sono in burnout durante l'emergenza Covid-19.

Il sovraccarico di emergenze e l’impatto sui soccorritori a Lavagna

L’aumento notevole delle richieste rivolte al servizio d’emergenza-urgenza 118 nella città di Lavagna ha suscitato gravi preoccupazioni concernenti il benessere mentale del personale sanitario impegnato sul campo. Le statistiche riportano mediamente una ventina d’incidenti traumatici nell’arco di diciotto ore, prevalentemente attribuibili ad eventi quali cadute accidentali o sinistri stradali; questo elevato carico operativo si manifesta come fortemente gravoso pur considerando che gli eventi registrati non hanno comportato particolari conseguenze fisiche immediate. Malgrado ciò, l’alta frequenza degli avvenimenti critici è acuita da situazioni emergenziali anche più complicate: dai rischi cardiocircolatori (si registrano fino a tre codici rossi) alle problematiche respiratorie o gastrointestinali; passando per malattie infettive ed episodi neurologici—circa dieci—insieme agli interventi legati all’etilismo. Tale contesto provoca una pressione costante sull’ambiente operativo dei soccorritori. Il caso emblematico che coinvolge tre pedoni vittime di incidenti stradali nel giro di breve tempo – un ottantasettenne residente in Chiavari, una ventiquattrenne identificata a Cavi di Lavagna ed una sessantacinquenne ancora nel comune chiavarese – pur trattandosi di interventi condotti con alta professionalità senza risultanze letali, dimostra chiaramente il fardello incessante su cui le équipe sanitarie devono far fronte nel loro operare quotidiano. La rapidità con cui si sono succeduti questi eventi ha richiesto un impegno straordinario, con il coordinamento di diverse unità della Croce Verde e della Croce Rossa, e l’intervento tempestivo del personale medico del 118. Questi eventi, pur non culminando in tragedie, rappresentano episodi potenzialmente traumatici per chi li vive e per chi è chiamato a intervenire. La costante esposizione a scene di dolore, paura e urgenza può avere ripercussioni significative sulla salute mentale degli operatori, anche quando l’esito finale è positivo. È in questo contesto che emerge la necessità impellente di programmi di supporto psicologico strutturati e accessibili, volti a mitigare l’accumulo di stress e a prevenire l’insorgenza di disturbi più seri tra coloro che, per dovere professionale, sono costantemente esposti al lato più vulnerabile e critico dell’esistenza umana.

Statistiche di Stress e Burnout tra Operatori Sanitari

Dalla Federazione Fadoi è emerso che il 49,6% degli operatori del settore sanitario si dichiara in burnout, con percentuali ancora più elevate tra i medici e gli infermieri(52% e 45% rispettivamente).

Affrontare questa questione con la dovuta serietà è essenziale, in quanto il fenomeno del burnout si configura come una delle motivazioni di primo piano dietro agli errori in corsia.

Cosa ne pensi?
  • 🚑 Finalmente si parla del benessere dei soccorritori... ...
  • 🤔 Ma siamo sicuri che il problema sia solo lo stress...?...
  • 💔 È straziante pensare a cosa vivono... è giusto... ...

La psicologia dell’emergenza: un supporto vitale per chi soccorre

La rilevanza del supporto psicologico adeguato rivolto agli operatori dell’emergenza è ormai oggetto di crescente attenzione pubblica e professionale; le motivazioni sono indubbiamente valide. La costante esposizione a esperienze traumatiche ricorrenti comporta non solo il bisogno impellente d’interventi immediati durante eventi critici, ma implica anche l’osservazione diretta della sofferenza umana da parte dei medici, degli infermieri, degli autisti, nonché dei volontari; fattori questi che possono gravemente compromettere il benessere psichico degli stessi. È all’interno delle dinamiche emergenziali che si collocano progetti innovativi come quello inaugurato il 1° luglio dalla USL Dolomiti: qui è stato istituito un servizio giornaliero dedicato alla reperibilità di psicologia d’emergenza. Questa iniziativa è condotta da Francesca De Biasi—responsabile del dipartimento di psicologia ospedaliera—e riflette una sempre più diffusa consapevolezza riguardo alla necessità d’affrontare le crisi psichiche con pari solerzia rispetto alle urgenze fisiche.

Il gruppo formato da trentacinque specialisti in psichiatria aziendale ha ricevuto training mirati ed è pronto ad attivarsi su base continuativa: riescono infatti a fornire assistenze richieste entro dodici ore dall’allerta ricevuta—una rapidità fondamentale per garantirne l’efficacia dell’intervento stesso. In poche settimane, le richieste sono state cinque, confermando un bisogno pressante. Questi interventi riguardano situazioni di grave impatto traumatico, come la perdita improvvisa di un familiare, incidenti stradali con conseguenze drammatiche o l’assistenza a scene sconvolgenti. L’approccio non è sempre immediato; spesso il vero intervento psicologico avviene a distanza di alcuni giorni, quando la persona è più pronta ad elaborare l’accaduto. Fondamentale è anche il coinvolgimento dei soccorritori stessi, che possono richiedere colloqui individuali o debriefing di gruppo, riconoscendo che anche loro sono profondamente influenzati dalle scene a cui assistono. Questo servizio è un passo avanti per non lasciare nessuno solo di fronte al trauma, sia che si tratti di pazienti, delle loro famiglie o degli operatori stessi.

Progetto in Sardegna: La Regione Autonoma della Sardegna ha finanziato un importante progetto: lo “Sportello di ascolto e sostegno psicologico per gli operatori di emergenza-urgenza 118”. Si tratta di un servizio gratuito per medici, infermieri e operatori del settore, in particolare per i soccorritori in formazione, notoriamente più esposti al rischio di burnout.

L’importanza di programmi di supporto psicologico è accentuata da dati allarmanti: uno studio condotto dalla Federazione Nazionale degli Ordini degli Infermieri (FNOPI) ha rivelato che il 36% degli infermieri è stressato e il 45% pensa di lasciare il lavoro entro un anno. Questo sottolinea la necessità urgente di investire nella salute mentale di chi è in prima linea, riconoscendo che il trauma invisibile può essere altrettanto debilitante di una ferita fisica.

Stress, burnout e PTSD: le sfide invisibili dei soccorritori

L’attività svolta dagli operatori nell’ambito delle emergenze si configura come altamente stressante ed è connessa all’insorgenza di disturbi psicologici gravemente invalidanti quali il burnout e il Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD). Questa condizione rappresenta una realtà frequentemente trascurata ma costituisce un campo d’indagine fondamentale per scienziati e professionisti intenti ad analizzare e attenuare le ripercussioni durature derivate dall’esposizione costante a eventi traumatici. Il burnout si contraddistingue per esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale; esso emerge inevitabilmente dal sovraccarico lavorativo accoppiato all’incessante pressione psicologica. A risentirne in modo particolare sono i professionisti della salute, i membri dei vigili del fuoco nonché le forze dell’ordine: figure che operano quotidianamente in scenari dove la vita umana può essere messa seriamente in discussione.

La stessa natura degli interventi d’emergenza comporta spesso l’affrontare situazioni drammatiche caratterizzate da sofferenze fisiche o mentali notevoli; tali esperienze possono lasciare cicatrici significative nel profondo. In particolare, il PTSD si manifesta come risposta prolungata e intensa all’evento traumatico subito; tra i suoi sintomi figurano ricordi intrusivi, evitamento delle situazioni collegate all’accaduto, alterazioni negative della cognizione insieme all’umore e ipervigilanza. Questi disturbi non solo compromettono la qualità della vita degli operatori, ma possono anche influire sulla loro capacità di svolgere efficacemente il proprio lavoro, creando un circolo vizioso che incide sulla sicurezza dei pazienti e sulla loro stessa.

Statistiche recenti: Un’indagine ha mostrato che in Italia, sei infermieri su dieci sono in stato di burnout, con il 46,4% di essi che riporta livelli significativi di stress durante l’emergenza Covid-19.

L’assenza di un adeguato supporto psicologico può portare a conseguenze drammatiche. In alcuni contesti di emergenza, come quello della Guardia Costiera italiana, è stata segnalata una preoccupante tendenza a sottovalutare i traumi psicologici derivanti dai naufragi, con suicidi e un calo delle richieste di aiuto psicologico interno, spesso per paura di stigmatizzazione o di ripercussioni sulla carriera. Questo scenario evidenzia la necessità di creare un ambiente di lavoro in cui gli operatori si sentano sicuri nel chiedere aiuto, senza temere giudizi o conseguenze negative. La salute mentale degli operatori di soccorso deve essere considerata non solo un aspetto accessorio, ma un elemento vitale per la loro efficienza operativa e la qualità dei servizi forniti alle comunità.

Programmi volti al debriefing, supporti psicosociali sia individualizzati sia collettivi, così come una cultura aziendale fortemente orientata verso la valorizzazione del benessere psicologico, emergono come strumenti fondamentali nella lotta contro l’insorgere del burnout e del PTSD. È imperativo che coloro che offrono aiuto possano godere di sostegno adeguato nella propria sfera personale.

Verso un approccio integrato alla cura del trauma

L’incremento degli interventi di emergenza, come quelli registrati a Lavagna, e le conseguenti pressioni sui soccorritori, evidenziano la necessità di un approccio sempre più integrato e olistico alla cura del trauma. Non si tratta più solo di intervenire sul danno fisico immediato, quanto di riconoscere e affrontare il “trauma invisibile” che può lasciare cicatrici profonde, sia in chi lo vive direttamente sia in chi lo soccorre. La psicologia dell’emergenza si pone come un pilastro fondamentale in questo contesto, lavorando per prevenire l’insorgenza di disturbi psicologici cronici e per fornire strumenti di coping efficaci.

L’urgenza di considerare la salute mentale con la stessa serietà della salute fisica è un imperativo categorico nel panorama della medicina moderna. La capacità di intervenire tempestivamente, sia con il primo soccorso fisico che con quello psicologico, può fare la differenza nel ridurre l’impatto a lungo termine di eventi traumatici. Progetti come quelli implementati in Sardegna e nel Veneto mostrano una direzione promettente, fornendo accesso a professionisti qualificati che possono offrire supporto e consulenza.

Iniziative recenti: Progetti regionali hanno mostrato l’importanza della psicologia nelle emergenze, contribuendo a standardizzare i protocolli di intervento e a garantire la salute mentale del personale.

La sfida è rendere queste risorse sempre più capillari e culturalmente accettate, superando lo stigma ancora associato ai problemi di salute mentale, specialmente in contesti professionali dove la “forza” è un valore spesso erroneamente equiparato all’assenza di vulnerabilità.

Nel campo della psicologia cognitiva, sappiamo che il trauma altera i processi di elaborazione delle informazioni, rendendo difficile l’integrazione dell’evento traumatico nella narrazione personale. Le persone che subiscono un trauma, o che vi assistono ripetutamente come i soccorritori, possono sviluppare schemi cognitivi disfunzionali, come la tendenza a ipergeneralizzare il pericolo o a catastrofizzare gli eventi. Un intervento psicologico precoce e mirato aiuta a ristrutturare queste cognizioni, a rielaborare l’esperienza e a ritrovare un senso di controllo e sicurezza. Analizzando la questione dal prisma della psicologia comportamentale, si può notare come le repercussioni del trauma possano manifestarsi attraverso meccanismi quali l’evitamento delle circostanze o dei segnali associati all’accaduto o tramite forme di iperattivazione fisiologica. L’adozione delle metodologie comportamentali—quali ad esempio l’esposizione graduale e il training per la gestione dello stress—si rivela particolarmente proficua nel contenere tali reazioni difensive e nell’assistere gli individui nella riconquista della propria funzionalità quotidiana. Ogni forma di trauma—che derivi da incidenti fisici oppure esperienze emotive devastanti—riporta alla luce la precarietà insita nella condizione umana. È precisamente durante tali frangenti critici che si fa necessaria l’assistenza professionale; tanto quella medica quanto quella psicologica diventano veri punti luminosi nel buio.

Riflettendo sull’esperienza esistenziale nelle sue molteplici dimensioni, appare evidente la forte presenza della vulnerabilità umana. È fondamentale superare quel concetto errato secondo cui il trauma simboleggia una mera debolezza; invece, è essenziale comprenderlo come una reazione innata a eventi eccezionali. Accogliendo tale prospettiva si apre alla possibilità d’incarnare un approccio maggiormente umano ed empatico verso coloro che affrontano tali difficoltà; infine, curare gli altri implica anche prestare attenzione al benessere degli operatori stessi impegnati sul campo.

Glossario:

  • Burnout: una sindrome psicologica di esaurimento emotivo causata dallo stress lavorativo intensivo.
  • PTSD: Disturbo da Stress Post-Traumatico, un disturbo emotivo che può svilupparsi dopo aver vissuto o assistito a un evento traumatico.
  • Ospedalizzazione: procedimento di trattamento in strutture sanitarie mentre si è sotto attenta sorveglianza medica.


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