Ss 115: La strada della paura in Sicilia, un incubo senza fine?

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  • Nel 2023, in Sicilia si sono verificati 10.830 incidenti con 241 decessi.
  • La SS 115 è una delle strade più pericolose, con una media di 2 sinistri al mese.
  • Gli scontri frontali-laterali causano 39 morti e oltre 6.131 feriti.
  • Il 45,6% degli incidenti è dovuto a comportamenti di guida errati.
  • Il progetto ANIA Cares offre supporto psicologico gratuito tramite il numero 800 893 510.

Nel contesto della Sicilia, che rappresenta un importante punto d’incontro per le diverse culture del Mediterraneo, emerge una problematica rilevante concernente la sicurezza sulle strade. Le statistiche attuali fornite dall’Istat offrono uno scenario allarmante: solo nell’anno 2023, l’isola ha subito 10.830 incidenti stradali, portando purtroppo alla morte di 241 persone e infliggendo ferite a ulteriori 15.855. [Istat]. Nonostante il fatto che i valori registrati risultino leggermente inferiori a quelli medi nazionali, è fondamentale considerare che la gravità della situazione rimane altamente preoccupante. Si evidenzia infatti una crescita del 3,7% nel numero totale degli incidenti stradali e un incremento delle vittime pari al 6,6%, se paragonato all’anno 2022; questo aspetto indica chiaramente che vi è ancora molto da fare per affrontare una problematica profondamente radicata nella mentalità collettiva riguardo alla sicurezza su strada. Tra le province più vulnerabili in relazione agli eventi fatali si annoverano Catania con ben 55 decessi, seguita da Palermo che conta 51, mentre Messina registra un totale di 33. [Repubblica]

La maggior parte di questi eventi si verifica su strade urbane, che rappresentano circa il 76,6% del totale degli incidenti (8. 298 casi), causando il 48,5% delle vittime (117 morti) e il 73,1% dei feriti (11.585). Tuttavia, è lungo le arterie extraurbane che la gravità degli incidenti tende ad aumentare. Tra le strade più tristemente note per l’elevato numero di sinistri spiccano la SS 113, con 154 incidenti, 7 decessi e 241 feriti, e, con un’incidenza non meno significativa, la SS 115, la SS 114 e la SS 121. La SS 576, seppure con un numero inferiore di incidenti, si distingue per un indice di mortalità e gravità del 100%, evidenziando la letalità di ogni singolo sinistro accadutovi.

L’analisi temporale rivela un progresso insufficiente nella riduzione delle vittime. Tra il 2001 e il 2010, la Sicilia ha visto una diminuzione del 23,6% dei decessi sulle strade, un dato nettamente inferiore alla media nazionale del 42%. Nel decennio successivo, dal 2010 al 2023, le riduzioni sono state rispettivamente del 19% e del 23,2%. Questa lenta progressione ha comportato un aumento dell’indice di mortalità regionale, passato da 2,0 a 2,2 decessi ogni 100 incidenti, a differenza del dato nazionale che ha mantenuto una stabilità a 1,9. Il tipo di incidente che emerge come preponderante è quello caratterizzato dallo scontro fra due o più veicoli, registrando il 73,1% dei casi totali; tra questi spicca lo scontro frontale-laterale, che ha collezionato ben 3.984 eventi, causando la tragica perdita di 39 vite umane e provocando oltre 6.131 feriti. Nonostante ciò, va sottolineato come gli impatti contro ostacoli casuali rappresentino la forma più mortifera d’incidente: si contano infatti 6,6 decessi per ogni cento incidenti. Al secondo posto figurano invece gli scontri frontali e i sinistri che coinvolgono pedoni – entrambi statisticamente responsabili di circa 4,5 morti per centinaio d’incidenti.

La “strada della morte”: le criticità della SS 115 e le cause degli incidenti

La Strada Statale 115, nota anche come “Sud Occidentale Sicula”, si estende per 383 chilometri attraverso cinque province costiere della Sicilia: Trapani, Agrigento, Caltanissetta, Ragusa e Siracusa. Questa arteria, fondamentale per la connettività regionale, è da tempo tristemente celebre per le sue condizioni precarie e l’elevato numero di incidenti. Nonostante oltre quattromila atti parlamentari siano stati presentati dal 1980 ad oggi per la sua messa in sicurezza, la SS 115 rimane in uno stato di degrado allarmante, con tratti “disastrati”.

Le carenze strutturali sono evidenti: il manto stradale è spesso distrutto, ampi segmenti sono privi di guard-rail e protezioni, e manca un’adeguata gestione del drenaggio, che porta il fango a invadere la carreggiata durante le piogge. A ciò si aggiungono numerose curve estremamente pericolose, che contribuiscono a rendere la strada una vera e propria trappola. Negli ultimi mesi, le intense precipitazioni hanno ulteriormente aggravato la situazione, trasformando la SS 115 in un “bollettino di incidenti e morte”, con una media di due sinistri significativi al mese e la perdita di sei giovani vite per cause ancora in fase di accertamento. Gli esperti del settore concordano sul fatto che una parte consistente di questi incidenti avrebbe potuto essere evitata con una strada adeguatamente progettata, dotata di asfalto drenante e priva di curve superflue, insieme a canali di scolo efficienti per le acque piovane.

È innegabile che gran parte dei sinistri mortali e di quelli che hanno causato gravi lesioni fisiche sarebbero stati prevenuti con una corretta manutenzione e una scrupolosa messa in sicurezza da parte dell’ente preposto, l’Anas.

Oltre alle carenze infrastrutturali, i comportamenti di guida errati costituiscono un’altra causa primaria degli incidenti. Il mancato rispetto delle regole di precedenza, l’eccessiva velocità e la guida distratta rappresentano complessivamente il 45,6% delle cause documentate, escludendo quelle di natura imprecisata. Sulle strade extraurbane, l’alta velocità incide per il 18%, la guida distratta per il 17,7% e il mancato mantenimento della distanza di sicurezza per il 10%. I dati presentati rivelano un’acuta sinergia tra infrastrutture insufficienti e atteggiamenti irresponsabili, rendendo chiara l’urgenza di attuare strategie multiplo volte efficaci per elevare gli standard della sicurezza sulle strade.

L’impatto psicologico degli incidenti e il ruolo del soccorso psicologico

L’incidente stradale non si esaurisce nel momento dello scontro o nel bilancio delle vittime e dei feriti. Esiste un’ampia ricaduta psicologica che colpisce non solo le vittime dirette e i loro familiari, ma anche i testimoni e i soccorritori. Il trauma di un evento incidentale può generare una vasta gamma di reazioni emotive, tra cui ansia, depressione, disturbi del sonno e, in casi gravi, il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).

In questo contesto, il supporto psicologico emerge come una componente cruciale del processo di recupero. Progetti come ANIA Cares rappresentano un modello di riferimento, offrendo un Pronto Soccorso Psicologico dedicato alle vittime della strada e ai loro familiari.

Progetto ANIA Cares: il progetto, attivo su tutto il territorio nazionale, fornisce assistenza psicologica qualificata per le vittime di incidenti stradali e i loro familiari, aiutando a superare le conseguenze psicologiche per danni fisici permanenti o per la perdita di una persona cara. Accessibile contattando il numero verde 800 893 510.

Il personale medico e di primo soccorso, sebbene formato per gestire le emergenze fisiche, si trova spesso ad affrontare situazioni ad alto impatto emotivo. In tali circostanze, l’attivazione di un supporto psicologico non è solo per le vittime, ma anche per gli stessi soccorritori, come dimostrano i recenti interventi in montagna che hanno previsto l’assistenza psicologica per gli operatori.

Il trauma vicario, o il burnout emotivo, sono rischi professionali tangibili per coloro che sono costantemente esposti a scene di violenza e sofferenza.

La presenza di Psicologi per i Popoli, un’organizzazione che interviene in calamità e microemergenze, incluse gli incidenti gravi, sottolinea come il supporto psicologico debba essere una componente standardizzata del protocollo di intervento. Non basta il soccorso fisico; è indispensabile un team di supporto per aiutare gli individui a elaborare e superare il trauma. Il metodo olistico nella conduzione delle situazioni d’emergenza sottolinea l’intrinseco legame tra salute fisica e salute mentale, favorendo un’etica di intervento che non ignora l’importanza della sfera psicologica nell’ambito della sofferenza.

L’effetto spettatore e la psicologia dell’intervento

Uno degli aspetti più complessi e, a volte, sconcertanti del comportamento umano in situazioni di emergenza è il cosiddetto “effetto spettatore”. Questo fenomeno, studiato nell’ambito della psicologia sociale, descrive la tendenza degli individui a essere meno propensi a intervenire in una situazione di difficoltà o pericolo quando altre persone sono presenti. La responsabilità, in questi casi, tende a diffondersi tra i presenti, diminuendo la probabilità che un singolo individuo si assuma il compito di agire. Tuttavia, il contesto degli incidenti stradali presenta una dinamica peculiare, dove la rapidità e la gravità degli eventi spesso impongono un’azione immediata, riducendo le opportunità per l’effetto spettatore di manifestarsi pienamente in termini di non intervento fisico. Piuttosto, l’effetto psicologico può manifestarsi in una difficoltà di coordinamento o una sensazione di impotenza di fronte alla scena.

In un incidente stradale, la distinzione tra testimone passivo e soccorritore attivo è fluida e influenzata da molteplici fattori psicologici e contestuali. La percezione del rischio personale, la consapevolezza delle proprie competenze di primo soccorso, l’urgenza percepita della situazione e la presenza o meno di altre persone che sembrano agire, giocano un ruolo cruciale nella decisione di intervenire. Le reazioni emotive spaziano dallo shock e dalla paura, che possono inibire l’azione, alla rabbia e alla compassione, che possono invece stimolare il soccorso. Processi decisionali rapidi, spesso subconsci, determinano se un individuo si avvicinerà per offrire aiuto, chiamerà i servizi di emergenza o rimarrà a distanza. L’ansia post-traumatica può colpire anche chi ha solo assistito a un evento senza essere direttamente coinvolto, suggerendo l’importanza di supporti psicologici anche per i ‘semplici’ testimoni.

La comprensione di questi meccanismi è fondamentale per sviluppare strategie efficaci di sensibilizzazione e formazione. Campagne pubbliche che incoraggiano il senso civico e la responsabilità individuale, corsi di primo soccorso accessibili, e la diffusione di informazioni chiare su come agire in caso di un incidente possono mitigare gli effetti negativi dello “spettatore” e promuovere un comportamento pro-sociale. È fondamentale comprendere e prendere in considerazione le conseguenze emotive che colpiscono i testimoni. Anche se non partecipano fisicamente agli avvenimenti drammatici, c’è il rischio che sviluppino manifestazioni come sintomi di stress post-traumatico o stati d’ansia. Di conseguenza, sarebbe opportuno che i servizi dedicati al supporto psicologico siano accessibili anche a chi si trova ad assistere a situazioni traumatiche, favorendo così un approccio culturale orientato alla CURA E ATTENZIONE ALLA SALUTE MENTALE, specialmente durante tutte le fasi delle emergenze.

Il mondo della cronaca va oltre i semplici fatti riportati; si concentra sul profondo trauma invisibile provocato dagli incidenti stradali. La lotta per ricostruire se stessi è un percorso arduo, dove ogni passo richiede una dose considerevole di resilienza.

L’eco degli incidenti stradali, spesso relegato alle brevi note di cronaca, nasconde un trauma invisibile di vasta portata. La psicologia cognitiva ci insegna come il cervello umano, di fronte a un evento traumatico inatteso e violento come un incidente, possa attivare meccanismi di difesa che, a lungo termine, si traducono in disturbi significativi. La memoria traumatica, frammentata e pervasiva, può inondare la quotidianità attraverso flashback, incubi e un senso persistente di iper-vigilanza. Questo non riguarda solo le vittime dirette, ma, come abbiamo visto, anche i testimoni e i soccorritori. Il cervello, nel tentativo di proteggersi, può entrare in uno stato di “allarme rosso” prolungato, alterando la percezione della sicurezza e la capacità di regolazione emotiva.

Nel campo della psicologia comportamentale, si osserva come l’esposizione al trauma stradale possa generare evitamento fobico (ad esempio, paura di guidare o di essere trasportati in auto), cambiamenti nei modelli di sonno e alimentazione, e ritiro sociale. L’approccio riabilitativo non si limita esclusivamente al recupero fisico; deve anche inglobare una dimensione dedicata alla salute mentale che si concentri sulla rielaborazione cognitiva degli eventi traumatici. Tale intervento richiede sovente la partecipazione di esperti del settore. Questi professionisti avvalgono strategie terapeutiche come la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e il metodo EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) per assistere il soggetto nella reinterpretazione dell’episodio traumatico in maniera più funzionale. In questo modo, si reduce la severità delle risposte emotive negative e si ripristina una sensazione di controllo personale.

Un concetto ulteriormente sofisticato nel campo della medicina legata alla sfera psicologica è rappresentato dalla neurobiologia del trauma. Recenti ricerche hanno dimostrato come i traumi possano modificare sia la struttura che le funzioni cerebrali nelle aree deputate alla gestione delle emozioni – come ad esempio l’amigdala e la corteccia prefrontale. Questa modifica porta a una persistente disregolazione emotiva, accompagnata da ansia e difficoltà nella regolazione dello stress. L’approfondimento delle fondamenta neurobiologiche non si limita a confermare le esperienze vissute dai sopravvissuti; esso dischiude orizzonti innovativi per attuazioni terapeutiche sempre più specifiche. Queste ultime includono trattamenti farmacologici da considerarsi quando strettamente necessari e integrabili con tecniche psicoterapeutiche.

In risposta alle complesse sfide sollevate dalla materia in discussione emerge una riflessione inevitabile: fino a quale punto abbiamo piena consapevolezza del costo invisibile affrontato dalle vittime così come da coloro che assistono agli incidenti stradali? Siamo realmente equipaggiati – come collettività – per fornire aiuto al di là dell’urgente necessità iniziale? I singoli eventi drammatici dovrebbero incentivarci ad osservare al di là delle sole statistiche; è fondamentale riconoscere il profondo disagio psichico frequentemente insito negli accadimenti traumatici. Nella capacità di intendere ed abbracciare tale dimensione si cela la vera possibilità non solo per forgiare comunità caratterizzate da maggiore empatia, ma anche sistemi assistenziali capaci ed efficienti. In questo modo possiamo aspirare alla trasformazione della sofferenza in un vero percorso verso la crescita personale, persino dinanzi alle prove più dure della vita.

Glossario:
  • PTSD: Disturbo da stress post-traumatico, una condizione mentale che può svilupparsi in seguito a un evento traumatico.
  • SS 115: Strada Statale 115, noto come “Sud Occidentale Sicula”, un’importante arteria stradale in Sicilia.
  • ANIA Cares: Progetto di assistenza psicologica per le vittime di incidenti stradali, attivo a livello nazionale.

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