- Chiara Nasti ha rivelato di aver sofferto di depressione e attacchi di panico dopo la nascita dei suoi due figli.
- Durante il periodo post-parto, le è stato consigliato di assumere psicofarmaci per un mese.
- Uno studio di Ipsico rivela che oltre il 30% dei giovani usa i social media più volte al giorno.
La confessione di una realtà nascosta: Chiara Nasti e il buio emotivo
Il mondo digitale, spesso percepito come un regno di perfezione e successo ininterrotto, ha recentemente mostrato una delle sue più inaspettate crepe attraverso le parole di Chiara Nasti, celebre influencer da oltre due milioni di follower. La donna, nota per la sua immagine curata e la vita apparentemente idilliaca al fianco del marito Mattia Zaccagni e dei figli Thiago e Dea, ha rivelato un capitolo buio della sua esistenza, segnato da depressione e attacchi di panico. Questa inattesa confessione, avvenuta tramite un post sui social media, ha scosso l’opinione pubblica, mettendo in discussione la percezione diffusa di una vita senza ombre dietro lo schermo dello smartphone.
Nasti ha descritto un periodo di profonda sofferenza, un “buio” che l’ha portata a credere di essere impazzita. Le sue parole, accompagnate da scatti che la ritraggono in lacrime, svelano una vulnerabilità inaspettata. “Ero messa davvero male”, ha affermato, raccontando come il suo corpo manifestasse fisicamente il disagio mentale attraverso dolori inventati. Questa sintomatologia psicomatica sottolinea la stretta connessione tra mente e corpo, un aspetto spesso trascurato nella frenesia della vita moderna. La sua testimonianza evidenzia un punto cruciale: nonostante una vita che da fuori poteva apparire completa e priva di mancanze, con una famiglia splendida e un lavoro gratificante, il problema era interno, radicato in una perdita di sé.
La nascita della secondogenita, Dea, che a breve compirà un anno e il primo figlio Thiago nato nel novembre del 2022, ha rappresentato un momento particolarmente sfidante. Nasti ha descritto una sensazione di solitudine emotiva e di sfinimento, aggravata dalla privazione del sonno. In questo contesto di profonda difficoltà, le è stato consigliato di ricorrere agli psicofarmaci, una soluzione che ha accolto per un mese nel periodo post-parto, pur sentendosi intensamente sola.
Questo dettaglio apre una finestra sulla delicatezza del periodo post-parto e sulla necessità di un supporto adeguato, sia professionale che emotivo. Secondo le linee guida recenti, circa 1 donna su 5 sviluppa problemi di salute mentale nel periodo perinatale, con la depressione e l’ansia come disturbi più comuni, evidenziando l’urgenza di interventi mirati.
La sua franchezza nel parlare dell’uso di psicofarmaci contribuisce a destigmatizzare un argomento ancora troppo spesso tabù, che in realtà fa parte, della sfera di psicologia cognitiva, psicologia comportamentale, traumi, salute mentale e medicina correlata alla salute mentale. Il racconto della Nasti non è solo una cronaca personale, ma un forte richiamo sulla complessità della salute mentale, anche quando le circostanze esterne suggerirebbero il contrario.

L’influenza del mondo digitale sulla salute mentale: un’analisi approfondita
La confessione di Chiara Nasti si inserisce in un dibattito più ampio e urgente sull’impatto dei social media sulla salute mentale, un fenomeno che la ricerca scientifica ha iniziato a esplorare con crescente attenzione negli ultimi vent’anni. Secondo uno studio pubblicato da Ipsico, i ragazzi che trascorrono più tempo sui social media tendono a riportare sintomi di ansia e depressione, con oltre il 30% dei giovani che ammette di utilizzare piattaforme come Instagram e TikTok più volte al giorno. Numerosi studi e analisi hanno evidenziato una correlazione significativa tra l’uso intensivo delle piattaforme digitali e l’incremento di disturbi come ansia, depressione e bassa autostima. L’esperienza di Nasti, una figura pubblica che vive costantemente sotto i riflettori digitali, amplifica queste preoccupazioni, offrendo un caso di studio emblematico sulla pressione di dover mantenere un’immagine idealizzata di sé.
Un rapporto dell’American Psychological Association ha rivelato che l’esposizione ai social media è associata a un aumento dei casi di ansia, depressione e persino pensieri suicidi. Gli individui che dedicano più tempo a queste piattaforme sembrano essere maggiormente a rischio di sviluppare problemi di salute mentale. Questa correlazione è particolarmente preoccupante per gli adolescenti, per i quali diverse ricerche hanno riscontrato un’associazione significativa tra un uso massiccio dei social network e l’insorgenza di problemi psicologici, inclusi sintomi depressivi e ansiosi.
Un articolo di The Lancet ha evidenziato come l’accesso continuo ai social media ha innescato una crescente ansia tra i giovani, alimentando una cattiva autopercezione.
Il confronto costante con vite filtrate e apparentemente perfette, spesso irreali, può generare sentimenti di inadeguatezza e frustrazione.
La Nasti stessa ha indirettamente toccato questo punto, affermando: “Nonostante intorno ci fossero persone che mi ricordassero ‘hai una famiglia bellissima’, ‘non ti manca proprio niente’…”. Tuttavia, era chiaro per me che la radice del mio malessere non risiedeva nelle circostanze esterne. Questa dichiarazione evidenzia come la percezione esterna della felicità, spesso alimentata da ciò che viene mostrato sui social media, possa non corrispondere alla realtà interiore dell’individuo. La pressione a conformarsi a standard irrealistici di bellezza, successo e felicità, veicolati incessantemente attraverso post e storie, può avere un effetto logorante sulla psiche, soprattutto per coloro che, come gli influencer, sono chiamati a incarnare proprio questi ideali.
La cosiddetta “cultura del confronto”, intrinseca all’architettura dei social media, può sovrastimolare il centro di ricompensa del cervello, portando a una dipendenza dalla validazione esterna e alla ricerca costante di approvazione attraverso “like” e commenti. Questo meccanismo può contribuire a una riduzione dell’autostima e a un aumento della dipendenza emotiva dalle piattaforme. La ricerca scientifica ha sottolineato come l’esposizione precoce e prolungata ai social media possa favorire lo sviluppo di ansia e depressione, trasformando gli schermi digitali in veri e propri “specchi” che riflettono non solo la nostra immagine ma anche, dolorosamente, le nostre insicurezze.
Superare il buio: il ruolo del supporto professionale e la rinascita personale
Il percorso di Chiara Nasti, pur nella sua singolarità, offre spunti significativi sulla possibilità di superare il “buio” della depressione e degli attacchi di panico. La sua svolta è arrivata grazie al consiglio di una persona vicina, che le ha suggerito di rivolgersi a un professionista. Questo passo, intrapreso con saggezza, si è rivelato cruciale per la sua rinascita. “*Ho sentito la persona che sentivo più stabile possibile e fu così sincera da dirmi ‘hai bisogno di ritrovarti con un professionista’ presi quelle parole con saggezza e sapevo che era la cosa più giusta da fare*”, ha raccontato Nasti. Questo passaggio evidenzia l’importanza fondamentale di richiedere aiuto specialistico e la lungimiranza di accettare un percorso terapeutico, spesso visto con sospetto o imbarazzo in contesti sociali.
La terapia ha permesso a Chiara di ritrovare se stessa, di ricostruire la sua identità al di là dell’immagine pubblica e delle pressioni esterne. La sua guarigione non è stata un processo istantaneo, ma un percorso che l’ha portata a una nuova consapevolezza. “Ci sono riuscita ma non perdo mai il focus e cerco di essere a tutti i costi la versione migliore di me stessa”, ha dichiarato, sottolineando l’importanza di mantenere una prospettiva focalizzata sul presente e sulla crescita personale, senza farsi sopraffare dai pensieri sul passato o sulle ansie future. Questa mentalità orientata al benessere è un pilastro nell’approccio della psicologia cognitiva-comportamentale, incoraggiando gli individui a concentrarsi sul “qui ed ora” e a sviluppare strategie di coping efficaci.
L’influencer ha anche riflettuto sull’importanza della calma e della flessibilità nella gestione delle sfide quotidiane, in particolare nella conciliazione della vita professionale con l’essere genitore. “*Ho scoperto che con la calma si può conciliare tutto e non è mai facile quando hai dei bambini soprattutto quando non vuoi perderli di vista neanche un attimo… ma come si suol dire: volere è potere*”. Questa affermazione riflette una maggiore resilienza e una ritrovata capacità di gestire le proprie emozioni. La Nasti di oggi è una persona che ha imparato dalla propria esperienza dolorosa, trasformando il buio in una lezione di vita. “Grazie Dio per avermi mostrato il buio (per tanto), ho compreso la lezione e non ti deluderò”, ha concluso. Questa frase di gratitudine e determinazione racchiude il messaggio di speranza che il suo sfogo ha voluto trasmettere al suo vasto pubblico: è possibile emergere anche dai momenti più difficili, a patto di riconoscere il problema e di cercare il giusto supporto. La sua vicenda diventa così un simbolo di forza e rinascita, un invito a non temere di mostrare le proprie fragilità e ad accettare l’aiuto necessario per intraprendere un cammino di guarigione e autoconsapevolezza.
Riflessioni sulla salute mentale nell’era digitale
La storia di Chiara Nasti non è un’eccezione, ma un’eco amplificata di un disagio che attraversa ampie fasce della società contemporanea, specialmente quella più esposta all’onere e all’onore di una presenza digitale costante. La sua esperienza offre un’occasione preziosa per approfondire alcune nozioni fondamentali della psicologia odierna.
La psicologia comportamentale, in particolare, ci insegna che il modo in cui interagiamo con il nostro ambiente, inclusi gli schermi digitali, plasma profondamente i nostri schemi di pensiero e le nostre reazioni emotive. Nel caso dei social media, l’esposizione a un flusso ininterrotto di immagini idealizzate, unita alla costante ricerca di validazione attraverso ‘like’ e commenti, può rinforzare comportamenti disfunzionali e alterare la nostra percezione di autoefficacia. La tendenza a confrontarsi con gli altri, amplificata esponenzialmente dal digitale, può innescare cicli di invidia, ansia sociale e una diminuita autostima. La Nasti, in qualche modo, ha esemplificato questa dinamica, percependosi come “persa” nonostante le apparenze di una vita perfetta.
Passando a una nozione più avanzata, la teoria del trauma relazionale ci offre una lente attraverso cui guardare le dinamiche sottostanti a forme di disagio come quelle vissute dall’influencer. Spesso, il trauma non si manifesta come un singolo evento catastrofico, ma come un’accumulazione di micro-aggressioni o di mancanze relazionali prolungate nel tempo. Sebbene non possiamo ipotizzare traumi specifici nel caso di Nasti, possiamo riflettere su come l’esposizione costante al giudizio pubblico, la pressione di mantenere un’immagine ideale e la potenziale mancanza di un “rifugio” emotivo autentico possano, a lungo andare, minare la resilienza psicologica, lasciando l’individuo vulnerabile a stati di ansia e depressione. La sensazione di “essere sola emotivamente”, che Nasti ha espresso in riferimento al periodo post-parto, è un chiaro segnale di un bisogno relazionale profondo non soddisfatto, che può contribuire al senso di isolamento che spesso accompagna il disagio mentale.
La vicenda di Chiara Nasti ci invita a una profonda riflessione personale: quanto siamo disposti a sacrificare la nostra autenticità per l’approvazione esterna? Quanto il nostro benessere interiore è condizionato dalla costruzione di un’immagine che, pur rassicurante per gli altri, può essere tossica per noi stessi? È fondamentale ricordare che la salute mentale non è un lusso, ma un diritto, e che chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di immensa forza.
Proprio come un corpo ferito necessita di cure, così la mente, quando soffre, merita ascolto e supporto. Che la testimonianza di Chiara Nasti possa ispirare ciascuno di noi a guardarsi con onestà, a riconoscere le proprie fragilità e a trovare il coraggio di intraprendere un percorso di guarigione, sia esso attraverso la terapia o il semplice atto di confidarsi con qualcuno di fiducia.
Glossario
Glossario:
- Dipendenza da social media: uso compulsivo delle piattaforme digitali al punto da alterare il benessere psicologico dell’individuo.
- Attacchi di panico: manifestazioni drammatiche e temporanee caratterizzate da una profonda angustia o apprensione. Questi eventi si esprimono attraverso sintomi tanto fisici quanto psichici, inclusi ma non limitati a palpitazioni cardiache e una sensazione opprimente d’asfissia.
- Depressione post-partum: si presenta come una condizione depressiva dopo il momento del parto. Essa è comunemente associata a stati emotivi complessi quali malinconia profonda, ansia persistente ed esperienze d’isolamento sociale.
- Psicoterapia: si tratta di un approccio terapeutico fondato sulla comunicazione interpersonale fra terapeuta e paziente; mira alla trasformazione delle abitudini negative al fine di incentivare il benessere psichico complessivo dell’individuo.
- Salute mentale: definita come lo stato ottimale del benessere psicologico capace di preparare l’individuo ad affrontare le sfide quotidiane della vita in modo efficace ed equilibrato.