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Polizia penitenziaria: L’allarme suicidi e aggressioni richiede un intervento urgente

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  • Mancano 4.150 agenti di Polizia Penitenziaria rispetto alla pianta organica.
  • Sovraffollamento al 119%: 61.049 detenuti contro 51.778 posti disponibili.
  • Nel 2023, 1.800 aggressioni a agenti, in aumento rispetto alle 1.159 del 2022.

La realtà del carcere italiano si caratterizza per una complessità intrinseca e profonde problematiche sociali; non colpisce soltanto chi sconta la pena, ma coinvolge anche tutti coloro che operano all’interno delle strutture penitenziarie, quotidianamente affrontando sfide significative. La questione della mancanza cronica del personale risulta drammatica: sebbene la pianta organica contemplasse ben 42.150 agenti nella Polizia Penitenziaria, attualmente risultano impiegati solo circa 38mila unità, causando così uno scarto preoccupante di oltre quattro mila figure necessarie alla sorveglianza efficace degli istituti penali stessi.

Malgrado i tentativi attraverso bandi per ben diciassettecentotredici posizioni disponibili siano stati effettuati (comprensivi dei quattrocentoundici nuovi ispettori), esistono ancora circa due millenni da assegnare sul totale prefigurato dai criteri organizzativi del settore detentivo stesso! Le associazioni sindacali hanno aspramente contestato queste cifre ufficialmente pubblicate evidenziando che la reale domanda lavorativa nel campo penitenziario dovrebbe attestarsi su numerazioni nettamente superiori; parlando concretamente si calcola l’esigenza aggregata intorno ai diciottomila dipendenti extra.

In aggiunta a ciò emerge un ulteriore elemento d’allerta: la crescita progressiva della popolazione carceraria continua senza tregua, avanzando mediamente verso seicento presenze mensili nel trend generale accumulativo; attualizzandosi infatti al primo trentesimo giorno dell’anno ventiquattro nel logaritmo stesso dei codini odierni prevalgono addirittura >sessantunomila< individui contro una capienza massima permessa delle strutture pari a soli cinquantamille settecentosettantotto reparti! Queste condizioni danno origine a uno stress e affollamento insostenibile assestato sull’esorbitante %(dell’%§119). [Fonte: CNEL]. Questa situazione di sovraffollamento si traduce in condizioni di vita e lavoro estremamente difficili. Nelle celle, in un terzo dei casi visitati da associazioni specializzate nel 2023, non veniva rispettato lo spazio minimo di tre metri quadrati per detenuto. Non solo, in una percentuale considerevole di docce (45%) mancava l’acqua calda e in un istituto su otto non era presente il riscaldamento.

Overcrowded prison cell showing harsh living conditions.

La mancanza di personale si riflette anche nella carenza di figure professionali essenziali per la rieducazione e il supporto dei detenuti, come psicologi, educatori e mediatori culturali. Gli agenti si trovano così a dover supplire a queste mancanze, svolgendo mansioni non strettamente pertinenti al loro ruolo e subendo un carico di lavoro eccessivo, compromettendo in parte la qualità del loro operato e del supporto ai detenuti.

Data Detenuti presenti Capacità massima Tasso di affollamento (%)
31 Gennaio 2024 61.
049 51.178 119%

L’escalation della violenza e il rischio per gli agenti

Il contesto delle istituzioni penitenziarie, contraddistinto da una condizione di sovraffollamento, mancanza di adeguate risorse e perpetua tensione, costituisce un ambiente propenso a episodi violenti. L’aumento delle aggressioni rivolte agli agenti penitenziari suscita una crescente inquietudine. Nel corso del 2023, le statistiche hanno riportato ben 1.800 attacchi violentemente diretti a questi professionisti della sicurezza, evidenziando così un notevole aumento rispetto ai precedenti 1.159 eventi documentati nell’anno passato. [Fonte: Avvenire]. Questi episodi sono spesso perpetrati da detenuti con problemi psichici, tossicodipendenti o semplicemente esasperati dalle condizioni detentive.

Prison officers monitoring inmates in a tense environment.

L’agente di Polizia Penitenziaria si trova a operare in un contesto dove eventi critici sono potenzialmente sempre in agguato, inducendo un senso costante di allerta e insicurezza. La quotidianità è scandita dalla possibilità che “qualcosa di grave possa succedere da un momento all’altro”. A ciò si aggiunge l’età media relativamenta elevata del personale, che rende più gravoso affrontare situazioni di emergenza.

La mancanza di statistiche ufficiali accurate sul fenomeno delle aggressioni contribuisce a sottovalutare la reale portata del problema e le sue conseguenze sul personale. La distanza relazionale tra gli agenti che operano nei reparti a stretto contatto con i detenuti e i vertici dell’amministrazione penitenziaria rappresenta un’ulteriore fonte di frustrazione. I segnalazioni e i reclami da parte del personale di base frequentemente rimangono inascoltati, alimentando così una profonda sensazione di abbandono e spaesamento, che si aggiunge alle già complesse difficoltà operative e psicologiche.

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  • La situazione descritta è inaccettabile, soprattutto per......
  • Forse dovremmo considerare se il sistema carcerario attuale......

L’impatto psicologico: burnout, stress e rischio suicidiario

La permanenza in un contesto estremamente stressogeno e violento esercita effetti devastanti sulla psiche degli agenti penitenziari. Il fenomeno del burnout, che connota questa professione a rischio elevato, si manifesta attraverso segni quali l’esaurimento emotivo profondo, sentimenti di depersonalizzazione e una diminuita percezione del proprio valore personale nel lavoro svolto. Gli studi scientifici rivelano una preoccupante diffusione dello stress da lavoro correlato, suscettibile a sfociare in disturbi ansiosi o depressivi; nei casi più estremi possiamo osservare lo sviluppo del disturbo post-traumatico da stress. Questo pericolo acquista rilevanza particolare considerando l’onere quotidiano legato alla gestione della crisi negli istituti penali: interventi su tentativi suicidari o attacchi autolesionistici fra i detenuti ne sono chiara testimonianza. All’interno dell’universo delle forze dell’ordine italiane, la Polizia Penitenziaria vanta il triste primato del tasso più elevato di suicidi: dal 2011 al 2022 ben 78 agenti hanno scelto di porre fine alla propria esistenza. Le problematiche segnalate comprendono non solo carichi lavorativi insostenibili ma anche deficit nel supporto gerarchico ricevuto dagli ufficiali superiori; vi è inoltre una scarsa preparazione formativa per affrontare incidenti complessi oltre alle indecorose condizioni strutturali nei luoghi deputati all’impiego operativo.

Prison officer showing signs of stress and burnout, sitting alone.

Nonostante la gravità del problema, molti agenti tendono a minimizzare o negare l’impatto sulla propria salute mentale, temendo lo stigma associato alla richiesta di aiuto psicologico. Nel 2023, si sono registrati 21 suicidi di detenuti [Fonte: PolPenuil], aggiungendo una pressione considerevole all’ambiente di lavoro già difficile.

Rischi per la salute mentale:
  • Burnout
  • Disturbi d’ansia
  • Depressione
  • Disturbo post-traumatico da stress

Prospettive e riflessioni sul benessere del personale

Il miglioramento delle condizioni di lavoro e della salute mentale degli agenti penitenziari richiede un intervento su più fronti. In primis, è indispensabile un incremento significativo degli organici per ridurre il carico di lavoro e garantire una presenza adeguata negli istituti. Parallelamente, urge un ampliamento e un ammodernamento del patrimonio edilizio penitenziario per rispondere alla crescente domanda di posti e migliorare le condizioni igienico-sanitarie e di vivibilità delle strutture. È fondamentale inoltre investire nella formazione e nell’aggiornamento continuo del personale, con particolare attenzione alla gestione degli eventi critici, delle problematiche psichiatriche e tossicodipendenti dei detenuti, e alla comunicazione efficace con la popolazione detenuta.

Statistiche recenti

Al 31 marzo 2024, circa il 35% dei detenuti ha un fine pena al più pari a quattro anni e il 60% dei detenuti ha già subito almeno un incarceratione.
Nella realtà odierna, soltanto il 1% degli individui incarcerati riesce a ottenere impiego nelle aziende private; al contrario, ben l’85%% lavora sotto le direttive dell’Amministrazione Penitenziaria.

Sebbene si tratti senza dubbio di un progresso significativo, l’implementazione di sportelli dedicati al supporto psicologico per gli agenti ha rivelato una bassa partecipazione. Ciò mette in luce l’urgenza di instaurare un contesto nel quale cercare assistenza non venga interpretato come segno d’impotenza. È imperativo combattere lo stigma esistente e favorire una cultura che privilegi il welfare mentale nel seno del Corpo.

La ristrutturazione della sanità penale attraverso l’ampliamento delle risorse sanitarie ed eludendo nuovi centri idonei alla cura dei detenuti affetti da problemi psichiatrici rappresenta uno strumento essenziale per distribuire meglio i pesi gravanti sugli operatori penitentiari ed elevare gli standard qualitativi della vita carceraria complessiva. Infatti, “il benessere del personale di Polizia Penitenziaria è strettamente correlato a quello dei detenuti:”
Intraprendere azioni verso il miglioramento delle condizioni lavorative implica automaticamente vantaggi anche per gli ospiti delle strutture detentive: tale investimento reciprocamente vantaggioso potrebbe trasformare radicalmente le caratteristiche operative del sistema penale rendendolo più umano ed efficiente.
Trascurare i diritti insieme alle condizioni dei soggetti ristretti nelle carceri costituisce un fallimento collettivo per l’intera comunità.
All’interno del quadro qui descritto emerge un aspetto cardine della psicologia cognitiva e comportamentale: il concetto di stress lavoro-correlato. Non si tratta esclusivamente di affaticamento o spossatezza; piuttosto esso designa uno stato psicofisico negativo determinatosi quando gli oneri lavorativi oltrepassano le capacità adattive dell’individuo stesso. Nel caso degli agenti penitenziari, la ripetuta esposizione a stimoli avversivi, quali attacchi fisici e verbali assieme alla prossimità al dolore altrui e alle situazioni ambientali deplorevoli, operano come fonti croniche di stress.

Approfondendo ulteriormente la questione emergono tematiche significative, quali il fenomeno del trauma vicario, noto anche come stress traumatico secondario. Questa condizione non colpisce solo chi subisce direttamente l’evento lesivo; piuttosto coinvolge coloro che vengono a contatto con testimonianze o effetti legati a esperienze traumatiche affrontate da terzi. Gli operatori delle strutture penitenziarie vivono quotidianamente immersi nelle narrazioni dei detenuti che hanno attraversato eventi traumatici; ciò li rende testimoni diretti di gesti autolesionisti ed episodi tragici di suicidio. Tale esposizione indiretta ha il potere di influenzare significativamente il loro stato psichico. Si manifesta attraverso manifestazioni affini ai segni clinici riconducibili al disturbo post-traumatico da stress: traumi emotivi indicativi possono includere sintomi come l’evitamento, la ipersensibilità agli stimoli esterni, unitamente a intrusioni mentali non richieste — pur senza aver direttamente sperimentato un evento avverso.

Ponendo attenzione su queste problematiche emerge una riflessione imperativa: a quale punto siamo realmente coscienti della dimensione umana correlata al garantire ordine e sicurezza all’interno di tali ambienti tanto complessi? Il dibattito pubblico tende frequentemente a orientarsi verso i diritti dei detenuti o verso questioni generali relative alla sicurezza collettiva; tuttavia spesso ignora gli operatori stessi che affrontano giorno per giorno realtà particolarmente difficili all’interno dell’istituzione carceraria. Comprendere appieno i meccanismi psicologici coinvolti—come lo stato d’ansia professionale oppure gli effetti deleteri del trauma vicario—potrebbe incentivare una revisione delle pratiche lavorative degli agenti penitenziari oltre all’interrogativo sull’essenza stessa organizzativa dell’intero sistema detentivo.

Glossario:
  • Burnout: sindrome di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.
  • Trauma vicario: stress traumatico secondario che si verifica in coloro che assistono o sono esposti alle conseguenze degli eventi traumatici.
  • Stato di affollamento: condizione in cui il numero di detenuti supera la capienza ufficiale delle strutture carcerarie.

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